Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23005 del 02/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 02/10/2017, (ud. 06/04/2017, dep.02/10/2017),  n. 23005

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10868-2016 proposto da:

FIDEURAM INTESA SANPAOLO PRIVATE BANKING SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato RENZO

RISTUCCIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ANGELO PETRONE;

– ricorrente

contro

P.A.;

– intimato –

nonchè da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

BERTOLONI, 35, presso lo studio dell’avvocato GREGORIO CRITELLI,

rappresentato e difeso dagli avvocati MICHELE LOY, LUCA PIRASTU;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

FIDEURAM INTESA SANPAOLO PRIVATE BANKING SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato RENZO

RISTUCCIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ANGELO PETRONE;

– controricorrente al ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 147/2016 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 02/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/04/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

con sentenza in data 1-6-2010 il Tribunale Penale di Cagliari ha, tra l’altro, dichiarato P.A. ed altri colpevoli del reato di peculato loro rispettivamente ascritto, con obbligo di risarcimento dei danni in favore della costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede. La Corte d’Appello Penale di Cagliari, in data 9-3-2012 ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti di P.A. ed altri per i reati di peculato contestati, previa qualificazione dei medesimi reati come abuso di ufficio ex art. 323 c.p., revocando le statuizione civili, in quanto la prescrizione era maturata prima della decisione penale di primo grado. Secondo la Corte d’Appello, difettava in relazione al ritenuto reato di peculato, il presupposto dell’appropriazione diretta o a favore di terzo; e gli imputati non avevano espresso il proposito di perseguire un interesse diverso da quello dell’ente, seppure con modalità illecite e non era mai stata negata l’appartenenza dei beni all’ente. I fatti, quindi, dovevano esser riqualificati come abuso di ufficio e i singoli reati erano oramai estinti per prescrizione, maturata anteriormente alla pronuncia della sentenza di primo grado, con la conseguente necessità di escludere tutte le statuizioni civili pronunciate dal Tribunale in riferimento agli originari reati di peculato contestati;

avverso la suindicata sentenza del 9-3-12 hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Cagliari, la parte civile Banca Fideuram s.p.a., e parte degli imputati, tramite i rispettivi difensori, chiedendone l’annullamento;

con sentenza del 14 gennaio 2014 la Corte di Cassazione, qualificati i fatti di cui ai capi in oggetto come delitti di peculato, dichiarava che i reati si erano prescritti successivamente alla sentenza di primo grado. Conseguentemente annullava la decisione impugnata nei confronti di P. ed altri, limitatamente alle statuizioni civili e rinviava per nuovo giudizio, al giudice civile competente in grado di appello. Annullava, altresì, la stessa sentenza nei confronti del P. e di altri in ordine ai reati di cui ai capi B2) e A4) e rinviava nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Cagliari;

con atto di citazione del 4 aprile 2014, la Banca Fideuram S.p.A. conveniva in giudizio, davanti alla Corte d’Appello Civile di Cagliari, P.A. in conseguenza del rinvio disposto, limitatamente alle statuizioni civili, ai sensi dell’art. 622 c.p.c. penale, chiedendo di determinare in misura pari a Euro 5.718.922 o in quella maggiore o minore l’importo dovuto da P. a Banca Fideuram, per effetto dei comportamenti illeciti di peculato commessi;

la Corte d’Appello di Cagliari rigettava la domanda risarcitoria dell’Istituto di credito, decidendo sulla base della ragione più liquida e cioè la ritenuta assenza di giudicato penale relativo alla responsabilità civile di P. nei confronti della banca, dichiarando assorbite le altre eccezioni formulate dall’appellato;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’Istituto di credito sulla base di un unico motivo. A.P. deposita controricorso e ricorso incidentale. Entrambe le parti depositano memorie ex art. 380 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

con il ricorso Banca Fideuram deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 74,538,539,578,622 e 651 c.p.c. penale, nonchè violazione dell’art. 1227 c.c., violazione del giudicato contenuto della sentenza del Tribunale Penale di Cagliari del 1 giugno 2010, confermata dalla sentenza della Corte di Cassazione Penale del 14 gennaio 2014. Riguardo al tema dell’estensione del giudicato penale, nell’ipotesi di rinvio ai sensi dell’art. 622 c.p.c., la ricorrente rileva che l’art. 539 c.p.c. consente al giudice penale di pronunziare condanna generica quando le prove acquisite “non consentono la liquidazione del danno”, cioè sono inidonee ai fini della quantificazione del danno, che comunque deve ritenersi accertato. La condanna generica significa accertamento della sussistenza di un diritto, con conseguente riconoscimento del vincolo di giudicato. Pertanto, poichè il Tribunale Penale di Cagliari aveva individuato un concorso di colpa di Banca Fideuram per omessa vigilanza, ma anche il diritto al risarcimento del danno in favore dell’Istituto di credito, deve escludersi che in quella pronunzia possa individuarsi una responsabilità esclusiva dell’Istituto di credito, che avrebbe certamente inibito una condanna generica. Sotto altro profilo, la sentenza sarebbe errata, avendo applicato il secondo comma dell’art. 1227 c.c., comma 2, che riguarda solo l’aggravamento del danno provocato dal danneggiato che abbia contribuito alla causazione dell’evento, in luogo del comma 1 della disposizione che disciplina, correttamente, il concorso del comportamento del creditore al verificarsi dell’effetto dannoso.

Nella valutazione comparativa delle condotte deve necessariamente ritenersi più grave quella dolosa del P., rispetto a quella colposa, per omesso controllo, dell’Istituto di credito;

con ricorso incidentale P.A. eccepisce la tardività della notifica dell’atto di riassunzione per violazione dell’art. 392 c.p.c. e la conseguente estinzione del giudizio di risarcimento del danno, insiste per la integrazione del contraddittorio e sulla chiamata in causa del terzi ( R., C., A. e B.) e sulla inammissibilità o, comunque, improcedibilità delle domande a seguito di conclusione di atto di transazione ex art. 1304 c.c. tra F. e R. e A.;

il ricorso principale, che presenta profili di inammissibilità per difetto di autosufficienza (per non avere il ricorrente trascritto il testo del provvedimento dal quale deriverebbe il giudicato penale che si assume fondato sul contenuto della sentenza penale di questa Corte n. 1247/14 – si veda Cass. 23.3.2010 n. 6973) e perchè richiede alla Corte di legittimità una valutazione esclusivamente in fatto, anche con riferimento al profilo della prevalenza delle responsabilità, è manifestamente infondato. La sentenza penale che dichiara estinto il reato per prescrizione (e che, come nel caso di specie, abbia annullato la decisione di secondo grado relativamente alla qualificazione del reato, ritenuta diversa da quella operata dal Tribunale) non ha efficacia extrapenale, neppure in sede di rinvio ex art. 622 c.p.p.attesa la non applicabilità analogica delle disposizioni di cui agli artt. 651 e c.p.p. segg. (Cass. SSUU n. 1768/11, Sez. L, Sentenza n. 21299 del 09/10/2014 Rv. 632927 – 01 e su caso analogo Cass. 29735/11). Va aggiunto che la Corte territoriale, per probabile errore materiale fa riferimento al disposto dell’art. 1227 c.c., comma 2, mentre la motivazione è correttamente riferita ai principi contenuti nel comma 1 della citata disposizione. Per il resto, le doglianze oggetto del ricorso incidentale sono assorbite, in considerazione dell’esito del ricorso principale;

ne consegue che il ricorso deve essere rigettato e quello incidentale dichiarato assorbito; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

 

Rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 10.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione della Corte Suprema di Cassazione, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2017

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