Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23009 del 11/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 11/11/2016, (ud. 21/09/2016, dep. 11/11/2016), n.23009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16738-2015 proposto da:

F.B., F.M., FIRSTUDIO S.A.S. DI

B.F. & C., in persona del liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA FARINI 62, presso lo studio

dell’avvocato LUCIO GOLINO, che li rappresenta e difende giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 11170/47/2014 della COMMISSIONI TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, emessa il 04/07/2014 e depositata il

19/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.

1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano il “difetto di motivazione in ordine alla violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2002, n. 212, art. 12 comma 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Difetto di motivazione in ordine alla “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 12 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, per non avere la C.T.R. statuito alcunchè sull’originaria eccezione del contribuente circa il mancato esame, da parte dell’Ufficio, delle osservazioni svolte.

2. Il secondo mezzo contiene le censure di: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (ora art. 109) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Motivazione insufficiente in relazione alla ritenuta contabilità occulta delle schede di connessione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Lamentano i ricorrenti: che le scritture contabili siano state ritenute inattendibili “in base a due soli elementi: maggiori ricavi non registrati per importi notevoli e la sussistenza di lavori al nero desumibili dalle cartelline con soli nomi”, senza che la C.T.R. avesse preso in considerazione le controdeduzioni del contribuente, ritenute semplicemente “non convincenti”; che il ritrovamento delle cartelline era “un semplice indizio (non presunzione)” dal quale, “con una serie di presunzioni a catena, la sentenza la discendere l’esistenza di ricavi in nero”; che legittimamente, a fronte delle fatturazioni bimestrali di Telecom Italia s.p.a., la società aveva provveduto “a rilevare i ricavi e i costi per competenza procedendo semplicemente alla divisione del bimestre a cavallo di esercizio”.

3. I motivi presentano vari profili di inammissibilità, in quanto: 1) veicolano confusamente mezzi di impugnazione eterogenei, in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso ed il consolidato orientamento per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (Cass. 9470/08, 19443/11, 21611/13, 26018/14 5964/15); 2) non seguono il nuovo paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5), applicabile alle sentenze pubblicate – come quella impugnata – dall’11 settembre 2012; 3) il primo motivo censura, in realtà, una omessa pronuncia della C.T.R. (error in procedendo); 4) il secondo non coglie l’effettiva ratio decidendi (avendo il giudice d’appello ritenuto non vera, nè spiegata, nè documentata, la “addotta anticipazione o posticipazione del momento impositivo”) e prospetta una contestazione sul merito della decisione, non consentita in sede di legittimità (ex plurimis, Cass. nn. 959/15, 14233/15), spettando in via esclusiva al giudice di merito la selezione degli elementi del suo convincimento (Cass. nn. 26860/14, 962/15).

7. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese del grado.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese, liquidate in Euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pali a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2016

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