Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23001 del 21/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/10/2020, (ud. 08/03/2019, dep. 21/10/2020), n.23001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. MUCCI Robert – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21320/2015 proposto da:

V.N., elettivamente domiciliata in Roma, via Severo

Carmignano n. 9, presso lo studio dell’Avv. Mauro Pietrangeli

Bernabei, rappresentata e difesa, disgiuntamente, dagli Avv.

Gianpiero Bonino e Rosario Achille Dell’Abate giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

presso cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 110/22/15 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL PIEMONTE, depositata il 26 gennaio 2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’8 marzo 2019 dal Cons. ROBERTO MUCCI.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. la CTR del Piemonte ha accolto il gravame interposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli avverso la sentenza della CTP di Torino di accoglimento del ricorso di V.N. contro la cartella di pagamento n. (OMISSIS), notificatale il 17 settembre 2010 da Equitalia Nomos s.p.a., per la somma di Euro 24.263,20 a titolo di tributi e sanzioni dovuti da Eurocart s.r.l., di cui la V. era socia al 50 per cento e amministratrice, per gli anni 2001-2003;

2. ha dedotto in fatto la ricorrente di essere stata dapprima titolare dell’impresa individuale “(OMISSIS) di V.N.” e poi, fino ad aprile 2002, socia amministratrice di Eurocart s.r.l. (nella quale era confluita l’impresa individuale), costituita nel 2001 e dichiarata fallita nel dicembre 2002; nella detta qualità le era stato notificato il 23 giugno 2003 un atto di contestazione per varie violazioni fiscali relative al periodo novembre 2001-febbraio 2003;

3. ha ritenuto la CTR, in sintesi, che: a) l’errata indicazione nell’atto di appello della sentenza impugnata (di cui era stato indicato come numero la data della pronuncia) era dovuta a mera svista in quanto, nel prosieguo dell’atto, erano stati correttamente indicati la sezione, il registro generale, la data della pronuncia e la data di deposito, elementi atti ad individuare la sentenza oggetto di gravame, mentre il successivo atto di appello aveva la sola finalità di segnalare il detto errore materiale; b) non era applicabile il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 7, (conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326) poichè la V. rivestiva anche il ruolo di amministratore delegato di Eurocart s.r.l. e le sanzioni erano già state contestate alla società; c) il debito fiscale non era prescritto in quanto l’attivazione della procedura fallimentare (aperta il 10 dicembre 2002 e conclusasi nel 2009 senza soddisfazione della pretesa fiscale) aveva interrotto il decorso del termine prescrizionale;

4. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione V.N. affidato a quattro motivi, cui replica l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con controricorso.

Diritto

RITENUTO

che:

5. con il primo motivo di ricorso V.N. denuncia l’assoluta incertezza della sentenza oggetto di appello in relazione all’art. 348-bis c.p.c., avendo l’Agenzia appellante indicato gli estremi di altra sentenza, in violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, e solo successivamente corretto detta indicazione con nuovo atto di appello tardivamente notificato: secondo la ricorrente, un errore siffatto, in quanto “grave”, non integrerebbe una mera “svista”, come invece ritenuto dalla CTR;

5.1. il mezzo è inammissibile;

5.2. esso infatti non coglie la ratio decidendi offerta dalla CTR, la quale ha ritenuto ininfluente l’errore di trascrizione del numero della sentenza impugnata con il primo gravame – pacificamente tempestivo -, errore meramente segnalato con il secondo atto d’appello senza alcuna integrazione delle difese: la censura, invero attestata sul rilievo formale dell’errore, non attacca tale motivazione ed è pertanto inammissibile, dovendosi per il resto ribadire – come del resto correttamente ritenuto dalla CTR – che “In tema di procedimento tributario, l’erronea indicazione, nel ricorso in appello, degli estremi della sentenza impugnata (che deve essere indicata a termini del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53), non comporta l’inammissibilità dell’impugnazione allorchè sia possibile, attraverso l’esame del contenuto del ricorso, individuare con certezza il provvedimento oggetto dell’impugnazione” (Sez. 6-5, 25 settembre 2014, n. 20324);

5. con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 84, (T.U. delle disposizioni legislative in materia doganale) e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 20, comma 3, nonchè art. 2948 c.c., n. 4, e art. 2943 c.c.: erroneamente la CTR ha ritenuto che l’attivazione della procedura fallimentare avrebbe interrotto la prescrizione quinquennale della pretesa tributaria nei confronti della ricorrente, mentre l’amministrazione finanziaria, stante la distinzione tra la ricorrente V. e la società Eurocart, avrebbe dovuto rendere esecutiva la pretesa nei confronti della ricorrente nel termine quinquennale, ampiamente decorso al momento dell’emissione della cartella esattoriale impugnata;

5.1. il mezzo è manifestamente infondato;

5.2. a prescindere dal complesso delle norme citate dalla ricorrente nella rubrica del motivo, non è esatto il rilievo formulato dalla stessa secondo cui l’attivazione della procedura fallimentare non rientrerebbe tra i casi di interruzione della prescrizione tassativamente indicati dall’art. 2943 c.c.: come ognun sa, a mente della L. Fall., art. 94, la domanda di ammissione al passivo produce gli effetti della domanda giudiziale per tutto il corso del fallimento; inoltre, è principio ricevuto che la domanda di insinuazione nel passivo del credito tributario sospende il corso della prescrizione anche nei confronti del debitore solidale (da ultimo, e tra le tante, Sez. 3, 19 aprile 2018, n. 9638: “La presentazione dell’istanza di insinuazione al passivo fallimentare, equiparabile alla domanda giudiziale, determina, ai sensi dell’art. 2945 c.c., comma 2, l’interruzione della prescrizione del credito, con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale, anche nei confronti del fideiussore del fallito, ex art. 1310 c.c., comma 1”);

6. con il terzo motivo si denuncia violazione del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 7, (conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326), secondo cui le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica: afferma la ricorrente che, stante il principio del favor rei, nella specie dovrebbe applicarsi tale disposizione quale lex posterior più favorevole;

7. con il quarto motivo si denuncia omesso esame del fatto, decisivo e contestato dalla ricorrente, dell’irrogazione delle sanzioni segnatamente per l’evasione dell’imposta erariale sul consumo di energia elettrica del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, ex art. 59, comma 1, lett. c), (T.U. accise), relativamente al periodo febbraio 2002-febbraio 2003 – successivamente alle sue dimissioni dalla carica di presidente del consiglio di amministrazione di Eurocart s.r.l., decorrenti dal 28 novembre 2001 o, al più, dal 14 aprile 2002 (data dell’iscrizione delle dimissioni presso la camera di commercio);

7.1. il terzo e il quarto mezzo – che investono entrambi, nella sostanza, il profilo della pretesa carenza di legittimazione della V. a vedersi imputate le sanzioni e possono pertanto essere scrutinati congiuntamente – sono inammissibili;

7.2. invero, e in termini semplici, le doglianze attengono al merito della pretesa fiscale, ormai irretrattabile non avendo la V. a suo tempo impugnato i relativi atti di contestazione prodromici all’emissione della cartella di pagamento, come esattamente e reiteratamente osservato dalla CTR senza che tali punti della motivazione siano stati debitamente attaccati dalla ricorrente;

7.3. ciò infirma anche la tenuta del quarto mezzo, essendo comunque insussistente l’omissione di motivazione lamentata dalla ricorrente, smentita dalla semplice lettura della sentenza la quale rende evidente (p. 5) che la CTR ha considerato tutti i fatti controversi ai fini del decidere.

8. In conclusione, il ricorso deve essere complessivamente rigettato; spese secondo soccombenza e doppio contributo unificato a carico di parte ricorrente, sussistendone le condizioni di legge.

PQM

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.300,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2020

 

 

 

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