Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22994 del 16/09/2019

Cassazione civile sez. II, 16/09/2019, (ud. 14/03/2019, dep. 16/09/2019), n.22994

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 25837 – 2015 R.G. proposto da:

L.E.A., – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliata

in Roma, alla via Cavour, n. 305, presso lo studio dell’avvocato

Loredana Gagliasso che la rappresenta e difende in virtù di procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CEMS COSTRUZIONI s.r.l., – p.i.v.a. (OMISSIS) – in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla

via A. Mordini, n. 14, presso lo studio dell’avvocato Massimiliano

Naccarato che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della corte d’appello di Torino n. 576 dei

13/25.3.2015;

udita la relazione nella camera di consiglio del 14 marzo 2019 del

consigliere Dott. Luigi Abete.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con atto in data 10.12.2008 la “Cems Costruzioni” s.r.l., proprietaria del fondo in territorio del Comune di (OMISSIS), in catasto al foglio (OMISSIS), citava a comparire dinanzi al tribunale di Ivrea L.E.A., proprietaria del fondo limitrofo, in catasto al foglio (OMISSIS).

Chiedeva dichiararsi l’inesistenza di qualsivoglia servitù di passaggio a carico del terreno di sua proprietà ed a favore del terreno della convenuta.

Si costituiva L.E.A..

Premetteva che il terreno di proprietà della società attrice, in origine parte integrante dell’unico appezzamento di spettanza dei suoi genitori, era, a seguito di divisione, pervenuto ai suoi germani, M. e S., i quali avevano poi provveduto, con atto del 12.2.2008, ad alienarlo all’attrice.

Indi esponeva che sin da epoca antecedente al decesso del padre e fino alla data dell’acquisto della “Cems” aveva sempre fatto accesso alla porzione poi divenuta di sua proprietà attraversando la porzione poi acquistata dall’attrice.

Instava per il rigetto dell’avversa domanda.

In via riconvenzionale chiedeva accertarsi e darsi atto dell’intervenuta costituzione per destinazione del padre di famiglia di servitù di passaggio a piedi e con mezzi agricoli a carico del fondo di proprietà della s.r.l. attrice ed a favore del fondo di sua proprietà; in via riconvenzionale subordinata chiedeva accertarsi e darsi atto dell’intervenuto acquisto per usucapione di servitù di passaggio – a piedi e con mezzi agricoli – a carico del fondo di controparte ed a favore del suo fondo.

All’esito dell’istruzione, con sentenza n. 281/2012 il tribunale accoglieva la domanda della s.r.l. attrice e rigettava le riconvenzionali tutte della convenuta. Proponeva appello L.E.A..

Resisteva la “Cems Costruzioni” s.r.l..

Con la sentenza n. 576 dei 13/25.3.2015 la corte d’appello di Torino rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.

Avverso tale sentenza L.E.A. ha proposto ricorso; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

La “Cems Costruzioni” s.r.l. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio di legittimità.

La ricorrente ha depositato memoria.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza o del procedimento in dipendenza della nullità ex art. 132 c.p.c., n. 4, della motivazione.

Premette che, ai fini del riscontro – con riferimento all’epoca in cui ebbe a cessare l’unitaria proprietà dei fondi – dell’apparente soggezione della porzione poi divenuta di proprietà della “Cems” alla porzione poi divenuta di proprietà di ella ricorrente, la corte di merito ha ritenuto inattendibili i testi da ella addotti, giacchè nel corso della loro deposizione hanno fatto riferimento a due fotografie, l’una, reputata irrilevante, l’altra, reputata “artefatta”, ed ha per converso ritenuto attendibili i testi addotti da controparte, giacchè una fotografia aerea del 2007 non fornirebbe visione del tracciato.

Deduce quindi che la corte distrettuale ha erroneamente ricostruito lo stato dei luoghi, sicchè non ha compreso correttamente le dichiarazioni rese dai testimoni escussi.

Deduce altresì che del tutto errata è la “lettura” delle fotografie da ella ricorrente allegate, che la corte ha operato; che la circostanza per cui i testi da ella addotti abbiano riconosciuto nelle fotografie un tratto del percorso da ella seguito “per accedere al proprio fondo, non può e non deve condurre a giudicarli inattendibili” (così ricorso, pag. 20).

Deduce in particolare che dalla lettura delle deposizioni risulta evidente che i testi escussi hanno fatto riferimento alla strada interpoderale o campestre non già quale tracciato della servitù di passaggio, ma unicamente quale tramite per l’accesso al sentiero corrente sulla porzione già di proprietà di M. e L.S. ed oggetto, quest’ultimo, della servitù.

Deduce inoltre che la corte territoriale non ha tenuto conto che la fotografia aerea scattata nel 2007 è di dimensioni tali che non consentono la visione del tracciato lungo il quale veniva esercitato il passaggio.

Deduce infine che, siccome la stessa corte di Torino riferisce, ha provveduto senz’altro ad indicare i punti terminali del sedime di transito.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1061,1062,1158 e 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c.; vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Deduce che ingiustificatamente la corte d’appello non ha tenuto conto delle dichiarazioni testimoniali rese da S. e L.M..

Deduce inoltre che la corte di merito non ha vagliato con prudente apprezzamento le altre prove, da cui “emerge con chiarezza che la ricorrente ha fornito prova dell’apparenza della servitù (…) (e) della “specifica destinazione” dello stradino all’esercizio della servitù” (così ricorso, pag. 29).

Deduce ancora che “le testimonianze assunte (senz’altro attendibili) hanno comprovato l’esercizio ultraventennale della servitù, mediante il passaggio pacifico, costante e non clandestino” (così ricorso, pag. 31).

Deduce ulteriormente che la corte distrettuale ha del tutto omesso l’esame delle dichiarazioni rese dal teste L.M. in ordine ai capitoli di prova n. 11 e n. 12.

Deduce da ultimo che la motivazione dell’impugnata sentenza è “insanabilmente contraddittoria” (così ricorso, pag. 38); che segnatamente il riscontro dell’attendibilità del teste L.M. avrebbe dovuto indurre al riconoscimento della sussistenza del requisito dell’apparenza della servitù al momento della stipula, in data 22.7.1972, della divisione.

I motivi di ricorso sono strettamente connessi; il che ne suggerisce la disamina contestuale; ambedue i motivi comunque sono privi di fondamento.

Si premette che i mezzi di impugnazione si qualificano in via esclusiva in relazione alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Occorre tener conto, per un verso, che con gli esperiti mezzi la ricorrente censura sostanzialmente il giudizio “di fatto” cui la corte territoriale ha atteso in ordine del riscontro del sussistenza nel caso de quo del requisito dell’apparenza necessario ai fini dell’acquisto per destinazione del padre di famiglia ovvero per usucapione della servitù (pretesa dall’originaria convenuta) di passaggio a piedi e con mezzi agricoli; per altro verso, che è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054; cfr. Cass. 11.8.2004, n. 15499).

Ovviamente gli addotti vizi motivazionali rilevano – se del caso – nel segno della novella formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e nei limiti di cui alla pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.

Su tale scorta si rappresenta quanto segue.

Da un canto, nessuna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia delle sezioni unite testè menzionata – e tra le quali di certo non è annoverabile il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – si scorge in relazione alle motivazioni cui la corte di Torino ha ancorato il suo dictum.

In particolare, con riferimento (ai rilievi svolti dalla ricorrente alle pagine 4 – 7 della memoria e quindi) al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte torinese ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.

Specificamente la corte piemontese, in ordine alla contestata – da parte dell’appellante – attendibilità dei testi M. e L.S., interessati – a giudizio della stessa appellante – ad escludere qualsivoglia servitù per non incorrere in “responsabilità da evizione”, ha debitamente puntualizzato che “l’attendibilità di tali testimonianze è almeno pari a quella del marito di parte appellante, che parla esplicitamente del “nostro” fondo pretesamente dominante” (così sentenza d’appello, pag. 41).

D’altro canto, la corte di Torino ha sicuramente disaminato il fatto storico caratterizzante la res litigiosa (“ed allora è evidente che la pretesa apparenza della servitù evapora completamente”: così sentenza d’appello, pag. 42).

In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte d’appello risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo ed esaustivo.

Si tenga conto che la corte di merito ha atteso al debito vaglio della fotografia n. 2, sicchè a nulla vale addurre che la “Cems Costruzioni” “in entrambi i gradi del giudizio mai aveva eccepito la pretesa contraffazione della foto n. 2 del doc. 10” (così ricorso, pag. 27).

Del resto, la ricorrente censura – siccome emerge dall’analitica enunciazione dei passaggi essenziali, dapprima riferiti, dei formulati motivi di ricorso – l’asserita omessa ed erronea valutazione delle risultanze di causa (“l’abbaglio della Corte nella ricostruzione dei luoghi de quibus, causa del successivo stravolgimento dell’istruttoria orale, emerge (…) per tabulas”: così memoria, pag. 2; “valutate prudentemente e correttamente (il che non è stato) le deposizioni testimoniali, il risultato è che l’odierna ricorrente ha sicuramente fornito prova dell’apparenza della servitù”: così memoria, pag. 8).

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

Si badi che già nel vigore dell’abrogato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 questa Corte spiegava che, ai fini di una corretta decisione, il giudice del merito non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. Cass. 10.5.2000, n. 6023).

Da ultimo si rappresenta quanto segue.

In primo luogo, che, in tema di prova testimoniale, la valutazione del giudice di merito in ordine all’attendibilità dei testimoni escussi si sottrae al controllo di legittimità, allorchè (è il caso di specie) sia corredata da motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa vigente in materia (cfr. Cass. 24.5.2013, n. 12988; Cass. (ord.) 4.7.2017, n. 16467).

In secondo luogo, che, in materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).

In terzo luogo, che, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4 solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).

In quarto luogo, che nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del n. 4 del medesimo art. 360 c.p.c. (cfr. Cass. (ord.) 6.7.2015, n. 13928).

L.E.A., giacchè soccombente, va condannata a rimborsare alla “CEMS Costruzioni” s.r.l. le spese – liquidate come da dispositivo – del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, L.E.A., a rimborsare alla controricorrente, “CEMS Costruzioni” s.r.l., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit..

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 14 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2019

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