Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23008 del 11/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 11/11/2016, (ud. 21/09/2016, dep. 11/11/2016), n.23008

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16563-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

SELVAGGIO EDILPREF S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 487/21/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di CALTANISSETTA, emessa il 12/01/2015 depositata il

09/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. VELLA PAOLO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.

1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate lamenta la “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, per non avere la C.T.R. “indicato in motivazione le ragioni per le quali nel caso di specie il mancato riconoscimento della compensazione era da considerarsi frutto di verifiche e di valutazioni giuridiche non risultanti direttamente dalla dichiarazione e non invece una conseguenza di vizi e irregolarità intrinseci alla dichiarazione del contribuente, rilevabili ictu oculi a seguito di un mero riscontro cartolare delle dichiarazioni presentate”.

2. Con il secondo – rubricato “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis” – deduce altresì che, nel rilevare “l’utilizzo in due deleghe di versamento, di un presunto credito d’imposta vantato per l’importo complessivo di Euro 21.854,00 che non aveva alcun riscontro nè in una eventuale istanza presentata per la sua richiesta, nè nella dichiarazione dei redditi quadro RU, relativo ai crediti d’imposta”, “il giudice regionale ha voluto disattendere una norma di legge a cui l’agenzia si era uniformata”.

3. Il terzo mezzo denuncia infine la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.”, in quanto “la parte, nei vari gradi di giudizio, ha lamentato il recupero degli importi indicati come credito d’imposta L. n. 289 del 2002, ex art. 62, ribaltando l’onere della prova sull’A.F., ma, in effetti, senza mai chiarire in alcun modo da dove scaturirebbe detto credito, quando è stato richiesto, quando l’A.F. lo avrebbe concesso”.

4. I tre motivi, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, presentano vari profili di inammissibilità: 1) la censura motivazionale non rispetta il tenore dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), previsto per le sentenze pubblicate – come quella impugnata – dopo l’11 settembre 2012, non indicando il fatto decisivo di cui sarebbe stato omesso l’esame: 2) il primo ed il secondo motivo difettano di autosufficienza, laddove si assume che il contribuente non avrebbe riportato nella dichiarazione dei redditi (nell’apposito quadro RU), il credito di imposta in contestazione (v. pag. 5 e 6 del ricorso), mentre dalla sentenza impugnata sembrerebbe risultare il contrario, laddove i giudici regionali fanno espresso riferimento ad una “pregressa operazione di verifica e di accertamento sulla sussistenza del credito”, aggiungendo che esso era “riportato in dichiarazione”; 3) il terzo infine censura non già la sentenza impugnata, bensì il “comportamento della parte”; 4) peraltro, i fatti riferiti in ricorso non trovano corrispondenza nel quadro fattuale delineato dal giudice d’appello, il quale incentra la propria motivazione sul fatto che la stessa Agenzia delle entrate “ha precisato le ragioni della disposta rettifica nella non spettanza del credito di imposta vantato dalla ricorrente per investimenti in zone svantaggiate, ciò postulando una pregressa operazione di verifica e di accertamento sulla sussistenza del credito” – “riportato in dichiarazione” – “che avrebbe dovuto formare oggetto di rituale contestazione”.

5. Il ricorso va quindi rigettato senza necessità di statuizione sulle spese, stante la mancata costituzione della parte intimata. Non ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, ex art. 13 T.U.S.G., in quanto per la ricorrente amministrazione pubblica opera il meccanismo della prenotazione a debito delle spese (cfr. Cass. S.U. n. 9338/14; Cass. sez. 4-L, n. 1778/16 e 6-T n. 18893/16).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2016

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