Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23007 del 11/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 11/11/2016, (ud. 21/09/2016, dep. 11/11/2016), n.23007

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16344/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2716/26/2014 della COMMISSIONI TRIBUTARIA

REGIONALE DI BARI SEZIONE DISTACCATA di FOGGIA, emessa il 20/10/2014

e depositata il 31/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.

1. Con un unico motivo l’Agenzia delle Entrate ha dedotto la “nullità assoluta della selltena ex art. 156 c.p.c., comma 2, per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4)”.

2. Il motivo è manifestamente fondato, essendo evidente l’inconciliabilità tra l’esordio della motivazione ed il dispositivo finale formulati in termini di infondatezza e rigetto dell’appello proposto dall’amministrazione finanziaria – ed il tessuto motivazionale, al contrario pienamente adesivo alla tesi dell’appellante (puntualmente riportata), nel senso che “l’ufficio, con la notifica della cartella esattoriale al socio, solidalmente responsabile per i debiti della società, non ha escluso i beni del socio, ma si è soltanto preordinato il titolo idoneo a perseguite il socio ove i beni sociali non lo fossero stati sufficienti al pagamento”.

3. Quanto alla istanza di correzione di errore materiale ex art. 287 c.p.c., che si assume presentata, di cui si disconosce l’esito, occorre rilevare che si tratta di procedura utilizzabile solo per ovviare a vizi meramente formali, non già relativi al contenuto della sentenza (Cass. sez. V, n. 28523/13), poichè “il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo della sentenza – non consentendo di individuare la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione – non può essere eliminato con il rimedio della correzione degli errori materiali, determinando invece la nullità della pronuncia ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2” (Cass. sez. 1, n. 29490/08; conf. sez. 3, n. 11299/11; cfr. Cass. s.u. n. 11348/13, sull’assunto che “la composizione del contrasto logico esistente tra motivazione e dispositivo presuppone un’attività di intepretazione dell’effettivo decisum non consentita in sede di correzione”).

4. In conclusione, in accoglimento del motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice d’appello che, in diversa composizione, provvederà anche alla statuizione sulle spese processuali del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2016

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