Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23006 del 21/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/10/2020, (ud. 15/05/2019, dep. 21/10/2020), n.23006

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2700/2014 R.G. proposto da:

Tirreno Power s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via XXIV Maggio n. 43,

presso lo studio legale tributario Miccinesi e Associati,

rappresentata e difesa dall’avv. Paolo Puri, giusta procura speciale

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n.

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 303/01/13, depositata il 3 giugno 2013.

Udita la relazione svolta nelle camere di consiglio del 15 maggio

2019 e del 1 giugno 2020 dal Consigliere Dott. Nonno Giacomo Maria.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza n. 303/01/13 del 03/06/2013, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli avverso la sentenza n. 21/32/12 della Commissione tributaria provinciale di Genova (di seguito CTP), che aveva invece accolto il ricorso proposto dalla Tirreno Power s.r.l. (di seguito TP) nei confronti del silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione doganale ad un’istanza di rimborso per accise indebitamente corrisposte relativamente al periodo 2006 – 2007.

1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR: a) l’istanza di rimborso era stata presentata da TP, acquirente di prodotti energetici per la produzione di energia elettrica da ENI s.p.a., in ragione della esenzione da accisa evincibile dalla direttiva n. 2003/96/CE del 27 ottobre 2003, poi recepita in Italia a seguito del D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26, con efficacia dal 01/06/2007; b) la CTP accoglieva il ricorso della società contribuente; c) la sentenza della CTP era appellate dall’Agenzia delle dogane.

1.2. Su queste premesse, la CTR motivava l’accoglimento dell’appello osservando che TP non era legittimata a presentare istanza di rimborso, dovendo ritenersi la legittimazione di ENI s.p.a., e che, in ogni caso, la società contribuente aveva traslato l’imposta sui consumatori finali.

2. TP impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

3. L’Agenzia delle dogane resisteva con controricorso.

4. La causa, chiamata all’udienza camerale del 15 maggio 2015, è stata decisa il 1 giugno 2020 a seguito di riconvocazione da remoto del collegio, tramite piattaforma MS Teams.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso TP deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziando che la CTR si sarebbe pronunciata oltre i limiti posti dall’appello dell’Agenzia delle dogane, la quale aveva sostenuto la carenza di legittimazione di TP in ragione dell’intervenuta traslazione del tributo sui consumatori finali e non già perchè l’imposta dovesse essere corrisposta da ENI s.p.a..

2. Il motivo è fondato.

2.1. La CTP aveva accolto il ricorso della contribuente in base al duplice rilievo che la tesi dell’Ufficio, per la quale l’unico soggetto avente diritto a pretendere dall’erario la restituzione delle accise indebitamente versate era la società fornitrice del gas, che lo aveva immesso in consumo, era infondata e che l’Agenzia non aveva provato che TP avesse traslato l’imposta sui propri clienti.

2.2. La prima delle due indicate rationes decidendi non è stata impugnata dall’Amministrazione doganale, la quale, nell’atto d’appello, si è limitata a contrastare il secondo capo della pronuncia, per di più riconoscendo espressamente che TP “avrebbe potuto chiedere il rimborso dell’accisa se non avesse venduto a terzi l’energia prodotta; in questo caso sarebbe stato soggetto legittimato a chiedere la restituzione di quanto pagato”.

2.3. In altri termini, l’Agenzia ha lamentato in appello la violazione dell’art. 14 TUA, comma 2, non già perchè il primo giudice aveva ritenuto TP legittimata al rimborso (recte: titolare dal lato attivo del rapporto controverso) pur non essendo debitrice d’imposta nei confronti dell’erario, ma solo perchè, a suo dire, la prova che la società aveva riversato sui consumatori il pagamento delle accise, includendole nel prezzo dell’energia elettrica da essa prodotta, era stata fornita in via presuntiva.

2.4. Ne consegue che la CTR, nell’affermare che l’unico soggetto “legittimato” al rimborso era ENI s.p.a., ha pronunciato su una questione che non era stata devoluta alla sua cognizione e che non era rilevabile d’ufficio, posto che l’accertamento in ordine alla titolarità attiva da parte di TP del rapporto dedotto in giudizio, non impugnato dall’Agenzia, era coperto da giudicato interno (cfr. Cass. nn. 20928/2015, 23568/011). Il giudice è pertanto incorso nel denunciato vizio di ultrapetizione.

3. Resta assorbito il secondo motivo di ricorso, con il quale TP assume l’erroneità, per violazione dell’art. 14 TUA, comma 2, della statuizione viziata da ultrapetizione

4. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione della L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29, comma 2, come modificato dalla L. 6 febbraio 2007, n. 13, art. 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che erroneamente la CTR avrebbe ritenuto provata la traslazione dell’imposta da TP ai consumatori finali.

5. Con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa motivazione e, comunque, l’omesso esame di tre circostanze dirimenti ai fini della dimostrazione della traslazione delle accisa: 1) la vendita dell’energia elettrica da parte di TP a prezzo scontato; 2) la mancata previsione della traslazione nelle clausole dei contratti di vendita; 3) l’impossibilità per TP di incidere sul prezzo di mercato.

6. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, riguardando la medesima questione, e sono complessivamente fondati.

6.1. Con riferimento al diritto di rivalsa sui contribuenti, la CTR ha ritenuto che, avendo TP “portato a costo l’accisa, si presume che il tributo sia stato traslato ai clienti” in quanto incluso nel prezzo di vendita. “Peraltro, l’asserito credito avrebbe dovuto essere esposto nell’attivo del Bilancio di esercizio Stato patrimoniale, il che avrebbe determinato un maggiore imponibile ai fini delle imposte dirette”.

6.2. La CTR, pertanto, assume l’intervenuta traslazione delle accise sul gas naturale sui consumatori finali dell’energia elettrica prodotta a mezzo dell’utilizzazione del gas; e ciò in base alla semplice presunzione che tale traslazione costituisca un comportamento normale secondo l’id quod plerumque accidit, in quanto i costi (qual è quello della imposta di consumo) vengono normalmente inglobati nel prezzo del bene o servizio ceduto.

6.2.1. La sentenza impugnata non dà affatto conto degli ulteriori elementi presuntivi che sarebbero stati acquisiti agli atti del giudizio, trascurando inoltre di esaminare gli elementi indiziari forniti da parte ricorrente.

6.3. Ne consegue la palese violazione del disposto dell’art. 2729 c.c., avendo la CTR fondato il proprio convincimento unicamente su di un fatto ritenuto notorio, senza indicare ulteriori elementi indiziari idonei ad integrare la prova della traslazione dell’imposta, con conseguente sostanziale inversione dell’onere della prova del fatto impeditivo, gravante sull’Amministrazione doganale (cfr. Cass. n. 19618 del 01/10/2015).

6.4. Sussiste, altresì, la dedotta violazione della L. n. 428 del 1990, art. 29, comma 2, non solo per quel che concerne le accise corrisposte in epoca successiva al 04/03/2007, in ragione dell’aggiunta al menzionato comma 2 della specifica previsione dell’inutilizzabilità, da parte dell’Amministrazione doganale, di elementi presuntivi, che sostanzialmente grava l’Amministrazione doganale della prova piena della traslazione dell’imposta sul consumatore; ma anche con riferimento alle accise indebitamente corrisposte con riferimento al periodo antecedente alla menzionata data.

6.5. La Corte di giustizia ha, infatti, ritenuto, da un lato, che se esiste una disposizione che prevede una presunzione di traslazione su altri soggetti dei diritti e dei tributi indebitamente riscossi e se la prova contraria di tale presunzione per ottenere il rimborso del tributo è a carico del ricorrente, la disposizione in questione deve considerarsi contraria al diritto comunitario (CGUE 9 febbraio 1999, in causa C-343/96, Dilexport); e, dall’altro, che un’interpretazione della L. n. 428 del 1990, art. 29, comma 2, che consenta l’utilizzo di presunzioni quale quella per la quale le imposte indirette siano in via di principio trasferite a valle della catena delle vendite da parte degli operatori economici è contraria al diritto unionale (CGUE 9 dicembre 2003, in causa C-129/00, Commissione v. Repubblica italiana).

7. All’accoglimento del primo, del terzo e del quarto motivo di ricorso conseguono la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla CTR della Campania, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la questione di fatto concernente la prova dell’avvenuta traslazione del tributo sui clienti di Tirreno Power alla luce della documentazione prodotta da parte ricorrente e tenendo conto dei limiti del ragionamento presuntivo come più sopra delineati.

Il giudice del rinvio liquiderà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, terzo e quarto motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 1 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2020

 

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