Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23005 del 17/08/2021

Cassazione civile sez. I, 17/08/2021, (ud. 29/04/2021, dep. 17/08/2021), n.23005

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10126/2020 proposto da:

C.I., rappresentato e difeso dall’avvocato Verlato Davide,

giusta procura allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3930/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 01/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/04/2021 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 3930/2019 depositata il 30-9-2019, la Corte d’appello di Venezia ha dichiarato inammissibile per tardività l’appello proposto da C.I., alias C.I., cittadino della (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che, a seguito di rituale impugnazione del provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva respinto le sue domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte territoriale ha rilevato che dalla disamina del fascicolo telematico di primo grado si evinceva che l’ordinanza del Tribunale era stata pronunciata all’udienza del 26-2-2018, all’esito della camera di consiglio, come da verbale d’udienza del 26-2-2018, e che da quella data andavano computati i trenta giorni prescritti ai fini della tempestività dell’appello. La Corte di merito, nel rilevare che il giudizio d’appello era stato introdotto con citazione notificata in data 11 luglio 2018 e la causa era stata iscritta a ruolo in data 6 luglio 2018, dopo aver esposto le argomentazioni in base a cui ha espresso dissenso dall’orientamento di questa Corte di cui all’ordinanza n. 17420/2017 circa l’introduzione dell’appello con atto di citazione e non con ricorso, ha ritenuto tardivo il gravame come sopra proposto. 2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a un motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente denuncia, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., la violazione dell’art. 702 quater c.p.c.. Deduce che l’ordinanza del Tribunale non era stata emessa in udienza, atteso che dallo storico del fascicolo telematico risultava che in data 26 febbraio 2018 il giudice aveva trattenuto la causa in decisione, riservandosi, e la riserva era stata sciolta solo in data 6 giugno 2018 con la pubblicazione del provvedimento e la comunicazione alle parti e al Pubblico Ministero.

2. Il motivo è infondato.

Il ricorrente ancora la sua affermazione al certificato storico del fascicolo telematico del procedimento ove è indicato che il procedimento il 26-2-2018 è “riservato”, e solo il 6 giugno 2018, data in cui lui riceve la comunicazione della decisione, è “rigettato”.

Correttamente, invece, la Corte d’appello ha ritenuto tardivo l’appello, in applicazione del principio secondo il quale “In tema di procedimento sommario di cognizione, il termine per proporre appello avverso l’ordinanza resa in udienza e inserita a verbale decorre, pur se questa non è stata comunicata o notificata, dalla data dell’udienza stessa, equivalendo la pronuncia in tale sede a “comunicazione” ai sensi degli artt. 134 e 176 c.p.c.” (Cass. n. 14478/2018 e Cass. n. 6768/2021 in tema di protezione internazionale). Previa verifica degli atti di causa, doverosa in questa sede in cui, essendo stata dedotta una questione processuale, la Corte è anche giudice del procedimento, nel verbale di causa, prodotto dal ricorrente, è indicato, non che il giudice si sia riservato, ma che si sia ritirato in camera di consiglio per decidere con provvedimento contestuale di cui si darà lettura in udienza. Pertanto, il provvedimento è stato comunicato, alle ore 14, mediante lettura al termine dell’udienza e da quella data decorreva il termine per impugnare. Nella sentenza impugnata, infatti, si dà atto che l’ordinanza è stata “pronunciata all’udienza del 26-2-2018 all’esito della camera di consiglio (cfr. verbale udienza 26-2-2018)”. Quindi non si tratta di ordinanza “riservata”, che viene a conoscenza della parte una volta che venga sciolta la riserva e che il provvedimento adottato a scioglimento della riserva sia comunicato alle parti, ma di ordinanza adottata in udienza, che il ricorrente avrebbe avuto modo di conoscere direttamente e, pertanto, il termine per proporre l’impugnazione iniziava a decorrere dall’udienza stessa.

In caso di contrasto tra il contenuto del provvedimento ed il contenuto del verbale di udienza, farebbe fede il contenuto di quest’ultimo, che ha natura di atto pubblico e quindi fa fede fino a querela di falso dell’avvenuto svolgimento delle attività processuali ivi descritte. Nel caso di specie, il ricorrente non deduce che i due atti non siano convergenti, ossia non censura specificamente quanto affermato al riguardo dalla Corte d’appello, e detti atti prevalgono sull’estratto del ruolo informatico, che non ha valore di atto pubblico, ma solo di mera annotazione interna (in questo senso v. già Cass. n. 11089 del 1999: “Nel contrasto fra la data indicata dal cancelliere nel verbale di udienza e quella risultante dal ruolo, occorre dare prevalenza alla prima, in quanto le annotazioni contenute nel ruolo hanno funzione meramente ricognitiva dei dati risultanti dall’atto originario”).

Ciò posto, ribadito che per inficiare le risultanze del verbale sarebbe stata necessaria la querela di falso (v. in questa materia, Cass. 10 marzo 2021, n. 6768 e, più generale, Cass. 11 dicembre 2014, n. 26105; Cass. 8 settembre 2006, n. 19299), nella specie non proposta, le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale sono regolate, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35, nel testo ratione temporis applicabile, dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19 e quindi dal rito sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis ss. c.p.c., ove non diversamente previsto (cfr. Cass. S.U. 28757/2018 sulla decorrenza del termine di 30 giorni dalla comunicazione di cancelleria o dalla notifica ad istanza di parte, e solo in mancanza di queste sulla decorrenza del termine di sei mesi dalla pubblicazione del provvedimento; Cass.n. 22241/2019; Cass. n. 16893/2018 sulla decorrenza del termine per appellare in caso di lettura in udienza dell’ordinanza, perché quest’ultima, ai sensi dell’art. 176 c.p.c., comma 2, si ritiene conosciuta dalle parti costituite).

Pertanto, dovendosi avere per acquisita, in base a quanto si è detto, l’avvenuta lettura in udienza dell’ordinanza poi impugnata con l’appello, vale il principio, recentemente affermato ma già consolidato e condiviso dal Collegio, secondo cui “in tema di procedimento sommario di cognizione, il termine per proporre appello avverso l’ordinanza resa in udienza e inserita a verbale decorre, pur se questa non è stata comunicata o notificata, dalla data dell’udienza stessa, equivalendo la pronuncia in tale sede a “comunicazione” ai sensi degli artt. 134 e 176 c.p.c.” (così Cass. 6 giugno 2018, n. 14478, nonché Cass. 28 aprile 2020, n. 7970 e, nella materia della protezione internazionale, Cass. 6768/2021, cit.).

In conclusione, la decisione della Corte territoriale in merito all’avvenuto superamento dei termini per proporre l’appello è immune da censure.

3. Nulla sulle spese, in quanto il Ministero si è limitato al deposito di un “atto di costituzione”, senza svolgere attività difensiva.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 29 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021

 

 

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