Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23012 del 16/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/09/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 16/09/2019), n.23012

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23720-2018 proposto da:

A.F.U., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO PASTORE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI

CASSAZIONE;

– intimati –

avverso il decreto n. 5112/18 del TRIBUNALE di TORINO, depositato il

12/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO

CAMPESE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 12 luglio 2018, il Tribunale di Torino ha respinto la domanda di A.F.U., nativo della Nigeria, volta al riconoscimento della protezione internazionale o di quella umanitaria.

1.1. In estrema sintesi, quel tribunale, senza fissare l’udienza di comparizione delle parti invocata dal ricorrente, e reputando sufficiente l’acquisizione della verbalizzazione delle dichiarazioni rese dalla prima dinanzi alla Commissione Territoriale di (OMISSIS) per il Riconoscimento della Protezione Internazionale, ritenne che i motivi addotti da lui a sostegno delle sue richieste non ne consentivano l’accoglimento.

2. Avverso il descritto decreto, A.F.U. ricorre per cassazione affidandosi a quattro motivi. Il Ministero dell’Interno è rimasto solo intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, in via preliminare, si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale del combinato disposto del D.Lgs. n. 13 del 2017, art. 6, comma 1, e art. 21, comma 1, così come convertito dalla L. n. 46 del 2017, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, e art. 77 Cost., comma 4, per mancanza dei presupposti di necessità ed urgenza nell’emanazione dello stesso decreto legge, per quanto concerne il differimento dell’efficacia temporale, e, quindi, dell’entrata in vigore del nuovo rito in materia di protezione internazionale.

1.1. Con il secondo motivo, ancora in via preliminare, si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 5, art. 117 Cost., comma 1, come integrato dalla Dir. n. 32 del 2013 e dalla CEDU, artt. 6 e 13. Si ritiene che il rito camerale ex art. 737 c.p.c., così come disciplinato dal nuovo D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 9, 10 e 11, violi il principio del contraddittorio e della parità processuale delle parti.

1.2. Con il terzo motivo si denuncia “violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 9, 10 e 11, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Si ascrive al tribunale torinese di avere omesso di fissare l’udienza di comparizione delle parti obbligatoriamente prevista dalla legge, nonostante la espressa, corrispondente istanza del ricorrente.

1.3. Con il quarto motivo, si deduce “Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3, e art. 27, comma 1-bis, del D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6, e della Dir. 2013/32/Ue, art. 16, – falsa applicazione delle norme di diritto violazione dei criteri legali per la valutazione di credibilità del richiedente.

2. Le questioni di legittimità costituzionale sollevate con i primi due motivi sono manifestamente infondate, avendo la giurisprudenza di legittimità già chiarito che la disposizione transitoria che differisce di 180 giorni dall’emanazione del decreto l’entrata in vigore del nuovo rito in tema di protezione internazionale è connaturata all’esigenza di predisporre un congruo intervallo temporale per consentire alla complessa riforma processuale di entrare a regime (cfr., da ultimo, Cass. n. 32029 del 2018), e che non vi è alcun dubbio che il procedimento camerale, da sempre impiegato anche per la trattazione di controversie su diritti e status, sia idoneo a garantire l’adeguato dispiegarsi del contraddittorio con riguardo al riconoscimento della protezione internazionale, neppure potendo riconoscersi rilievo all’eventualità della soppressione dell’udienza di comparizione, sia perchè essa è circoscritta a particolari frangenti nei quali la celebrazione dell’udienza si risolverebbe in un superfluo adempimento, tenuto conto dell’attività in precedenza svolta, sia perchè il contraddittorio è comunque pienamente garantito dal deposito di difese scritte (cfr. Cass. n. 32029 del 2018; Cass. n. 17717 del 2018).

3. Il terzo motivo di ricorso è, invece, manifestamente fondato, avendo questa Corte già avuto ripetutamente modo di affermare che, nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, per violazione del principio del contraddittorio (cfr. Cass. n. 17717 del 2018; Cass. n. 24100 del 2018; Cass. n. 27780 del 2018; Cass. n. 33142 del 2018; Cass. n. 1008 del 2019; Cass. n. 3244 del 2019; Cass. n. 3248 del 2019; Cass. 4122 del 2019; Cass. n. 5345 del 2019).

3.1. Peraltro, Cass. n. 32029 del 2018 ha precisato che l’appena riportato principio è immediatamente efficace ed applicabile fin dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, come modificato dal D.L. n. 13 del 2017, non influendo su tale immediatezza operativa la vacatio legis riguardante l’obbligo di videoregistrazione delle dichiarazioni rese dal richiedente alla Commissione territoriale. Tale interpretazione è resa evidente delle intenzioni del legislatore che ha previsto l’udienza quale elemento centrale del procedimento giudiziale, necessaria ogniqualvolta non sia documentato il colloquio con il richiedente in tutti i suoi risvolti, inclusi quelli non verbali, anche in ragione della natura camerale non partecipata della fase giurisdizionale.

3.2. Il tribunale torinese, dunque, ha errato nell’omettere la fissazione dell’udienza in mancanza della videoregistrazione, malgrado la corrispondente istanza dell’odierna ricorrente.

4. Va, pertanto, accolto il suddetto motivo e, cassato il decreto impugnato, la causa va rinviata al Tribunale di Torino in diversa composizione, che provvederà a decidere sul ricorso all’esito della fissazione dell’udienza, statuendo, altresì, in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità.

5. Il quarto motivo è assorbito.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi due motivi di ricorso, ne accoglie il terzo e ne dichiara assorbito il quarto.

Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Torino, in diversa composizione, per il nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2019

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