Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2301 del 26/01/2022

Cassazione civile sez. II, 26/01/2022, (ud. 17/11/2021, dep. 26/01/2022), n.2301

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12745-2016 proposto da:

D.O., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE

MELLINI 7, presso lo studio dell’avvocato LUCIA ZACCAGNINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANPIERO BONINO;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI SPA, IN PERSONA DEL SUO PROCURATORE SPECIALE, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE, 44, presso lo studio

dell’avvocato CARLA SILVESTRI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ANNA MARIA BOCCI, ROBERTO GABBA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1562/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2021 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.O. evocò in giudizio, avanti il Giudice del lavoro presso il Tribunale di Ivrea, la spa Milano Ass.ni – oggi spa Unipolsai – per sentir dichiarare illegittimo il recesso ad nutum per giusta causa intimatogli dall’Assicuratore con relazione al contratto d’agenzia tra le parti intercorrente e condannare la Compagnia assicuratrice a pagargli le indennità dovute di conseguenza.

Resistette la spa Milano Ass.ni ed il Giudice del Lavoro eporediese pronunciò sentenza di incompetenza in favore del Giudice Ordinario di Milano.

La causa fu riassunta dal D. avanti il Tribunale di Milano, che, resistendo la spa Milano Ass.ni, all’esito della trattazione istruttoria, accertò la legittimità del recesso intimato dall’Assicuratore, che tuttavia condannò a pagare le indennità, comunque, dovute all’Agente.

Il D. propose appello avverso detta sentenza del Tribunale e, resistendo la spa Unipolsai quale incorporante la spa Milano Ass.ni che interpose anche impugnazione incidentale, la Corte d’Appello di Milano respinse ambedue i gravami, confermando la prima sentenza.

Osservava il Collegio ambrosiano – per quanto ancora interessa – come erano prive di fondamento le eccezioni relative alla validità della procura rilasciata dal legale rappresentante la spa Milano Ass.ni in relazione al giudizio avanti il Tribunale eporediese; come sussistevano le inadempienze denunziate dall’Assicuratore ed erano gravi sì da giustificare il recesso ad nutum.

D.O. ha proposto ricorso per cassazione fondato su otto motivi.

La spa Unipolsai resiste con controricorso illustrato anche con nota difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dal D. risulta privo di fondamento e va rigettato.

Con il primo mezzo d’impugnazione parte ricorrente deduce vizio di nullità per la violazione delle norme ex artt. 126 disp. att. c.p.c. e art. 347 c.p.c., comma 3 e art. 348 c.p.c., in quanto il Collegio ambrosiano – siccome prima il Tribunale milanese – ebbe a definire la controversia senza aver acquisto il fascicolo d’ufficio relativo al procedimento svoltosi nanti il Giudice eporediese, poi dichiaratosi incompetente, benché detto fascicolo rilevante ai fini della valutazione della sua eccezione di nullità della procura rilasciata al difensore della società e richiamata nella comparsa di risposta dell’Assicuratore in quel giudizio.

La censura non ha fondamento posto che è tradizionale insegnamento di questo Supremo Collegio – Cass. sez. 3 n. 3154/91 – che il mancato rispetto della disposizione ex art. 126 disp. att. c.p.c. non importa nullità alcuna ex se, bensì che il Giudice non può fondare la sua statuizione su documento nello stesso fascicolo contenuto in difetto di acquisizione – Cass. sez. 3 n. 10123/11, Cass. sez. 1 n. 4759/14 -.

E nella specie il ricorrente deduce che l’acquisizione del fascicolo d’ufficio afferente alla causa trattata avanti il Tribunale eporediese era funzionale alla valutazione della sua eccezione di nullità della procura rilasciata al difensore dell’Assicuratore.

Tuttavia, a sensi del disposto ex art. 166 c.p.c., l’originale della comparsa e della procura sono conservati nel fascicolo della parte, mentre ex art. 168 c.p.c. e ex art. 73 disp. att. c.p.c. nel fascicolo d’ufficio sono contenute solo le copie di detti atti.

A ciò consegue che di certo la mancata acquisizione del fascicolo d’ufficio del giudizio di lavoro non ha inciso sulla facoltà della parte di esaminare l’originale della procura e della comparsa avversaria mediante visione del fascicolo della controparte, ex art. 76 disp. att. c.p.c., al fine di verificare la fondatezza della sua eccezione, con conseguente inesistenza di ogni rilevanza dell’irregolarità denunziata.

Con la seconda ragione di doglianza il D. rileva violazione delle norme ex art. 75 c.p.c., comma 3 ed ex art. 83 c.p.c. nonché vizio di motivazione in relazione alla questione afferente la nullità della procura alle liti rilasciata dall’Assicuratore al suo difensore in relazione al giudizio avanti il Giudice eporediese.

Osserva il ricorrente come il Collegio ambrosiano avrebbe omesso di pronunciarsi sulla sua eccezione di nullità della procura originaria sotto il profilo sia della sua invalidità per difetto dell’indicazione del nome del soggetto sottoscrittore, sia per la mancata indicazione della ragione fattuale in forza della quale questi andava individuato nel Dott. G., come ritenuto dai Giudici di merito.

Inoltre la Corte lombarda avrebbe malamente evocato gli arresti di legittimità a sostegno della sua argomentazione per superare il suo rilievo che, al momento del rilascio della procura ad litem al difensore in relativa al giudizio instaurato avanti il Tribunale eporediese, il Dott. G. non ricopriva più alcuna carica sociale nell’ambito della spa Milano Ass.ni.

La doglianza è priva di fondamento sotto tutti i profili proposti.

Difatti circa la riconducibilità al Dott. G. della sottoscrizione apposta dal legale rappresentante in calce alla procura alle liti versata nel giudizio avanti il Giudice del lavoro, la Corte ambrosiana ha puntualmente osservato che ciò s’evinceva dalla stessa procura notarile del 22.10.1999, a favore del difensore costituitosi, a firma del Dott. G. all’epoca legale rappresentante la società assicuratrice, ponendo in risalto che il firmatario fu identificato partitamente dal notaio in detto atto.

Dunque è da detta procura notarile, versata in atti con la costituzione avanti il Giudice eporediese, che il Giudice d’appello ha tratto il nome del firmatario la procura ed i sui poteri al riguardo.

E che un tanto consente di ritenere superata l’incertezza, comportante nullità dell’atto, rilevata dal ricorrente è insegnamento costante di questo Supremo Collegio – Cass. sez. L n. 10072/98, Cass. sez. 3 n. 7176/95 -.

Quanto poi all’osservazione che, al momento della costituzione del difensore la Compagnia assicuratrice nella lite avanti il Giudice del lavoro, il Dott. G. era già scaduto dalla sua carica sociale il ricorrente non si confronta minimamente con la motivazione addotta sul punto dal Collegio ambrosiano, ossia che il difensore risultava comunque abilitato in forza della procura generale alle liti notarile del 1999, versata in atti, non venuta meno per la scadenza dalla carica sociale del suo sottoscrittore, poiché la procura va riferita al soggetto sociale che ebbe a rilasciarla mediante il suo rappresentante dell’epoca.

Con il terzo mezzo d’impugnazione il D. deduce violazione del disposto ex art. 50 c.p.c. in relazione ai denunziati vizi della procura, nonché vizio di motivazione al riguardo, posto che la Corte milanese ha omesso l’esame della sua denunzia circa la nullità della comparsa di risposta depositata avanti il Giudice eporediese e di tutte le attività svolte dall’Assicuratore in quel processo per difetto di valida procura.

Un tanto assumeva rilievo in relazione alla pacifica circostanza che il processo fu tempestivamente riassunto avanti il Giudice, indicato siccome competente, nella sentenza declinatoria della competenza pronunziata dal Tribunale di Ivrea.

Inoltre erroneamente il Tribunale di Milano aveva nuovamente proceduto alla fase istruttoria nonostante che il procedimento fosse già stato compiutamente istruito avanti il Giudice eporediese, poiché le domande, proposte dall’assicuratore con la regolare costituzione in giudizio avvenuta solo avanti il Giudice milanese, erano da ritenersi nuove e tardive.

La censura in quanto fondata sul presupposto che la costituzione in giudizio dell’Assicuratore avanti il Giudice del lavoro eporediese era irregolare – oggetto del precedente motivo di ricorso – sconta la già illustrata infondatezza della premessa.

Inoltre non va omesso di precisare – Cass. sez. 3 n. 9671/97, Cass. sez. L n. 3500/86, Cass. sez. 3 n. 15753/14 – che nulla vieta di introdurre domanda non proposta avanti il Giudice dichiaratosi incompetente con la costituzione nella fase di rituale prosecuzione del giudizio avanti il Giudice indicato siccome competente. Difatti è lo stesso ricorrente a precisare che il Tribunale di Milano ebbe a procedere a nuova trattazione istruttoria circa le domande di causa, sicché Comunque l’eventuale vizio della precedente costituzione non incideva sulla trattazione istruttoria del procedimento riassunto.

Con la quarta ragione di doglianza il D. lamenta violazione delle norme ex artt. 2697 e 2702 c.c. nonché vizio di motivazione, posto che il Collegio ambrosiano ha malamente escluso la valenza confessoria della nota, rimessa all’Istituto di Vigilanza del settore assicurativo, con la quale l’Assicuratore negava l’esistenza di debiti di esso ricorrente nei suoi confronti.

La censura s’appalesa priva di pregio giuridico posto che si compendia nell’elaborazione di una valutazione della valenza di elemento probatorio meramente alternativa rispetto a quella illustrata dal Collegio ambrosiano.

Difatti la Corte milanese ha puntualmente esaminato il documento ed escluso la sua valenza confessoria, non solo perché atto diretto a soggetto terzo – art. 2735 c.c. – quindi liberamente valutabile, ma soprattutto per la presenza del rilevante inciso ” allo stato “, lumeggiante una situazione non ancora definita ed in fase di valutazione.

In effetti il ricorrente non si confronta con detta motivazione specifica, limitandosi ad esporre la sua valutazione lumeggiante esclusivamente un diverso approdo circa la valenza confessoria di detto atto.

Con il quinto mezzo d’impugnazione il D. lamenta violazione delle regole desumibili dall’art. 1375 c.c. e art. 1751 c.c., comma 1, artt. 2697 e 2702 c.c. nonché vizio di motivazione, posto che il Collegio ambrosiano, sul presupposto errato della risoluzione del contratto per sua colpa, non aveva riconosciuto in suo favore alcune delle indennità liquidate dal consulente tecnico.

La doglianza appare priva di fondamento posto che si compendia nella contestazione della statuizione assunta dai Giudici di merito che il contratto di agenzia, intercorrente tra le parti, fu risolto dall’Assicuratore per giusta causa in dipendenza delle gravi inadempienze poste in essere dall’agente.

Alla concorrenza di detta ragione di cessazione del rapporto risulta correlata la non debenza di alcune indennità previste dalla legge e dal contratto in favore dell’Agente alla cessazione del rapporto d’agenzia.

Pertanto, se corretta la statuizione in punto risoluzione del rapporto contrattuale per colpa dell’agente, non sussiste la violazione di legge lamentata.

Il collegio ambrosiano ha partitamente esaminate le contestazioni mosse dall’appellante avverso la statuizione del Tribunale milanese che ebbe a ritenere sussistenti le condotte colpevoli indicate dall’Assicuratore e che queste fossero di gravità tale da consentite la risoluzione per inadempimento del contratto, nonché ritenuta corretta detta statuizione ad esito del puntuale esame e valutazione di dette condotte di inadempienza e della loro gravità nell’ambito complessivo del rapporto contrattuale.

L’argomento critico si compendia nella mera contestazione della statuizione assunta dalla Corte di merito sulla scorta di proprio apprezzamento delle condotte addotte dall’Assicuratore a sostegno del suo recesso, enfatizzando alcune questioni già oggetto di precedenti ragioni di doglianza ovvero puntualmente apprezzate dalla Corte ambrosiana per giungere alla sua statuizione.

Così, la circostanza che il ricorrente successivamente alla risoluzione del rapporto continuò a collaborare con il nuovo agente; così la questione della mancata acquisizione del fascicolo del procedimento avanti il Giudice eporediese e la rinnova istruzione della causa da parte del Tribunale di Milano.

Elementi questi irrilevanti e perché la Corte – come detto – ha valutato la prima circostanza e l’ha ritenuta non rilevante e perché il ricorrente nemmeno ha dedotto d’esser opposto alla nuova istruzione della causa, per altro non impedita da alcuna norma processuale – art. 257 c.p.c.

Con la sesta ragione di censura il D. rileva violazione delle regole ex artt. 2948 e 2949 c.c. oltre che vizio motivazionale, posto che la Corte lombarda non ebbe e ritenere prescritto il credito, ritualmente, azionato dall’assicuratore solo con la comparsa di costituzione avanti il Tribunale di Milano.

La censura sconta il necessario presupposto fattuale che la costituzione dell’Assicuratore avanti il Giudice del lavoro eporediese fosse viziata per nullità della procura ad litem per quel processo che come visto non concorre, sicché nemmeno il credito era prescritto poiché la costituzione in giudizio avanti il Tribunale di Ivrea era valido atto interruttivo della prescrizione eccepita.

Con il settimo motivo d’impugnazione il ricorrente rileva violazione delle norme ex art. 1223 c.c., ex art. 1751 c.c., comma 4, poiché la Corte ambrosiana ha erroneamente rigettato la sua domanda di ristoro della perdita del portafoglio clienti e connesse provvigioni a seguito del recesso ad nutum posto in essere dall’Assicuratore.

La censura appare priva di fondamento posto che il ricorrente, nel suo argomento critico svolto, non si confronta con la ragione del rigetto della sua domanda di risarcimento danni esposta dal Collegio ambrosiano, ossia l’inesistenza della condotta colpevole produttiva del pregiudizio in capo all’Assicuratore, posto che il recesso della Compagnia assicuratrice era legittimo poiché giustificato dal riconosciuto grave inadempimento posto in esser dall’Agente.

Difatti il D. si limita a richiamare il disposto ex art. 1751 c.c. omettendo di rilevare che la stessa norma esclude la debenza dell’indennità regolata in caso di risoluzione del rapporto per inadempimento dell’Agente, ossia quanto rimarcato dalla Corte ambrosiana.

Con l’ottava ed ultima doglianza il D. rileva violazione della norma ex art. 96 c.p.c. posto che la Corte milanese non accolse la sua domanda al riguardo sul presupposto della reciproca soccombenza e così errando.

La censura oltre che generica, poiché meramente enunciata senza anche l’esposizione di argomentazione critica, appare priva di pregio giuridico posto che il presupposto per la statuizione ex art. 96 c.p.c. è la condanna della parte alle spese. E, nella specie, come sottolineato dalla Corte ambrosiana, le spese di lite del grado d’appello risultano compensate tra le parti con conseguente inapplicabilità della norma ex art. 96 c.p.c. – Cass. sez. 3 n. 11917/02, Cass. sez. 3 n. 5378/91 -.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del D. alla rifusione verso la spa Unipolsai delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge rimborso forfetario ex tariffa forense.

Concorrono altresì in capo al ricorrente le condizioni per il pagamento di ulteriore somma pari al contributo unificato, ove dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il D. a rifondere alla spa Unipolsai le spese di questo giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.500,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in camera di consiglio, il 17 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2022

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