Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23016 del 11/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 11/11/2016, (ud. 16/09/2016, dep. 11/11/2016), n.23016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10446-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

NOVA RE SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 74/2009 della COMM. TRIB. REG. di ANCONA,

depositata il 03/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società SICC chiese il rimborso dell’imposta sul patrimonio netto delle imprese, istituita dal D.L. n. 394 del 1992, conv. in L. n. 461 del 1992, per gli anni 1995, 1996 e 1997, in ragione del contrasto della suddetta imposta con la normativa comunitaria.

Avverso il diniego dell’Ufficio la società propose ricorso che fu accolto dalla CTP e il gravame dell’Ufficio fu rigettato dalla CTR di Ancona, con sentenza 23 novembre 200612 marzo 2007, che rilevò l’incompatibilità della nolmativa italiana sulla tassa di concessione governativa con la direttiva n. 69/335/Cee del 17 Luglio 1969.

Avverso questa sentenza l’Ufficio ha proposto ricorso per revocazione, a norma dell’art. 395 c.p.c., n. 4 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 64, deducendo il travisamento dell’oggetto del contendere e l’errata percezione dei fatti di causa, avendo i giudici di merito giudicato sulla spettanza del rimborso della tassa di concessione governativa per l’iscrizione annuale nel registro delle imprese, anzichè dell’imposta sul patrimonio netto delle imprese.

Questo ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla CTR di Ancona, con sentenza 3 marzo 2009, secondo la quale la sentenza impugnata era incorsa, in ipotesi, in un errore di diritto che avrebbe potuto essere emendato mediante ricorso in sede di legittimità e non mediante azione revocatoria.

Avverso questa sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi; la SICC non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con i primi due motivi di ricorso, che denunciano la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 395 n. 4 e art. 64 e sono assistiti da idonei, seppur ripetitivi, quesiti di diritto, a norma dell’art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis), l’Agenzia ricorrente deduce che il giudizio aveva ad oggetto l’invocato diritto della società alla restituzione dell’imposta sul patrimonio netto delle società per asserito contrasto con il diritto comunitario e che, tuttavia, la CTR aveva riconosciuto il diritto alla restituzione di un tributo diverso, cioè della tassa di concessione governativa per l’iscrizione nel registro delle imprese; ciò giustificherebbe l’istanza di revocazione per travisamento di un fatto decisivo per il giudizio vertente sul tipo di tributo di cui era chiesto il rimborso, con la conseguenza che la sentenza qui impugnata avrebbe errato nel ritenere inammissibile il ricorso per revocazione sulla base del presupposto che quello denunciato fosse un errore di diritto, mentre si trattava di un errore di percezione sull’elemento costitutivo della fattispecie.

I motivi sono infondati. La sentenza impugnata ha esattamente rilevato che quello asseritamente commesso dai giudici di merito non è qualificabile come errore di fatto, a norma dell’art. 395 c.p.c., n. 4, ma come errore di diritto, essendo conseguenza di una erronea identificazione dell’oggetto del giudizio che avrebbe viziato la sentenza per extrapetizione (nel senso che un vizio del genere non costituisce motivo di revocazione, ma può essere fatto valere in sede di impugnazione ordinaria, v. Cass. n. 2970 del 1966).

Il terzo motivo denuncia insufficiente motivazione in ordine alle ragioni per le quali la sentenza impugnata aveva ritenuto inammissibile il ricorso per revocazione.

Il motivo è inammissibile, essendo privo del momento di sintesi necessario a norma del citato art. 366 bis c.p.c. e adeguato alla tipologia di vizio dedotto ex art. 360 c.p.c., n. 5.

In conclusione, il ricorso è rigettato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2016

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