Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23001 del 16/09/2019

Cassazione civile sez. II, 16/09/2019, (ud. 05/07/2019, dep. 16/09/2019), n.23001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28080-2015 proposto da:

COMPAGNIE FRANCAISE D’ASSURANCE POUR LE COMMERCE EXTERIEUR SA,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA N. MARTELLI 40, presso lo

studio dell’avvocato ANDREA RICCI, rappresentata e difesa

dall’avvocato PAOLO BASSO;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA P. DA

PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato MARIO CONTALDI, che lo

rappresenta e difende insieme all’avvocato FABRIZIO GAIDANO;

– controricorrente -4

avverso la sentenza n. 1500/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 04/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi l’Avvocato Basso e l’Avvocato Stefania Contaldi per delega

dell’Avvocato Gaidano.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Compagnie francaise d’Assurance pour le commerce exterieur sa (già Coface Assicurazioni S.p.a. già Coface Service S.p.a.) ha proposto ricorso articolato in diciassette motivi avverso la sentenza n. 1500/2015 della Corte di Appello di Torino, depositata il 4 agosto 2015.

Il Condominio (OMISSIS) resiste con controricorso. Con ricorso del 26 novembre 2010, la Coface Service s.p.a. convenne dinanzi al Tribunale di Biella il Condominio (OMISSIS), esponendo di essere proprietaria di alcune unità immobiliari, adibite ad uffici, site all’interno del Condominio convenuto, e lamentando che l’assemblea condominiale in data 28 ottobre 2010 aveva deliberato l’approvazione del preventivo relativo al 2011, nel quale si era previsto a carico dell’attrice il concorso altresì alle spese di gestione della galleria commerciale adiacente al fabbricato condominiale e del sottostante parcheggio (denominato autorimessa), beni non riferibili alla Coface Service, alla stregua degli artt. 5 e 7 del regolamento del supercondominio e dalle quali la stessa non traeva alcuna utilità. La Coface Service deduceva altresì l’erroneità della quota millesimale attribuitale, la nullità del regolamento del supercondominio, perchè non accettato dal condomino O.G., e la nullità del regolamento del condominio (OMISSIS) approvato dall’assemblea del 18 febbraio 2005. Il convenuto Condominio (OMISSIS) chiese il rigetto dell’impugnazione di delibera ed oppose la validità del regolamento del condominio (OMISSIS) approvato dall’assemblea del 18 febbraio 2005 all’unanimità dei presenti (855,76 millesimi), in seguito allo scioglimento del supercondominio Centro i Giardini, costituente integrazione del regolamento di supercondominio; gli artt. 5 e 7 di tale regolamento esonerano dal concorso alle relative spese le sole unità immobiliari site nelle (OMISSIS). In corso di causa fu adottata nuova delibera assembleare in data 20 settembre 2012, che riconobbe alla Coface Service la quota di 39,39 (e non di 89,39) millesimi e approvò un diverso rendiconto per le annualità dal 2008 al 2011. Il Tribunale di Biella, con sentenza del 13 maggio 2014, dichiarò nulla la delibera impugnata. Il Condominio (OMISSIS) propose appello, che venne accolto con sentenza n. 1500 del 4 agosto 2015 dalla Corte di appello di Torino, la quale, tra l’altro, affermò: 1) che il Regolamento di supercondominio del 24 luglio 2000 era stato validamente votato da un’assemblea autoconvocatasi e approvato all’unanimità dei presenti, pari alla quasi totalità dei condomini, vincolando perciò anche la Coface; 2) che tale primo regolamento era rimasto valido ed efficace, ad esso affiancandosi dal 2005 (in seguito allo scioglimento nei tre condomini (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), per le parti comuni soltanto ad esso appartenenti, il nuovo regolamento del Condominio (OMISSIS); 3) che fosse conforme alle tabelle regolamentari ed alle destinazioni d’uso approvate dai due regolamenti assembleari la impugnata deliberazione del 28 ottobre 2010, relativa all’approvazione del preventivo spese 2011, quanto in particolare al concorso della Coface agli oneri riguardanti la galleria ed i parcheggi sotterranei. La Corte di Torino ritenne inammissibile la domanda ove diretta “a provocare una diversa conformazione dell’edificio condominiale, tale da escludere… da esso quei corpi di fabbrica che lo specifico condomino ritiene estranei”. Ad avviso dei giudici di secondo grado, invece, “la rimodellazione del Condominio, includendo od escludendo corpi di fabbrica, non può essere oggetto di domanda giudiziale, dal momento che essa è di competenza esclusiva dei condomini in sede di eventuale modifica della struttura condominiale, e quindi regolamentare. Il giudice non ha alcun potere per ‘formarè il Condominio: il giudice, preso atto della scelta insindacabile dei costituenti il condominio, si limita alla verifica di legittimità delle decisioni assunte”. In fatto, peraltro, la Corte d’Appello aggiunse che l’unità immobiliare di proprietà esclusiva Coface, ubicata negli edifici (OMISSIS), alla stregua della planimetria allegata nel regolamento del 2005, fosse inclusa nell’edificio che comprende anche la galleria e le autorimesse sotterranee, a nulla rilevando che essa non utilizzasse tali spazi.

La ricorrente Compagnie francaise d’Assurance pour le commerce exterieur sa ed il controricorrente Condominio (OMISSIS) hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Occorre pregiudizialmente disattendere l’eccezione di inammissibilità della procura sollevata dal controricorrente. La procura al difensore apposta a margine o (come nella specie) in calce al ricorso deve infatti considerarsi conferita, salvo diversa volontà, per il giudizio di cassazione e soddisfa perciò il requisito di specialità previsto dall’art. 365 c.p.c. La mancanza o le irregolarità della data (si fa riferimento, in particolare, al luogo ove la stessa venne rilasciata) neppure producono nullità della procura, atteso che la posteriorità del rilascio della procura rispetto alla sentenza gravata si ricava dall’intima connessione con l’atto al quale accede, nel quale la sentenza è menzionata (tra le tante, Cass. Sez. L, 05/11/2012, n. 18915). Va infine considerato come la Coface s.a. fosse costituita già davanti alla Corte d’Appello di Torino in persona del rappresentante D.M.E., il cui nome risulta indicato nella procura apposta in calce al ricorso per cassazione. Trova perciò applicazione il principio secondo cui l’ammissibilità del ricorso per cassazione, proposto da una società, non può essere contestata, sotto il profilo della mancanza di prove circa i poteri di rappresentanza della persona che ha conferito il mandato al difensore, qualora nelle pregresse fasi di merito la medesima persona sia stata in giudizio nella qualità di rappresentante dell’ente, senza che fosse formulata al riguardo tempestiva eccezione (Cass. Sez. U, 01/02/2010, n. 2224).

I. Il primo motivo di ricorso della Compagnie francaise d’Assurance pour le commerce exterieur deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2719 c.c., per avere la Corte di appello erroneamente ignorato il disconoscimento – ribadito a pagina tre della comparsa di costituzione in appello – del regolamento condominiale e della delibera del 2005, nonchè delle planimetrie ad esso allegate, ponendo tali atti a fondamento della sentenza ivi impugnata.

Col secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione alle copie disconosciute dei documenti, in quanto l’erroneo utilizzo da parte della Corte di appello delle copie disconosciute dei documenti avversari avrebbe determinato l’illegittima ripartizione dell’onere della prova.

I.1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso della Compagnie francaise d’Assurance pour le commerce exterieur vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano inammissibili, in relazione al requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Deve, invero, considerarsi che, secondo costante orientamento di questa Corte, a norma dell’art. 2719 c.c., qualora venga prodotta in giudizio la copia fotostatica di una scrittura privata, la cui conformità all’originale non sia attestata dal pubblico ufficiale competente, l’efficacia probatoria dell’atto, sia quanto alla fedeltà della riproduzione che quanto alla scrittura ed alla sottoscrizione, e dunque al suo complessivo contenuto, rimane subordinata alla mancanza di uno specifico ed inequivoco disconoscimento operato, a norma degli artt. 214 e 215 c.p.c., nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla sua produzione (cfr. le più recenti Cass. Sez. 2, 16/01/2018, n. 882; Cass. Sez. 2, 20/02/2018, n. 4053; Cass. Sez. 6 – 1, 13/06/2014, n. 13425). Solo a seguito del tempestivo disconoscimento della fotocopia della scrittura privata, la parte che intende avvalersene è tenuta, quindi, a produrre l’originale (o indicare la ragioni per cui non ne sia in possesso). In giurisprudenza, si è anche sostenuto che la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia va operata in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica altresì degli aspetti per i quali si assume che la copia differisca dall’originale, risultandone altrimenti inalterata l’efficacia probatoria (cfr. Cass. Sez. 3, 03/04/2014, n. 7775; Cass. Sez. 2, del 30/12/2009, n. 28096). D’altro canto, pur ove sia espressamente negata la conformità di una copia all’originale, nei tempi e con le modalità disciplinati dagli artt. 214 e 215 c.p.c., non si avrebbero gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata (che, in difetto di richiesta di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura), in quanto non sarebbe impedito al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni: nella sostanza, il disconoscimento della efficacia probatoria di una copia fotostatica da parte dell’interessato comunque non pone una preclusione formale al riconoscimento ed alla utilizzazione delle scrittura, ma rimane diretto unicamente ad impedire la conferma della rispondenza all’originale, così da non consentire l’utilizzazione della copia come mezzo di prova (Cass. Sez. 3, 21/11/2011, n. 24456; Cass. Sez. 3, 21/04/2010, n. 9439; Cass. Sez. 2, 15/05/1987, n. 4479).

Nel caso in esame, la ricorrente ha genericamente affermato di aver “disconosciuto i documenti prodotti dal Condominio convenuto”… “con la successiva memoria” e di aver poi reiterato tale disconoscimento nella comparsa di costituzione in appello. In tal modo, non viene adempiuto l’onere di indicazione, ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, dell’atto processuale contenente uno specifico ed inequivoco disconoscimento del regolamento condominiale e della delibera del 2005, nonchè delle planimetrie ad esso allegate, operato già nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla loro produzione, con riferimento altresì agli aspetti per i quali si assumeva che le copie differissero dagli originali. Tali carenze di specificità delle censure rendono le stesse inammissibili.

II. Il terzo motivo di ricorso censura “l’omesso esame in ordine al regime di proprietà condominiale o meno e quindi della natura condominiale o meno della galleria commerciale e dell’autorimessa”, per non avere la sentenza impugnata accertato l’estraneità delle porzioni immobiliari di proprietà Compagnie francaise d’Assurance pour le commerce exterieur alla contitolarità della galleria e dell’autorimessa.

Col quarto motivo la ricorrente lamenta la “conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia” sulla medesima questione della condominialità della galleria e dell’autorimessa.

II.1. I motivi terzo e quarto possono essere trattati congiuntamente, per la loro connessione, e risultano infondati. Va dapprima ribadito, a proposito del terzo motivo, come l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Nella specie, il fatto che la “proprietà COFACE” comprendesse anche il diritto di condominio su galleria ed autorimesse, trattandosi di beni inclusi nello stesso complesso edilizio costituente il Condominio (OMISSIS), è stato, in realtà, comunque preso in considerazione dal giudice, nelle pagine da 39 a 42 della sentenza, e per tale ragione la Corte d’Appello ha chiamato la ricorrente a concorrere alle relative spese, ai sensi dell’art. 1123 c.c. Non c’è, dunque, “omesso esame” di fatto, nè c’è un’omissione di pronuncia su domande o eccezioni della ricorrente, la quale, in effetti, intende dolersi non di un difetto di attività del giudice di secondo grado, ma di come la Corte di Torino abbia risolto la questione oggetto di doglianza, in modo che si assume giuridicamente non corretto.

quinto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., “in relazione alle natura condominiale o meno della galleria e dell’autorimessa”, atteso che il mancato accertamento da parte della Corte di appello dell’appartenenza delle porzioni immobiliari in questione alle parti comuni avrebbe erroneamente sollevato il Condominio dall’onere probatorio relativo, presupponendo la natura condominiale di tali beni in assenza di documenti e di un valido negozio giuridico recante unanime manifestazione di volontà.

Il sesto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 922 c.c. e dell’art. 1117 c.c., avendo la Corte di appello di Torino erroneamente applicato gli artt. 1117 e 922 c.c. alla galleria e all’autorimessa, in assenza di idoneo titolo negoziale che le qualificasse come parti comuni del Condominio (OMISSIS).

III.1. Quinto e sesto motivo di ricorso, che possono esaminarsi unitamente, sono fondati nei termini di seguito specificati.

Erra la sentenza impugnata quando afferma che la domanda giudiziale della Coface non potesse tendere “a provocare una diversa conformazione dell’edificio condominiale” e che “la rimodellazione del Condominio, includendo od escludendo corpi di fabbrica, non può essere oggetto di domanda giudiziale, dal momento che essa è di competenza esclusiva dei condomini in sede di eventuale modifica della struttura condominiale, e quindi regolamentare”. Sicchè “il giudice, preso atto della scelta insindacabile dei costituenti il condominio, si limita alla verifica di legittimità delle decisioni assunte”. Così come erra la ricorrente, peraltro, a cercare nei regolamenti di condominio il titolo costitutivo della condominialità della galleria commerciale e dell’autorimessa.

Al pari del condominio negli edifici, anche il c.d. supercondominio (la cui figura è ora riconducibile all’art. 1117 bis c.c., norma poi introdotta dalla L. n. 220 del 2012, e che quindi non regola la fattispecie in esame), viene in essere “ipso iure et facto”, senza bisogno d’apposite manifestazioni di volontà di tutti i proprietari o altre esternazioni e tanto meno d’approvazioni assembleari, sol che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati (quali, ad esempio, il viale d’ingresso, l’impianto centrale per il riscaldamento, i locali per la portineria, l’alloggio del portiere), attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, “pro quota”, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati, cui spetta altresì l’obbligo di corrispondere gli oneri condominiali relativi alla loro manutenzione (cfr. Cass. Sez. 2, 17/08/2011, n. 17332; Cass. Sez. 2, 31/01/2008, n. 2305; Cass. Sez. 2, 28/01/2019, n. 2279).

I regolamenti di supercondominio, di natura assembleare, quale quello del Centro i Giardini e poi del Condominio (OMISSIS), approvati a maggioranza, seppur “dalla quasi totalità dei condomini”, afferendo alla sfera della mera gestione, sono paradigmaticamente diretti a disciplinare la conservazione e l’uso delle parti comuni a più condominii, nonchè l’apprestamento e la fruizione dei servizi comuni, e pertanto le loro disposizioni non possono incidere sull’estensione e sulla consistenza dei diritti di proprietà e di condominio di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni. Le clausole che, eventualmente inserite nel loro contesto, tendano a delimitare tali diritti, sia in ordine alle parti comuni, sia in ordine a quelle di proprietà esclusiva, rivestono natura convenzionale e possono, quindi, trarre validità ed efficacia solo dalla specifica accettazione di ciascuno degli interessati, espressa in forma scritta (arg. da Cass. Sez. 2, 31/08/2017, n. 20612; Cass. Sez. 2, 21/05/2012, n. 8012).

D’altro canto, essendo il giudizio in esame una impugnazione di deliberazione assembleare ex art. 1137 c.c., va considerato come esula dai limiti della legittimazione passiva dell’amministratore una domanda volta ad ottenere l’accertamento della condominialità, o meno, di un bene, ai fini dell’art. 1117 c.c., giacchè tale domanda impone il litisconsorzio necessario di tutti i condomini; ne consegue che, nel giudizio di impugnazione avverso una delibera assembleare, in cui la legittimazione passiva spetta all’amministratore, l’allegazione dell’appartenenza o dell’estraneità di un bene alle parti comuni di un condominio può formare oggetto di un accertamento meramente incidentale, funzionale alla decisione della sola causa sulla validità dell’atto collegiale, ma privo di efficacia di giudicato in ordine all’estensione dei diritti reali dei singoli (arg. da Cass. Sez. 2, 31/08/2017, n. 20612).

Tuttavia, è altresì noto come il nesso di condominialità, presupposto dalla regola di attribuzione di cui all’art. 1117 c.c., è ravvisabile in svariate tipologie costruttive, sia estese in senso verticale, sia costituite da corpi di fabbrica adiacenti orizzontalmente, purchè le diverse parti siano dotate di strutture portanti e di impianti essenziali comuni, come appunto quelle res che sono esemplificativamente elencate nell’art. 1117 c.c., con la riserva “se il contrario non risulta dal titolo”. Elemento indispensabile per poter configurare l’esistenza di una situazione condominiale è rappresentato dalla contitolarità necessaria del diritto di proprietà sulle parti comuni dello edificio, in rapporto alla specifica funzione di esse di servire per l’utilizzazione e il godimento delle parti dell’edificio medesimo. Anzi, la “condominialità” si reputa non di meno sussistente pur ove sia verificabile un insieme di edifici “indipendenti”, e cioè manchi un così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, ciò ricavandosi dagli artt. 61 e 62 disp. att. c.c., che consentono lo scioglimento del condominio nel caso in cui “un gruppo di edifici… si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi”, sempre che “restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dell’art. 1117 codice” (arg. ancora dal già citato art. 1117 bis c.c., introdotto dalla L. n. 220 del 2012). Peraltro, verificare se un bene rientri, o meno, tra quelli necessari all’uso comune, agli effetti dell’art. 1117 c.c., ovvero appartenga ad un unico condominio complesso, costituito, come nella specie, da più fabbricati, in quanto gruppo di edifici che, seppur indipendenti, hanno in comune alcuni beni, suppone valutazioni in fatto, sottratte al giudizio di legittimità. Nella specie, la Corte d’Appello di Torino, nelle pagine 40 e 41 di sentenza, ha ravvisato l’applicabilità delle norme che disciplinano il condominio, perchè il corpo di fabbrica, costituito dall’edificio (OMISSIS) e all’edificio (OMISSIS), dove è ubicata l’unità immobiliare della ricorrente, non è strutturalmente indipendente dalla galleria e dall’autorimessa.

Va tuttavia affermato che i locali sotterranei per autorimesse e la galleria commerciale non costituiscono parti dell’edificio condominiale soggette alla presunzione legale di proprietà comune di cui all’art. 1117 c.c. (nella formulazione di tale norma, ratione temporis applicabile, antecedente alle modifiche introdotte dalla L. n. 220 del 2012).

Le autorimesse ed i locali commerciali, infatti, anche se situati (come nella specie accertato dalla Corte di Torino) nel perimetro dell’edificio condominiale, non sono inclusi fra quelli di proprietà comune elencati nel citato art. 1117 c.c. (neppure sotto l’aspetto di “parte dell’edificio necessaria all’uso comune”) e il condominio non può perciò giovarsi della relativa presunzione al fine di pretendere il contributo di ogni condomino alle relative spese di manutenzione, così come al condomino che adduca di non essere tenuto al detto contributo per non essere comproprietario di tali locali non incombe l’onere della relativa prova negativa (onere probatorio positivo – che incombe invece al condomino il quale, in caso di parti dell’edificio comuni, per la presunzione stabilita dall’art. 1117 c.c., intenda vincere detta presunzione pretendendo la proprietà esclusiva). Al fine di accertare l’obbligo del condomino di sostenere (in misura proporzionale) le spese di manutenzione di un locale non incluso fra quelli di proprietà comune elencati nell’art. 1117 c.c., occorre, quindi, che sia data la prova dell’appartenenza di detti locali in proprietà comune e al fine anzidetto determinante è l’esame dei titoli di acquisto e delle eventuali convenzioni (cfr. Cass. Sez. 2, 22/10/1997, n. 10371; Cass. Sez. 3, 17/08/1990, n. 8376). Nè, ai fini dell’accertamento dell’appartenenza al condominio di galleria ed autorimesse sotterranee, può assumere rilievo il regolamento di condominio di formazione assembleare, o la planimetria ivi riportata, non costituendo il regolamento un titolo di proprietà, ove non si tratti di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini (cfr. Cass. Sez. 2, 03/05/1993, n. 5125).

IV. Col settimo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1136,1421 e 2697 c.c. e dell’art. 66 disp. att. c.c. Si contesta la ricostruzione delle modalità di formazione del regolamento del supercondominio (OMISSIS), contenuta nella sentenza impugnata. Avrebbe errato la Corte di Torino a supporre che tale regolamento fosse stato depositato presso il notaio S.; la scrittura privata venne piuttosto firmata dai condomini in giorni successivi davanti al notaio, senza che mai vi fosse stata una riunione assembleare, nè mai intervenne la firma del condomino O.. La censura contiene la trascrizione di passi di quel regolamento: “i sottoscritti dichiarano: 1: di voler sottoporre a regime condominiale l’intero complesso edilizio in premessa descritto che viene convenzionalmente denominato (OMISSIS); 2: di adottare quale Regolamento di supercondominio quello composto da n. 30 (trenta) articoli e corredato di planimetrie e tabelle millesimali che si allega alla presente scrittura sotto la lettera B”.

IV.1. Questo settimo motivo contiene una censura inammissibile. In realtà, la Corte d’appello ha definito il regolamento che venne depositato presso il notaio S. “ad adesione progressiva di natura assembleare”, recante una disciplina meramente regolamentare del condominio, senza incidere sui diritti soggettivi dei singoli condomini. Si chiariva in sentenza: “esso assume le proprietà comuni e quelle esclusive come altrettanti dati di fatto, non costituendo nè la comunione, nè l’esclusività dominicale”. La Corte di Torino, alla luce dei principi enunciati a proposito dei motivi quinto e sesto di ricorso, ha quindi escluso che l’obbligo della Coface di partecipare alle spese per la autorimesse e la galleria commerciale trovasse fondamento nel regolamento del supercondominio (OMISSIS) del luglio 2000, negando allo stesso una efficacia costitutiva della proprietà comune di tali beni (il che, come prima chiarito, avrebbe imposto l’adozione di una convenzione approvata con il consenso di tutti i partecipanti alla comunione). In tale prospettiva, le critiche rivolte nel settimo motivo di ricorso, in ordine alle effettive modalità di formazione ed al contenuto del regolamento di supercondominio, non si indirizzano nei confronti di argomenti giuridicamente e logicamente rivolti a giustificare la decisione adottata dai giudici di secondo grado, sicchè l’esame di tale censura non risulterebbe in nessun caso idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata. Sulla questione della validità del regolamento depositato presso il notaio S., in definitiva, non c’era interesse della ricorrente a proporre impugnazione, per mancanza di un’obiettiva soccombenza connessa ad una statuizione del giudice d’appello capace di recare pregiudizio alla parte.

V. Con l’ottavo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1135 e 1421 c.c. e dell’art. 68 disp. att. c.c., per avere la Corte di appello erroneamente considerato che i condomini, aderendo alla scrittura in deposito presso il notaio S., avessero così approvato le tabelle millesimali senza il voto necessario di un’assemblea totalitaria.

V.1. L’ottavo motivo di ricorso è inammissibile, ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, in quanto si contrappone ad un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, senza offrire elementi per mutare lo stesso.

In tema di condominio, l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale; ne consegue che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 c.c., comma 2, (Cass. Sez. 2, 25/10/2018, n. 27159; Cass. Sez. U, 09/08/2010, n. 18477).

VI. Il nono motivo censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 1138 c.c. e dell’art. 68 disp. att. c.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ravvisato l’esistenza di “un regolamento ad adesione progressiva di natura assembleare: proposto da taluno dei condomini e via via accertato da altri. Il che è perfettamente legittimo”. Si tratterebbe di una nuova, ma inammissibile, fattispecie genetica di regolamento condominiale.

Il decimo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1326 e 1332 c.c.: ciò perchè la scrittura autenticata dal notaio S. doveva qualificarsi come contratto plurilaterale privo di una firma essenziale.

VI.1. Nono e decimo motivo sono inammissibili per la stessa ragione indicata per il settimo motivo: la critica non è rivolta avverso una essenziale ed effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata e manca un interesse della ricorrente collegato ad un’obiettiva soccombenza sul punto.

VII. L’undicesimo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c. I giudici di secondo grado avrebbero erroneamente sostenuto che il regolamento di supercondominio sopravvivesse alla volontà dei partecipanti all’assemblea del 18 febbraio 2005, con cui venne sciolto il medesimo supercondominio e venne dotato ciascun condominio di una propria regolamentazione specifica.

Col dodicesimo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 1369 c.c. La Corte di appello avrebbe errato nell’affermare che “il regolamento supercondominiale è rimasto valido ed efficace… senza modificazione dei millesimi” e per aver supposto una “continuità” della normativa Condominio (OMISSIS) con il precedente regolamento.

Il tredicesimo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1118 c.c., poichè la suddivisione dell’originario supercondominio in singoli e più piccoli supercondomini ha necessariamente alterato il rapporto tra le parti comuni di questi ultimi e l’unità immobiliare di ciascun condomino, compresa quella di Coface, senza che risulti che tale nuovo apporto sia mai stato nè calcolato nè approvato da alcun atto contrattuale od assembleare.

Il quattordicesimo motivo censura “l’omesso esame del fatto che la galleria commerciale e l’autorimessa sono state associate quoad gestionem al Condominio e non al Supercondominio ridotto”.

Il quindicesimo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 922,1325,1326,1350,1418 e 1421 c.c., per avere la sentenza impugnata erroneamente rilevato che il regolamento del condominio e le relative tavole allegate alla Delib. 18 febbraio 2005 “quale parte integrante”, fossero stati validamente approvati solo da una parte dei condomini rappresentanti mm. 885,16 e nemmeno in forma scritta.

Il sedicesimo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1135 c.c., per avere la Corte di Torino omesso di considerare che la Delib. 18 febbraio 2005 è stata adottata dall’assemblea del Supercondominio e non dall’assemblea del Condominio (OMISSIS).

VII.1. I motivi dall’undicesimo al sedicesimo sono inammissibili analogamente a quanto spiegato per i motivi settimo, nono e decimo. La Corte d’appello ha affermato che pure il “nuovo regolamento condominiale” del 2005 non alterava la situazione di fatto precedente ed aveva mera natura assembleare. Non si trattava, dunque, ad avviso dei giudici di secondo grado, di una convenzione negoziale con cui i condomini intendevano modificare la portata dei loro rispettivi diritti di proprietà ed obblighi di spesa inerenti alla vita del condominio. Di conseguenza, le critiche rivolte nei motivi dall’undicesimo al sedicesimo neppure appaiono idonee a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, nè, a monte, investono questioni risolte in senso sfavorevole alla ricorrente.

VIII. Il diciassettesimo motivo censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 1123 c.c. Secondo la ricorrente, ritenuta la nullità della normativa regolamentare, la Corte d’Appello, dopo aver riconosciuto alla galleria e all’autorimessa natura condominiale, avrebbe comunque dovuto rilevare che l’unità immobiliare di Coface è totalmente autonoma rispetto alle due porzioni in questione.

VIII.1. Il diciassettesimo motivo di ricorso rimane assorbito dall’accoglimento del quinto e del sesto motivo di ricorso, in quanto pone questione che va rimessa all’esame del giudice di rinvio.

IX. Conseguono l’accoglimento del quinto e del sesto motivo di ricorso, l’assorbimento del diciassettesimo motivo, il rigetto del terzo e del quarto motivo e l’inammissibilità dei restanti motivi. La sentenza impugnata va perciò cassata, nei limiti delle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi e provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quinto ed il sesto motivo di ricorso, dichiara assorbito il diciassettesimo motivo, rigetta il terzo ed il quarto motivo e dichiara inammissibili i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata limitatamente alle censure accolte e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di cassazione, il 5 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2019

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