Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2302 del 26/01/2022

Cassazione civile sez. II, 26/01/2022, (ud. 18/11/2021, dep. 26/01/2022), n.2302

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4566-2017 proposto da:

G.O., rappresentata e difesa dall’avv. ROBERTA CASTORINA;

– ricorrente –

contro

G.R., G.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 272/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 16/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/11/2021 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.O. ebbe ad evocare avanti il Tribunale di Catania sez. dist. di Acireale C.M., G.R. e G.G. deducendo che ciascuna delle parti era titolare del diritto di proprietà esclusiva su specifici appezzamenti di un fondo, sito in (OMISSIS), a seguito di divisione d’asse ereditario intervenuta con contratto del 1948, e – tra le altre domande – che il vano cantina era rimasto in contitolarità tra lui e C.M..

Resisteva C.M. contestando la pretesa attorea e, con relazione specifica al vano cantina, sosteneva che era compreso nella quota a lei spettante; inoltre proponeva domanda riconvenzionale tesa alla rimozione dei manufatti eretti dall’attore su area comune e terreno pertinente al lotto in sua signoria esclusiva.

Il Tribunale di Catania – Acireale ebbe ad accogliere la domanda del G. circa la comproprietà della cantina ed a rigettare la pretesa svolta dalla C. in via riconvenzionale circa i manufatti da rimuovere.

G.R. e G.G., quali eredi di C.M., proposero gravame avanti la Corte d’Appello di Catania dolendosi e del rigetto della domanda riconvenzionale mossa dalla loro dante causa e dell’accoglimento della pretesa di comproprietà della cantina mossa da G.O..

La Corte etnea, resistendo G.O., ebbe a rigettare l’impugnazione mossa con riguardo alla contitolarità del vano cantina e l’occupazione di area comune, ma accolse l’originaria domanda riconvenzionale in ordine a parte di aiuola eretta dal G. sul terreno in signoria esclusiva della C. – ora suoi eredi -. Osservava la Corte etnea – per quanto ancora rileva – che l’originaria domanda riconvenzionale, mossa dalla C., non era generica in quanto venivano indicati i manufatti ritenuti illeciti e che, come accertato dal consulente tecnico, il G. con la realizzazione di aiuola aveva invaso parte del terreno in signoria esclusiva della convenuta originaria.

Avverso la sentenza resa dalla Corte etnea, G.O. ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi, illustrato anche con nota difensiva.

G. e G.R., benché ritualmente evocati, sono rimasti intimati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da G.O. s’appalesa privo di pregio giuridico e va rigettato.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia violazione del disposto ex artt. 948 e 1168 c.c. in quanto la Corte siciliana ha errato nel qualificare la domanda riconvenzionale, esposta dalla C., siccome di natura petitoria invece che possessoria.

Osserva il G. come, correttamente, il primo Giudice aveva qualificato la domanda de qua siccome possessoria in ragione della stesse parole utilizzate dalla C. nel richiedere la rimozione dei manufatti illeciti ” reintegrare la proprietaria nel possesso ” e messo così in rilievo la tardiva sua proposizione oltre che la genericità quale domanda petitoria.

La censura proposta appare priva di pregio per più e concorrenti ragioni.

In primo luogo la censura appare diretta a qualificare la domanda – poi accolta dalla Corte etnea – svolta dalla C. in via riconvenzionale – siccome di natura possessoria al solo fine di rilevarne la tardiva proposizione poiché scorso l’anno ex art. 1168 c.c.

Tuttavia nell’argomentazione svolta a sostegno della critica, parte ricorrente non anche precisa se e quando ebbe a proporre la relativa eccezione di tardività, condotta processuale della parte necessaria posto che – Cass. sez. 2 n. 2558/67, Cass. sez. 2 n. 3304/81 – la questione non può esser rilevata ex officio dal Giudice.

In secondo luogo la questione afferente l’errore di qualificazione della domanda – Cass. sez. 3 n. 11103/20 – va proposta secondo precisi profili di nullità che il ricorrente non ha svolto con l’argomentazione sviluppata a sostegno della sua critica.

Difatti G.O. si limita a contrapporre alla, motivata sul punto, statuizione assunta dalla Corte etnea, la diversa ricostruzione operata dal Giudice di prime cure, ossia l’oggetto dell’esame sottoposto al Giudice d’appello che ha motivatamente ritenuto non corretta la soluzione assunta dal primo Giudice.

In effetti l’argomento critico si limita ad indicare siccome “migliore” la soluzione data dal primo Giudice poiché fondata sul dato letterale delle conclusioni formulate dalla C., senza in effetti confrontarsi con la diversa ricostruzione operata dalla Corte di merito, che supera il dato testuale sull’osservazione che la C. pose in evidenza di agire quale proprietaria, ossia fondando la sua domanda non su situazione di fatto ma sul titolo.

Con il secondo mezzo d’impugnazione G.O. lamenta violazione del disposto ex art. 948 c.c. in quanto la Corte etnea non ritenne generica – siccome invece opinato dal Tribunale – la domanda riconvenzionale della C. quando ritenuta di natura petitoria.

Osserva al riguardo il ricorrente come la C. propose domanda petitoria senza indicare il titolo sul quale fondava il suo diritto di proprietà sul terreno di cui si dichiarava proprietaria esclusiva; inoltre la Corte accolse la sua domanda sulla scorta delle informazioni utili al riguardo presenti nell’elaborato peritale ma non rilevanti ai fini della prova rigorosa necessaria a sostegno della domanda di rivendica.

La doglianza appare priva di fondamento solo all’osservazione che era stato proprio l’impugnante ad incoare giudizio, avanti il Tribunale, indicando la C. quale proprietaria esclusiva di porzioni del fondo sito in (OMISSIS) ed originariamente facente parte dell’asse ereditario diviso con il contrato del 1948, sicché anche in prospettiva di rivendica la prova appariva attenuata secondo l’insegnamento di questo Supremo Collegio.

Il cenno alla natura dichiarativa della divisione verso i terzi non assume rilievo nella specie, posto che lo stesso impugnante, nella sua originaria citazione d’avvio della lite, precisò d’essere avente causa, siccome la C., degli originari soggetti in comunione ereditaria parti del contratto di divisione.

Trova dunque applicazione l’insegnamento al riguardo reso da questa Suprema Corte – Cass. sez. 2 n. 27034/06 – portato dal ricorrente a sostegno della sua critica, ossia che l’efficacia dichiarativa sviluppa effetti solo verso i terzi e non anche tra le parti contrattuali e loro aventi causa.

Con la terza ragione di doglianza G.O. deduce violazione del disposto ex art. 948 c.c. e ex art. 705 c.p.c. posto che la Corte etnea non ha rilevato come egli aveva proposto anche domanda di tutela possessoria di uno stradello, sicché la natura possessoria del giudizio dal lui avviato impediva la proposizione di domanda petitoria come ritenuta quella esposta dalla C..

La censura appare inammissibile posto che la questione difesa del possesso di servitù di transito non figura trattata nella sentenza impugnata, sicché era onere di specificità del ricorrente precisare anche se e come avesse sottoposto al Giudice d’appello la questione.

Inoltre è insegnamento di questa Suprema Corte – Cass. sez. 2 n. 5242/99 – che la proposizione di domanda petitoria rimane inibita in presenza di procedimento di tutela possessoria – funzione escludente – allorquando oggetto dei due giudizi è la medesima questione ossia le due cause devono avere il medesimo petitum.

Nella specie, per quanto è dato capire dalla narrativa del ricorso, la domanda di tutela del possesso dello stradello era diversa – come oggetto – rispetto alla domanda della C. di rimozione dell’aiuola. Con il quarto mezzo d’impugnazione G.O. deduce violazione della regola iuris ex art. 948 c.c. in quanto la Corte di merito ha accolto la domanda afferente il posizionamento della sua aiuola su fondo altrui sulla scorta delle conclusioni rese dal consulente tecnico in base ai dati catastali e sua ricostruzione arbitraria delle risultanze dell’atto originario di divisione del 1948 circa i confini tra i lotti realizzati.

La censura appare priva di pregio posto che si sostanzia nella critica fattuale portata verso la valutazione dei dati tecnici e conclusioni cui è giunto il tecnico nominato dal Tribunale circa il posizionamento dell’aiuola, formulando così tesi meramente alternativa alla statuizione elaborata sul punto dalla Corte etnea. Al rigetto del ricorso non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna di G.O. alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità poiché i resistenti sono rimasti intimati.

Al rigetto dell’impugnazione segue l’obbligo del ricorrente di versare l’ulteriore versamento del contributo unificato, ove dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di camera di consiglio, il 18 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2022

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