Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22998 del 16/09/2019

Cassazione civile sez. II, 16/09/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 16/09/2019), n.22998

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICARONI Elisa – Presidente –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23881-2015 proposto da:

P.P., rappresentata e difesa dall’avvocato MAURIZIO

LATTANZIO;

– ricorrente –

contro

C.R., PA.LU., G.C., F.T.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 538/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 23/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/06/2019 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.P. e Ga.Gi. convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Asti, C.R., Pa.Lu., G.C. e F.T. per sentire dichiarare l’inesistenza sul terreno di loro proprietà delle servitù di passo carraio, acquedotto, metanodotto e scarico fognario, di fatto esercitate dai suddetti convenuti, con conseguente condanna degli stessi alla rimozione delle opere. Chiedevano, per i soli convenuti C. e Pa., la pronuncia di demolizione del pilastro di testa della loro recinzione sul presupposto dello sconfinamento dell’opera nella proprietà esclusiva di parte attrice.

Gli attori precisavano di essere comproprietari del fabbricato di civile abitazione sito nel Comune di (OMISSIS). Sostenevano gli attori che il proprio fabbricato insisteva su un fondo che apparteneva, in precedenza, ad un unico proprietario ( B.R. e R.R.) il quale, dopo aver proceduto alla divisione in tre lotti, trasferiva ogni lotto a soggetti diversi e cioè: a Ga., a C. Pa. e ai sigg. G. e F.. Nel relativo rogito di trasferimento veniva specificato che i tre lotti “sono serviti da strada della larghezza di tre metri lineari e quattro (due per parte), corrente a cavalcione del confine, detta strada collega la strada comunale (OMISSIS) alla strada privata esistente”. Con la locuzione strada privata in verità si faceva riferimento alla breve rampa di accesso, un tempo delimitata da cancello, costituente parte integrante del lotto acquistata dagli attori e, dunque, di loro esclusiva proprietà. Rappresentavano gli attori che, negli stessi atti di compravendita, veniva dichiarato che tutte le proprietà compravendute avevano diritto di passaggio sulla strada privata esistente a sud per accedere e recedere a e dalla via Rimetti senza che fosse stata convenzionalmente imposta, a carico della suddetta rampa di accesso, alcuna altra servitù di passaggio, quanto meno carraio, di acquedotto, di elettrodotto, metanodotto o di scarico fognario in favore degli altri due lotti.

Sostenevano ancora gli attori che non solo non sussisteva alcuna servitù volontaria ma mancavano anche i presupposti per la costituzione di una servitù coattiva di acquedotto e di metanodotto.

Si costituivano i convenuti contestando il fondamento delle pretese azionate dalle controparti e ne chiedevano il rigetto sul presupposto dell’infondatezza delle stesse in fatto ed in diritto. Spiegavano domanda riconvenzionale per far dichiarare costituita sulla rampa di accesso una servitù di passo carraio per destinazione del padre di famiglia e/o costituita per usucapione. In subordine, chiedevano l’ampliamento coattivo della servitù di passaggio con estensione della stessa ad ogni specie di veicolo previa corresponsione di una equa indennità; che venisse dichiarata acquisita per usucapione una servitù di acquedotto, scarico fognario e metanodotto e/o di costituire le stesse servitù, previo corresponsione di un’equa indennità.

Il Tribunale di Asti, con sentenza n. 730 del 2011: a) condannava C.R. e Pa.Lu. alla demolizione del pilastro di testata di recinzione posta a confine con l’immobile ubicato al foglio (OMISSIS); b) condannava i convenuti alla rimozione delle opere relative al metanodotto; c) dichiarava l’intervenuto acquisto per destinazione del padre di famiglia il passaggio carraio sulla rampa di accesso di proprietà esclusiva della parte attrice; d) dichiarava costituita coattivamente la servitù di acquedotto e di scarico coattivo sulla rampa di accesso di proprietà esclusiva della parte attrice; e) condannava i convenuti al pagamento a favore della parte attrice della somma di Euro 1.500,00; f) Compensava le spese del giudizio.

Avverso questa sentenza, interponevano appello C.R., Pa.Lu., G.C. e F.T. (originari convenuti) chiedendo di rigettare la domanda di rimozione delle opere relative all’impianto di metanodotto che insistevano sulla proprietà esclusiva dei coniugi Ga./ P. nonchè la domanda di demolizione del pilastro di testata di recinzione posta a confine con l’immobile di proprietà degli attori.

Si costituivano gli appellati chiedendo il rigetto del gravame.

La Corte di appello di Torino, con sentenza n. 538 del 2015, accoglieva, parzialmente, l’appello e per l’effetto rigettava la domanda dei coniugi Ga./ P. di rimozione delle opere relative all’impianto di metanodotto insistenti sulla rampa di proprietà esclusiva degli originari attori. Secondo la Corte di Appello di Torino era fondata l’eccezione di carenza di legittimazione passiva degli originari convenuti in ordine alla servitù di metanodotto perchè le tubazioni non erano di proprietà degli originari convenuti ma degli enti gestori del servizio. Pertanto, avrebbe dovuto essere chiamato in giudizio l’ente gestore del servizio di metanodotto e così non era stato.

Andava rigettato l’appello in ordine alla demolizione del pilastro di recinzione perchè lo sconfinamento pur qualificato come modesto era stato ammesso dagli stessi appellanti.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dai coniugi Ga.Gi. e P.P., con ricorso affidato a tre motivi. C.R., Pa.Lu., G.C. e F.T., in questa sede sono rimasti intimati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= I sigg. P.P. e Ga.Gi. lamentano:

a) con il primo motivo di ricorso, violazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame da parte della Corte territoriale di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione, ovvero la proprietà delle tubazioni dell’impianto di metanodotto oggetto della controversia. Secondo i ricorrenti la Corte distrettuale nel dichiarare la carenza di legittimazione passiva degli originari convenuti in merito alla servitù di metanodotto non avrebbe considerato che la tubazione che attraversa la rampa di accesso di proprietà esclusiva dei coniugi Ga./ P. non appartiene alle opere infrastrutturali ma ai convenuti. In particolare, secondo i ricorrenti la tubazione delle infrastrutture del metanodotto si fermerebbe ai punti 307 e 308 indicati dalla perizia e, da questo punto di derivazione, comincia l’impianto di utenza in proprietà C. Pa. e la tubazione di tale impianto correrebbe lungo la rampa di proprietà dei coniugi Ga./ P..

b) con il secondo motivo, violazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’art. 81 c.p.c. e/o 949 c.c., per violazione di legge circa la declaratoria di carenza di legittimazione passiva dei convenuti/appellanti C. Pa. sulla richiesta di rimozione delle tubature dell’impianto metanodotto insistenti sulla proprietà di parte ricorrente. Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale avrebbe errato nel dichiarare la carenza di legittimazione passiva di C. – Pa. perchè non avrebbe tenuto conto che, almeno di una porzione della tubazione di cui si dice, questi ultimi erano proprietari. Infatti, secondo i ricorrenti il punto in cui termina la proprietà dell’Ente erogatore e subentra quella del privato si individua nel rubinetto a valle del gruppo di misura (punto di confine dell’impianto d’utenza). Sicchè la legittimazione passiva dei coniugi C./ Pa. sussisterebbe per quella porzione di impianto che dipartendo dal pozzetto alla base della rampa si inerpica per la stessa per sfociare all’esterno del pilastro di testata il cui abbattimento fu ordinato dal Tribunale e confermato dalla Corte disttettuale.

c) con il terzo motivo i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 in relazione all’art. 81 c.p.c. e/o art. 949 c.c. per apparenza e/o falsità e/o erroneità e/o contraddittorietà e/o perplessità e/o incomprensibilità della motivazione della sentenza circa la declaratoria di carenza di legittimazione passiva dei convenuti appellanti C. Pa., circa la richiesta di rimozione delle tubature dell’impianto di metanodotto insistenti sulla proprietà di parte ricorrente. Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale avrebbe errato nel ritenere la carenza di legittimazione passiva dei coniugi C./ Pa. anche in relazione alla porzione di tubazione che partendo dal pozzetto contenente il rubinetto porta al contatore sovrastante per poi proseguire interrato per la rampa in proprietà di parte ricorrente fino ad uscire esternamente al pilastro di testata inerpicandosi all’esterno di esso e giungendo all’interno della proprietà C./ Pa..

1.1. = I motivi, che per la loro innegabile connessione vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.

Come emerge dal Codice di rete per la distribuzione del gas naturale (Deliberazione del 6 giugno 2006 n. 108/06 come modificato dalle Delib. 2 ottobre 2007, n. 247/07 nonchè Delib. 21 settembre 2009, Arg/Gas n. 129/09, Delib. 14 dicembre 2009, Arg/Gas n. 193/209, e Delib. 15 aprile 2010, Arg/gas n. 53/10), l’impianto del Cliente finale (o impianto d’utenza) è il complesso costituito dall’insieme delle tubazioni e dei loro accessori dal punto di consegna del gas agli apparecchi utilizzatori, questi esclusi, dall’installazione e dai collegamenti dei medesimi, dalle predisposizioni edili e/o meccaniche per la ventilazione del locale dove deve essere installato l’apparecchio, dalle predisposizioni edili e/o meccaniche per lo scarico all’esterno dei prodotti della combustione. Invece, l’impianto di derivazione d’utenza o allacciamento è il complesso di tubazioni con dispositivi ed elementi accessori che costituiscono le installazioni necessarie a fornire il gas al Cliente finale; l’impianto di derivazione di utenza o allacciamento ha inizio dall’organo di presa (compreso) e si estende fino al gruppo di misura (escluso) e comprende l’eventuale gruppo di riduzione; in assenza del gruppo di misura, l’impianto di derivazione di utenza o allacciamento si estende fino all’organo di intercettazione terminale (incluso) della derivazione stessa.

Di qui, la precisazione che la tubazione esterna ai singoli appartamenti ovvero fino all’innesto con il contatore privato o con l’abitazione privata, fa parte dell’impianto infrastrutturale di conduzione del gas che appartiene all’ente gestore del servizio. Nel caso in esame, come chiariscono gli stessi ricorrenti “(…) dal rubinetto sito nel pozzetto descritto nelle foto 1 e 8 da cui si inerpica un tubo esterno che conduce al contatore del gas metano (chiuso da un’anta metallica il quale a norma dell’UNICIG 9036 deve essere all’esterno dell’abitazione) posto a valle delle tubazioni che corrono sotto la rampa per sfociare all’esterno del pilastrò il contatore, che è il punto di consegna del gas,è collocato dopo che il tubo che collega il rubinetto del pozzetto al contatore ha attraversato la rampa oggetto del giudizio, di proprietà dei coniugi Ga./Porta. Sicchè, dovendo considerare come punto di consegna del gas a dove inizia l’impianto di utenza di appartenenza del privato (il punto dove è collocato il contatore), il tubo che attraversa la rampa di cui si dice resta ancora di proprietà dell’ente di gestione della fornitura del gas.

La sentenza è coerente con questi dati normativi e di fatto, non sembra, nonostante non sia esplicita, che abbia trascurato di valutare la situazione di fatto del tubo che attraversa la rampa di proprietà dei coniugi Ga./Porta. Correttamente la Corte distrettuale ha ritenuto che la tubazione che attraversa la rampa di accesso di cui si dice di proprietà degli originari attori non era di proprietà dei convenuti ma dell’ente gestore proprio perchè quella tubazione fa parte delle infrastrutture necessarie per fornire il servizio ai singoli appartamenti ed è ancora al di qua del punto di impianto di utenza.

Di qui l’ulteriore conseguenza che, correttamente, la Corte distrettuale ha escluso la legittimazione passiva dei convenuti specificando che la relativa legittimazione passiva era a carico dei gestori del servizio nei cui confronti andava dispiegata la domanda di negatoria servitutis.

1.2.= Va, altresì, chiarito che la situazione fin qui considerata non muta per il fatto che la Corte distrettuale abbia deciso l’abbattimento del pilastro perchè occupante porzione di terreno di proprietà dei sigg. Ga./ P. perchè”a seguito dello spostamento del pilastro all’interno della proprietà C./ Pa., anche il tubo che si inerpica a ridosso del pilastro dovrà essere spostato riproducendo la stessa situazione attuale.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione dato che C.R., Pa.Lu., G.C. e F.T., in questa sede sono rimasti intimati. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2019

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