Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22992 del 21/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 21/10/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 21/10/2020), n.22992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 220-2019 proposto da:

I.V., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO A. SARTI n.

4 presso lo studio dell’avvocato MARCO RUSSO, (STUDIO CAPPONI – DI

FALCO), rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO AZZARELLO;

– ricorrente –

contro

SIRIO SICUREZZA INDUSTRIALE S.c.p.A., ora FCA SECURITY S.c.p.A., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo studio

dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ITALICO PERLINI, GAETANO CAPPUCCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5333/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 02/10/2018 R.G.N. 1590/2018.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza n. 5333 depositata il 2.10.2018, la Corte d’appello di Napoli ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto da I.V. nei confronti di FCA Security S.c.p.A. per violazione dell’art. 434 c.p.c. (novellato con D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012) essendosi limitato, il reclamante, a riproporre le argomentazioni svolte in sede di opposizione (avverso l’ordinanza emessa nella sede sommaria del procedimento L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 47 e ss.), di contenuto generico, senza tenere conto della specifica motivazione della sentenza che aveva dato prevalenza alle deposizioni (“puntuali e concordanti”) di alcuni testimoni rispetto a altri (che avevano rilasciato dichiarazioni “imprecise ed anche in parte contrastanti tra di loro”) in ordine all’uso dei permessi sindacali da parte dello I. per scopo diverso da quello normativamente preordinato;

2. propone ricorso il lavoratore affidandosi a un motivo; la società resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo di ricorso si denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione degli artt. 342 e 434 c.p.c. per aver, la Corte distrettuale, interpretato in maniera inesatta la domanda ed aver fornito una ingiusta motivazione posto che le censure proposte con l’atto di reclamo (che viene riprodotto) si fondavano su una diversa valutazione delle risultanze istruttorie che imponevano al giudice di merito di rivalutarle.

2. il ricorso – pur volendo tralasciare il profilo di inammissibilità per prospettazione delle censure con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione (manca la trascrizione, quantomeno nei tratti salienti, della sentenza del Tribunale emessa in sede di opposizione L. n. 92 del 2012, ex art. 1, commi 51-57, oggetto del reclamo avanti alla Corte distrettuale) – non è fondato;

3. questa Corte ha affermato che gli artt. 342 e 434 c.p.c. (nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012) vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, ovvero la trascrizione totale o parziale della sentenza appellata, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass. Sez. Un. N. 27199 del 2017, citata dalla sentenza impugnata, e, successivamente, Cass. n. 13535 del 2018);

4. la sentenza impugnata ha rilevato che l’atto di reclamo si era limitato a dedurre che “ingiustamente si era data prevalenza a “partigiane” dichiarazioni testimoniali in contrasto con la documentazione esibita, ossia con i verbali delle sedute consiliari”, riproponendo le argomentazioni svolte nell’atto di opposizione (L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 51) senza confrontarsi con la specifica motivazione della sentenza adottata dal Tribunale ed “esponendo soltanto critiche diffuse e non circostanziate”, posto che la sentenza impugnata aveva precisato che “le dichiarazioni di due testimoni, in quanto puntuali e concordanti, dovessero prevalere sulle imprecise ed anche in parte contrastanti tra di loro dichiarazioni degli altri due testi escussi (affermazione quest’ultima rispetto alla quale non vi è alcuna censura) e non fossero smentite dalla documentazione prodotta, in particolare dai verbali delle commissioni consiliari ovvero delle adunanze dei capigruppo”;

5. la Corte distrettuale si è conformata ai principi di diritto innanzi esposti esaminando attentamente il contenuto dell’atto di reclamo proposto da I.V., atto che – al di là della deduzione di uno “squilibrio valutativo” della sentenza dovuto a “una assai poco critica valutazione dei ruoli (e della attendibilità) dei testimoni escussi” ed a “confliggenti risultanze documentali” – non articola una puntuale confutazione delle argomentazioni esposte nella sentenza del primo grado, limitandosi, come lo stesso ricorrente sottolinea ad “una diversa valutazione delle risultanze istruttorie”;

6. in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono la soccombenza come previsto dall’art. 91 c.p.c..

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2020

 

 

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