Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22989 del 11/11/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. VI, 11/11/2016, (ud. 13/07/2016, dep. 11/11/2016), n.22989

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – rel. Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16133/2015 proposto da:

V.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ACQUEDOTTO

PAOLO 22, presso il Signor BIAGIO MARINELLI, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANNA RITA MOSCIONI giusta procura il calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. 795/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA del

20/04/2015, depositata il 12/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA.

Fatto

IN FATTO

Adita in riassunzione ex art. 392 c.p.c. (a seguito di sentenza di cassazione con rinvio n. 15110/14 emessa da questa Corte Suprema) la Corte d’appello di Perugia con decreto del 12.5.2015 rigettava la domanda di equa riparazione proposta da V.F. per la durata irragionevole di una causa che questi aveva instaurato davanti alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale del Lazio, nell’aprile del 2003. Riteneva la Corte distrettuale che sebbene il giudizio presupposto (conclusosi nell’ottobre del 2009) avesse avuto una durata eccedente di tre anni e tre mesi, doveva escludersi un effettivo pregiudizio morale, perchè già al momento della sua proposizione la domanda appariva manifestamente infondata, tant’è che era stata respinta sulla base di una giurisprudenza uniforme del giudice contabile.

Per la cassazione di tale sentenza V.F. propone ricorso, affidato a due motivi.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva. Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e segg. e dell’art. 6, par. 1 CEDU, nonchè il vizio d’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, rispettivamente, in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Sostiene parte ricorrente che il danno non patrimoniale da irragionevole durata del processo non può essere escluso, in conformità alla consolidata giurisprudenza della Corte EDU, in base all’esito della controversia nè a causa della scarsa probabilità di successo dell’iniziativa giudiziale, salvo il caso di lite temeraria; e che nel manifestare il diverso avviso la Corte d’appello non ha fornito una motivazione logica e coerente.

1.1. – Il motivo è infondato.

Questa Corte ha avuto modo di osservare che l’elenco di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, non è tassativo, sicchè l’indennizzo può essere negato a chi abbia agito o resistito temerariamente nel giudizio presupposto, anche in assenza della condanna per responsabilità aggravata, a cui si riferisce la lett. a), potendo il giudice del procedimento di equa riparazione, già prima delle modifiche di cui alla L. n. 208 del 2015, autonomamente valutare la temerarietà della lite, come si desume, peraltro, dalla lett. f), che attribuisce carattere ostativo ad ogni altra ipotesi di abuso dei poteri processuali (Cass. n. 9100/16).

Detta norma non intacca il diverso ambito di esclusione del diritto all’indennizzo derivante da ragioni di carattere obiettivo per l’assenza di un’effettiva situazione di danno non patrimoniale, il quale resta conseguenza normale, ma non per questo automatica e necessaria, della violazione del termine di durata ragionevole del processo (così, in motivazione, Cass. n. 21131/15).

Soluzione interpretativa, questa, che trova ulteriore conferma nel nuovo testo dell’art. 2, comma 2-quinquies, lett. a) Legge Pinto. in base al quale non è riconosciuto alcun indennizzo in favore della parte che ha agito o resistito in giudizio consapevole della infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande o difese, anche fuori dai casi di cui all’art. 96 c.p.c..

1.2. – Nel caso in esame, la Corte distrettuale ha escluso l’esistenza d’un effettivo pregiudizio d’indole morale, sulla base di una motivazione (l’essere stata rigettata la domanda proposta dal Valente innanzi alla Corte dei conti sulla base di una giurisprudenza uniforme del giudice contabile) la cui sufficienza non è più sindacabile a stregua del testo vigente dell’art. 360 c.p.c., n. 5, così come modificato dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile alla fattispecie trattandosi di ricorso per cassazione proposto contro un decreto pubblicato successivamente all’11.9.2012, data di efficacia del suddetto D.L..

2. – Il secondo motivo lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., in quanto il decreto impugnato ha posto a carico dell’odierno ricorrente anche le spese del giudizio di cassazione, nel quale quest’ultimo era risultato vittorioso.

2.1. – Anche tale censura non ha fondamento.

In tema di spese processuali, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicchè non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all’esito finale della lite, può legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, ovvero, addirittura, condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione – e, tuttavia, complessivamente soccombente – al rimborso delle stesse in favore della controparte (Cass. nn. 20289/15, 7243/06 e 4686/92).

3. – In conclusione in ricorso va respinto.

4. – Nulla per le spese, non avendo il Ministero dell’Economia e delle Finanze svolto attività difensiva in questa sede.

5. – Rilevato che dagli atti il processo risulta esente dal pagamento del contributo unificato, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 13 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA