Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2301 del 30/01/2017


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Cassazione civile, sez. II, 30/01/2017, (ud. 02/12/2016, dep.30/01/2017),  n. 2301

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso 16470-2013 proposto da:

V.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA

CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato RAFFAELE LAMPARELLI;

– ricorrente –

contro

G.V., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 557/2012 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 09/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2016 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI CARMELO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 28 dicembre 1992, premesso che V.N. era deceduto il (OMISSIS), nominando con testamento olografo eredi della sua casa in (OMISSIS) sei dei suoi nipoti, A., P., C. e V.M. adivano il Tribunale di Foggia, chiedendo che fosse dichiarato lo scioglimento della comunione con i coeredi V. e G.C. i quali, regolarmente costituiti, aderivano alla domanda.

Nel giudizio interveniva volontariamente V.B., fratello di N., chiedendo la riduzione del testamento in quanto titolare della quota di 1/5 di quella di 1/3 spettante alla comune madre V.T., cui il de cuius era premorto.

Il Tribunale di Foggia, istruita la causa a mezzo di Ctu, con sentenza n. 1101/07, dichiarava sciolta la comunione ereditaria e condannava A., P., M. e V.C., V. e G.C. al pagamento, in favore di V.B., della somma di Euro 7.034,00.

C. e G.V. e V.M.P. proponevano appello, chiedendo la riforma della sentenza.

Le altre parti restavano contumaci.

La Corte di Appello di Bari, con sentenza n. 557/12, accoglieva l’appello e riduceva la somma dovuta ad Euro 4.147,00.

Avverso la indicata sentenza della Corte di Appello di Bari ha proposto ricorso per cassazione V.B., articolandolo su un motivo.

Gli intimati non hanno svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza e del procedimento di secondo grado poichè la corte territoriale non aveva applicato l’art. 163 bis c.p.c., in base al quale fra la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio e l’udienza di comparizione devono intercorrere termini liberi non inferiori a novanta giorni.

Infatti, ad avviso di V.B., l’atto di appello era stato a lui notificato il 5 novembre 2007, mentre la suddetta udienza si era tenuta il 21 gennaio 2008, con la conseguenza che, essendo egli rimasto contumace e non essendo ancora decorsi novanta giorni, la Corte di Appello di Bari avrebbe dovuto dichiarare la nullità della citazione.

La doglianza è infondata.

L’art. 163 bis prevede oggi, nel testo modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. g), che debba decorrere, tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell’udienza di comparizione, un termine libero non inferiore a novanta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia.

Tale disposizione è applicabile al giudizio di appello in virtù del richiamo all’art. 163 bis c.p.c., contenuto nell’art. 342 c.p.c., comma 2.

Peraltro, la L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 4, come modificato dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, art. 39 quater, convertito, con modificazioni, dalle L. n. 51 del 26 febbraio 2006, ha prescritto che il nuovo testo dell’art. 163 bis c.p.c., entrasse in vigore dal 1 marzo 2006 e, in via transitoria, ha stabilito espressamente che le modificazioni introdotte “si applicano ai procedimenti instaurati successivamente” a tale entrata in vigore.

Pertanto, poichè il giudizio in esame ha avuto inizio in primo grado con atto notificato il 28 dicembre 1992, deve ritenersi che non possa trovare applicazione il termine di novanta giorni indicato dall’art. 163 bis c.p.c., attualmente vigente.

Infatti, il giudizio di secondo grado non può essere considerato un nuovo procedimento introdotto successivamente a quello di prime cure, ma rappresenta soltanto una fase ulteriore di quello originario, da ritenere unico ed unitario (Cfr. Sez. U., n. 19701 del 17 settembre 2010, Rv. 614355, che ha formulato analogo principio con riguardo al giudizio di rinvio successivo alla sentenza della Corte di Cassazione).

Ne consegue che l’art. 163 bis c.p.c., nel testo risultante dopo le modifiche apportate dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, non trova applicazione ai giudizi di appello instaurati dopo il 1 marzo 2006, qualora il procedimento di primo grado sia stato introdotto non oltre tale ultima data.

2. Il ricorso va, quindi, rigettato.

3. Alcuna statuizione deve essere assunta in ordine alle spese di lite, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso dando atto della sussistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002, n. 263, per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

Si dà atto che la sentenza è stata redatta con la collaborazione dell’Assistente di Studio Dott. C.D..

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, della 2^ Sezione Civile, il 2 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2017

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