Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23008 del 21/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/10/2020, (ud. 15/05/2019, dep. 21/10/2020), n.23008

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22406/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n.

12;

– ricorrente –

– controricorrente incidentale –

contro

Maria Cecilia Hospital s.p.a., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Pilsudsky n.

118, presso lo studio dell’avv. Emanuela Paoletti, che la

rappresenta e difende unitamente agli avv.ti Andrea Astolfi e

Patrizio Melpignano, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

– ricorrente incidentale –

e nei confronti di:

ENI Administration & Financial Service s.p.a., in persona del

legale rappresentante pro tempore;

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Emilia Romagna n. 1721/01/14, depositata il 7 ottobre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 maggio

2019 dal Consigliere Dott. Nonno Giacomo Maria.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza n. 1721/01/14 del 07/10/2014, la Commissione tributaria regionale della Emilia Romagna (di seguito CTR) rigettava l’appello principale proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli nonchè l’appello incidentale proposto dalla Maria Cecilia Hospital s.p.a. (di seguito MCH) avverso la sentenza n. 41/01/10 della Commissione tributaria provinciale di Ravenna (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto dalla società contribuente e volto ad ottenere il rimborso delle accise indebitamente corrisposte relativamente al periodo 21/11/2001 06/03/2003.

1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR e per quanto ancora interessa in questa sede: a) MCH riteneva la sussistenza del proprio diritto al beneficio all’aliquota agevolata riferibile al consumo di gas metano previsto per gli usi industriali elencati nella nota 1 e di cui all’art. 26 TUA, diritto riconosciuto da ENI s.p.a. solo per il periodo successivo al 06/03/2003; b) la CTP accoglieva il ricorso della società contribuente; c) la sentenza della CTP era appellata in via principale dall’Agenzia delle dogane e in via incidentale da MCH.

1.2. Su queste premesse, la CTR motivava il rigetto degli appelli proposti osservando che: a) erano stati provati i presupposti fattuali e giuridici richiesti dalla nota 1 art. 26 TUA per il riconoscimento dell’agevolazione fiscale, in ragione della natura industriale dell’attività svolta da MCH; b) sussisteva, altresì, la legittimazione di MCH al rimborso delle accise versate in eccedenza a ENI s.p.a., anche in relazione alla traslazione dell’imposta da ENI s.p.a. in capo a MCH, che risultava essere il soggetto realmente inciso; c) ENI s.p.a. rimaneva estranea all’obbligazione restitutoria, “avendo già provveduto al riversamento delle maggiori accise in favore dell’amministrazione finanziaria, in tempo successivo alla riscossione del prezzo comprensivo del tributo” ed era stata già implicitamente estromessa dal giudizio da parte del giudice di primo grado.

2. L’Agenzia delle dogane impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

3. MCH resisteva con controricorso, proponeva ricorso incidentale affidato ad un unico motivo e depositava memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle dogane deduce la violazione del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, artt. 2,14 e 26 (Testo unico accise – TUA) e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando la circostanza che MCH non sia legittimata a chiedere il rimborso delle accise ai sensi dell’art. 14 TUA, essendo invece legittimato il fornitore-produttore dell’energia.

2. Il motivo è fondato.

2.1. Secondo il D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico accise – TUA) per i prodotti sottoposti ad accisa l’obbligazione tributaria sorge al momento della loro fabbricazione ovvero della loro importazione (art. 2, comma 1); è obbligato al pagamento dell’accisa il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l’immissione in consumo e gli altri soggetti nei cui confronti si verificano i presupposti per l’esigibilità dell’imposta (comma 4).

2.1.1. Gli obbligati al pagamento dell’accisa sul gas naturale sono, tra gli altri, i “(…) soggetti che vendono direttamente il prodotto ai consumatori (…). Sono considerati consumatori anche gli esercenti i distributori stradali di gas metano per autotrazione che non abbiano, presso l’impianto di distribuzione, impianti di compressione per il riempimento di carri bombolai. Possono essere riconosciuti soggetti obbligati al pagamento dell’accisa i titolari di raffinerie, di impianti petrolchimici e di impianti di produzione combinata di energia elettrica e di calore” (art. 26 TUA, comma 4), mentre “i crediti vantati dai soggetti passivi dell’accisa verso i cessionari dei prodotti per i quali i soggetti stessi hanno assolto tale tributo possono essere addebitati a titolo di rivalsa” (art. 16 TUA, comma 3).

2.2. Ai sensi dell’art. 14, “l’accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata”. Il diritto al rimborso è, dunque, regolato, in via generale, dall’art. 14 TUA, mentre il D.L. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19, comma 1, conv. con modif. nella L. 27 novembre 1982, n. 873, secondo cui “chi ha indebitamente corrisposto diritti doganali all’importazione, imposte di fabbricazione, imposte di consumo o diritti erariali (…) ha diritto al rimborso delle somme pagate quando prova documentalmente che l’onere non è stato in qualsiasi modo trasferito su altri soggetti, salvo il caso di errore materiale”, è applicabile unicamente “quando i tributi riscossi non rilevano per l’ordinamento comunitario” (L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29, comma 3).

2.3. Per il rimborso dei tributi rilevanti per l’ordinamento comunitario dispone della L. n. 428 del 1990, art. 29, comma 2, il quale stabilisce che: “I diritti doganali all’importazione, le imposte di fabbricazione, le imposte di consumo, il sovrapprezzo dello zucchero e i diritti erariali riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie sono rimborsati a meno che il relativo onere non sia stato trasferito su altri soggetti”.

2.4. Dal combinato disposto delle menzionate disposizioni emerge chiaramente che il titolare, dal lato passivo, dell’obbligazione tributaria di corrispondere l’accisa è, sempre e comunque, il fabbricante ovvero l’intermediario che immette i beni al consumo nel territorio dello Stato.

2.4.1. E’ dunque il fornitore a dover pagare l’imposta; in esito al pagamento, egli può riversarne l’onere mediante rivalsa. E non potrebbe essere diversamente, giacchè la caratterizzazione tipologica delle accise postula, per poter risultare efficace e garantire un gettito costante all’erario, la concentrazione del controllo su pochi soggetti, ossia i produttori o gli importatori dei prodotti (così, in motivazione, Cass. n. 17627 del 06/08/2014; si veda, altresì, Cass. 19 giugno 2008, n. 16612).

2.4.2. Per costoro, in sostanza, l’accisa è un costo sostenuto prima della cessione del bene, tale da farlo rientrare, ad esempio, nella base imponibile dell’IVA (Cass. n. 24015 del 03/10/2018).

2.4.3. Per altro verso, “la configurabilità della rivalsa come oggetto di un diritto e non come elemento connaturale ed ineludibile della fisionomia del tributo esclude la configurabilità del rapporto di sostituzione d’imposta e, per conseguenza, l’autonoma rilevanza del sostituito, ossia del consumatore finale” (così Cass. n. 9567 del 19/04/2013 con riferimento alla energia elettrica; l’affermazione è ripetuta da Cass. 17627 del 2014, cit., anche con riferimento al gas naturale).

2.4.4. Le superiori conclusioni trovano ulteriore conferma nella giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte: invero, sia pure con riferimento al gas naturale, è stato, infatti, affermato che “il rapporto tributario inerente al pagamento dell’imposta si svolge solo tra la Amministrazione finanziaria ed i soggetti che forniscono direttamente il gas metano ai consumatori e ad esso è del tutto estraneo l’utente consumatore” (Cass. S.U. 25 maggio 2009, n. 11987), sicchè “il solo soggetto obbligato verso l’amministrazione finanziaria è l’ente comunale che immette in consumo il gas e riscuote l’accisa inglobata nel prezzo (è una peculiarità che non incide sulla natura del tributo che resta distinto dal prezzo del gas) (…)” (Cass. S.U. 19 marzo 2009, n. 6589).

2.5. In buona sostanza, l’imposta è dovuta dai soggetti che forniscono direttamente il prodotto ai consumatori, di guisa che soggetto passivo dell’imposta è il fornitore del prodotto; quanto al consumatore, l’onere corrispondente all’imposta è su di lui traslato in virtù e nell’ambito di un fenomeno meramente economico.

2.5.1. Ne deriva che il rapporto tributario inerente al pagamento dell’imposta si svolge soltanto tra l’Amministrazione finanziaria ed i soggetti che forniscono direttamente i prodotti, essendo ad esso estraneo l’utente consumatore.

2.5.2. Come è stato efficacemente rilevato, “i due rapporti, quello fra fornitore ed amministrazione finanziaria e quello fra fornitore e consumatore, si pongono quindi su due piani diversi: il primo ha rilievo tributario, il secondo civilistico” (cfr. Cass. n. 9567 del 2013, cit., laddove ulteriori riferimenti giurisprudenziali).

2.6. E’ stato ancora precisato, sia pure con riferimento all’IVA di rivalsa (Cass. n. 23288 del 27/09/2018), che dal compimento dell’operazione imponibile scaturiscono tre rapporti (cfr. Cass. S.U. n. 26437 del 20/07/2017): uno, tra l’Amministrazione finanziaria e il cedente, relativo al pagamento dell’imposta; un secondo, tra il cedente e il cessionario, concernente la rivalsa; un terzo, tra l’Amministrazione e il cessionario, relativo alla detrazione dell’imposta assolta in via di rivalsa.

2.6.1. Si tratta di rapporti che, pur essendo collegati, non interferiscono tra loro e soltanto il cedente ha titolo ad agire per il rimborso nei confronti dell’Amministrazione, la quale, pertanto, essendo estranea al rapporto tra cedente e cessionario, non può essere tenuta a rimborsare direttamente a quest’ultimo quanto dallo stesso versato in via di rivalsa (Cass. n. 14933 del 06/07/2011; Cass. n. 17169 del 26/08/2015).

2.6.2. Al riguardo, la Corte di giustizia ha ripetutamente sottolineato (tra le tante, CGUE 27 aprile 2017, causa C-564/15, Farkas) che, in mancanza di disciplina dell’Unione in materia di domande di rimborso delle imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possono essere presentate, purchè i requisiti in questione rispettino i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire, non siano meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi basati su norme di natura interna e non siano congegnati in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (in termini, CGUE 15 marzo 2007, causa C-35/05, punto 37, Reemtsma Cigarettenfabriken).

2.6.3. Peraltro, un sistema nel quale, da un lato, il venditore del bene che ha versato erroneamente alle autorità tributarie l’IVA può chiederne il rimborso e, dall’altro, l’acquirente di tale bene può esercitare un’azione civilistica di ripetizione dell’indebito nei confronti di tale venditore, rispetta i principi di neutralità e di effettività, consentendo all’acquirente, gravato dell’imposta erroneamente fatturata, di ottenere il rimborso delle somme indebitamente versate (CGUE 15 marzo 2007, causa C-35/05, cit., punti 38 e 39 e giurisprudenza ivi citata).

2.6.4. E’, dunque, compito degli Stati membri prevedere gli strumenti e le modalità procedurali necessari per consentire a detto acquirente di recuperare l’imposta indebitamente fatturata, in modo da rispettare il principio di effettività. Sicchè soltanto se il rimborso risulti impossibile o eccessivamente difficile, il principio di effettività può imporre che l’acquirente del bene in questione sia legittimato ad agire per il rimborso direttamente nei confronti delle autorità tributarie (come nel caso di fallimento del venditore: CGUE 27 aprile 2017, causa C-564/15, cit.; conf., CGUE 31 maggio 2018, cause C660 e 661/16, KollroB e Wirti, punto 66).

2.6.5. Il fruitore dei beni o dei servizi può dunque ottenere il rimborso dell’imposta illegittimamente versata esperendo nei confronti del cedente o del prestatore un’azione di ripetizione d’indebito di rilevanza civilistica (vedi, in tema di IVA, CGUE 15 dicembre 2011, causa C-427/10, Banca popolare antoniana veneta, punto 42; e, in tema di accise, CGUE 20 ottobre 2011, causa C94/10, Danfoss).

2.7. Traendo le fila del discorso, può quindi affermarsi, con specifico riferimento alla materia delle accise, che:

1) obbligato al pagamento delle accise nei confronti dell’Amministrazione doganale è unicamente il fornitore;

2) il fornitore può addebitare integralmente le accise pagate al consumatore finale;

3) i rapporti tra fornitore e Amministrazione doganale e fornitore e consumatore finale sono autonomi e non interferiscono tra loro;

4) in ragione della menzionata autonomia, il consumatore finale, anche in caso di addebito del tributo da parte del fornitore, non ha diritto a chiedere direttamente all’Amministrazione finanziaria il rimborso delle accise indebitamente corrisposte;

5) il diritto al rimborso spetta unicamente al fornitore, che può esercitarlo nei confronti dell’Amministrazione finanziaria: a) nel caso in cui non abbia addebitato l’imposta al consumatore finale, entro due anni dalla data del pagamento; b) nel caso in cui il consumatore finale abbia esercitato vittoriosamente nei suoi confronti azione di ripetizione di indebito, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza;

6) nel caso di addebito delle accise al consumatore finale, quest’ultimo può esercitare l’azione civilistica di ripetizione di indebito direttamente nei confronti del fornitore, salvo chiedere il rimborso anche nei confronti dell’Amministrazione finanziaria allorquando, l’azione esperibile nei confronti del fornitore sia oltremodo gravosa (come accade, ad esempio, nell’ipotesi di fallimento del fornitore).

2.8. Applicando i superiori principi di diritto al caso di specie, deve concludersi che la CTR abbia erroneamente statuito in ordine alla legittimazione di MCH al rimborso delle accise versate in misura superiore a quanto previsto dalla tariffa agevolata, dovendo ritenersi che la società contribuente è il consumatore finale del prodotto fornito da ENI s.p.a., su cui grava l’obbligo di pagamento delle accise e, quindi, anche la legittimazione al rimborso. E ciò anche in ragione della mancata allegazione di elementi di impossibilità ed eccezionale onerosità dell’azione di ripetizione dell’indebito, in relazione ai quali possa riconoscersi, in via straordinaria ed eccezionale, la legittimazione al rimborso in capo al consumatore finale.

2.9. Nè è idoneo ad incidere sulla legittimazione di MCH quanto statuito da Cass. S.U. n. 6589 del 19/03/2009, richiamata dalla difesa della società contribuente: la menzionata sentenza, infatti, da un lato, decide unicamente una questione di giurisdizione, pronunciando con efficacia di giudicato esclusivamente sulla legittimazione al rimborso; dall’altro, è resa in un giudizio avente parti (parzialmente) diverse e diverso oggetto, sicchè il giudicato non ha alcuna valenza nella presente controversia.

3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione della L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando l’intervenuta estromissione del Comune di Cotignola e, in ogni caso, l’insussistenza del suo diritto al rimborso.

4. Il motivo è inammissibile, avendo chiaramente riferimento ad altra controversia.

5. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 14 e 26 TUA e del D.M. 12 luglio 1977, art. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che l’applicazione del regime agevolativo d’accisa consegue solo alla presentazione dell’istanza di rimborso.

6. Con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, facendosi presente che la CTR non avrebbe preso posizione in ordine alla necessità della previa istanza del contribuente ai fini del godimento dell’agevolazione fiscale.

7. I due motivi restano assorbiti in ragione dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.

8. Con l’unico motivo di ricorso incidentale MCH chiede la riforma della sentenza della CTR nella parte in cui ha ritenuto l’estromissione dal giudizio di ENI s.p.a., in quanto soggetto ritenuto estraneo alla richiesta di ripetizione.

9. Il motivo è fondato.

9.1. La CTR ha ritenuto che il giudice di primo grado abbia estromesso implicitamente dal giudizio ENI s.p.a. e ha, conseguentemente, rigettato la domanda di rimborso.

9.2. In realtà, il giudice di primo grado si è limitato a non pronunciarsi sulla domanda formulata (anche) nei confronti di ENI s.p.a. e tale omessa pronuncia non può essere interpretata come estromissione dal giudizio, operando l’istituto processuale unicamente in alcune specifiche ipotesi tassativamente previste dalla legge (artt. 108,109 e 111 c.p.c., artt. 1586 e 1777 c.c.), tra le quali non rientra quella oggetto del presente giudizio.

9.3. Ne consegue che, come dedotto dalla ricorrente incidentale, la CTR ha errato a ritenere l’estromissione di ENI s.p.a. dal giudizio e ha omesso di pronunciarsi sulla domanda di ripetizione rivolta nei confronti di tale ultima società, che dovrà essere esaminata nel merito dal giudice del rinvio.

10. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso principale e il motivo di ricorso incidentale, disattesi gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla CTR dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso principale e il motivo di ricorso incidentale, rigettato il secondo motivo di ricorso principale e dichiarati assorbiti i restanti; cassa a sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2020

 

 

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