Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23027 del 11/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 11/11/2016, (ud. 05/10/2016, dep. 11/11/2016), n.23027

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3486/2012 proposto da:

C.L., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato LAMBERTO PALAZZARI, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI VITERBO DIREZIONE PROVINCIALE, in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE SEDE CENTRALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 393/2010 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 21/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2016 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALAZZARI che si riporta agli

atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che si riporta

agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO

C.L. ha impugnato un avviso di liquidazione, emesso dal competente Ufficio finanziario, per il recupero della normale imposta di registro, a seguito di revoca dalle agevolazioni previste dalla L. n. 604 del 1954, in favore della piccola proprietà contadina, in relazione al decreto di trasferimento del Tribunale di Viterbo, in data 29/6/2004, registrato in data 20/7/2004, con cui aveva acquistato la proprietà di un terreno agricolo sito in (OMISSIS), benefici conseguiti mediante autocertificazione attestante il possesso dello status di coltivatore diretto.

A sostegno dell’originario ricorso il contribuente deduceva che il ritardo nella produzione del certificato era ascrivibile alle vicende istituzionali subite dagli enti preposti al rilascio del documento, avendo l’Ispettorato Provinciale Agrario nelle more cessato l’attività, e di avere comunque diritto alle agevolazioni di legge.

Nei due gradi del giudizio di merito, le Commissioni tributarie adite dapprima accoglievano e poi negavano il diritto vantato dal contribuente.

Il giudice di appello rilevava, in particolare, l’intervenuta decadenza dai benefici atteso che il certificato attestante il possesso dello status di coltivatore diretto era stato emesso da un ente diverso da quello indicato dalla legge e, comunque, era stato prodotto in giudizio ben oltre il previsto termine triennale.

Ricorre per la cassazione della sentenza il C. con ricorso affidato ad un unico motivo, cui resiste l’Agenzia delle Entrate di Viterbo con controricorso.

Il Collegio ha disposto che, come da decreto del Primo Presidente in data 14/9/2016, la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Deduce il ricorrente violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., violazione di legge, omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, per avere la CTR del Lazio ritenuto il contribuente decaduto dalla fruizione dei benefici di cui alla L. n. 604 del 1954, in applicazione del termine triennale previsto per il recupero dell’imposta ordinaria da parte dell’Amministrazione finanziaria, senza considerare che al giudice tributario è consentito di accertare autonomamente l’esistenza o meno dello status di coltivatore diretto, a prescindere dalla certificazione prodotta in giudizio.

Giova ricordare che il termine triennale per la produzione del documento definitivo, ai fini della conferma dell’agevolazione, ha natura decadenziale, come tale non soggetto a interruzioni o sospensioni, e che a partire dal compimento di detto termine inizia a decorrere l’ulteriore termine triennale, di natura prescrizionale, entro il quale l’Amministrazione finanziaria deve procedere al recupero delle imposte ordinarie a seguito della mancata esibizione della documentazione attestante il possesso della qualifica di persona che si dedica abitualmente alla coltivazione della terra.

E’ pacifico, in punto di fatto, che il C. non ha presentato entro il termine stabilito della citata L. n. 604 del 1954, art. 4, comma 2 e successive modifiche ed integrazioni, la certificazione definitiva attestante che i requisiti richiesti per fruire dei benefici sussistevano fin dal momento della stipula dell’acquisto.

Il contribuente, infatti, avrebbe dovuto presentare all’Ufficio la certificazione entro il termine di decadenza di tre anni dalla registrazione dell’atto, effettuata il 20 luglio 2004, ovvero, avrebbe dovuto provare, per non perdere il diritto ai benefici, che il superamento del termine era dovuto a colpa degli uffici competenti, per aver indebitamente ritardato il rilascio della documentazione, pur dovendo il contribuente anche dimostrare di aver operato con adeguata diligenza allo scopo di conseguire la certificazione in tempo utile (Cass. n. 10406/2011; n. 14671/2005; n. 15953/2003).

Tale onere non è stato assolto nel caso in esame.

Risulta dalla motivazione della sentenza impugnata che il certificato è stato emesso il 4/12/2007, “ben oltre il triennio entro cui doveva essere presentato all’Ufficio impositore”, ed il ricorrente non ha dedotto di aver provveduto a richiedere il certificato prima del decorso del termine in questione, anzi, in prime cure ha sostenuto “di non essere stato edotto sulla necessità dell’adempimento”.

I giudici di merito, dunque, si sono uniformati alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui “la mancata osservanza del termine non comporta, peraltro, la perdita del beneficio per il richiedente tutte volte in cui essa dipenda dalla omissione dell’ufficio tenuto al rilascio della certificazione, considerato che, non essendo consentito un accertamento giudiziale diretto dei requisiti per le agevolazioni, l’omissione dell’ufficio stesso priva il contribuente dell’unico strumento, dal carattere assorbente, di documentazione degli stessi” (Cass. n. 26334/2014; n. 8052/2013; n. 19469/2012; n. 5029/2012; n. 2936/1998; n. 8057/1993).

Nella specie, infatti, il ricorrente risulta aver solo genericamente eccepito il ritardo colpevole da parte dell’Ufficio che doveva rilasciare il certificato, “ascrivibile al mutamento subito dagli enti preposti al rilascio della certificazione”, ma, stando a quanto è desumibile dalla sentenza impugnata, il certificato fu richiesto quando già il termine di decadenza era spirato, sicchè non sussisteva in capo al C. alcun diritto a vedersi accertata la qualità di coltivatore diretto dal giudice tributario investito della controversia, che non ha violato alcuna disposizione di legge, nè tantomeno può ritenersi omesso l’esame di un punto decisivo della controversia, vale a dire l’esistenza o meno dei presupposti di legge per la qualifica di coltivatore diretto.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, liquidate in complessi Euro 2.900,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2016

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