Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22985 del 16/09/2019

Cassazione civile sez. I, 16/09/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 16/09/2019), n.22985

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17562/2015 proposto da:

NT Food S.p.a., già Nuova Terra S.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,

Circonvallazione Clodia n. 120, presso lo studio dell’avvocato

Piermarini Alessandro, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato Ciollaro Biagio, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Alpipan S.r.l., in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Caio Mario n. 27, presso lo

studio dell’avvocato Magni Francesco A., che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Salotti Michele, giusta procura in

calce ai controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 455/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

pubblicata il 12/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/06/2019 dal cons. Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Firenze con sentenza n. 455/2015 pubblicata il 12 marzo 2015, in riforma della sentenza del Tribunale di Lucca, dato atto della coesistenza al 20 novembre 2009 del credito della Alpipan srl per 50.000,00 Euro e del contrapposto credito di Nuova Terra srl per 47.115,84 Euro, pronunciava la compensazione giudiziale dei due crediti e per l’effetto revocava il decreto ingiuntivo emesso su ricorso di Alpipan srl nei confronti della Nuova Terra srl, condannando la Nuova Terra srl al pagamento in favore di Alpipan srl della somma residua di 2.884,16 Euro, oltre ad accessori di legge.

La Corte territoriale, in particolare, ha ritenuto che il contratto di associazione in partecipazione stipulato dalle parti prevedesse un’obbligazione alternativa a carico dell’associante nell’ipotesi di recesso dell’associata: la restituzione immediata del finanziamento di 50.000,00 Euro (di cui vi era quietanza al punto 3 del contratto) oppure la restituzione dilazionata in un anno, previo rilascio di idonea fideiussione alla controparte.

La Corte territoriale, inoltre, accertava la sussisteva dei presupposti per disporre la compensazione giudiziale tra i contrapposti crediti delle parti, atteso che in data 28/11/2009, vale a dire entro un anno dal recesso, era divenuto esigibile il contro credito dedotto da Nuova terra srl nei confronti di Alpipan srl.

Ad avviso della Corte territoriale, nonostante il decreto ingiuntivo fosse stato chiesto in presenza dei relativi presupposti, gli eventi sopravvenuti in corso di causa, vale a dire la già menzionata sopravvenuta esigibilità del credito, ne imponevano la revoca, con determinazione del credito residuo in favore di Alpipan srl.

La Corte d’appello condannava inoltre la Nuova Terra al pagamento delle spese di lite in favore di Alpipan.

Per la cassazione di tale pronuncia propone ricorso, con tre motivi, NT Food spa, già Nuova Terra srl.

Alpipan srl resiste con controricorso.

In prossimità dell’odierna adunanza la NT Food spa ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), l’omesso esame del fatto che in corso di giudizio essa ricorrente aveva specificamente contestato la fideiussione prestata da Alpipan, che costituiva condizione di procedibilità della dilazione di dodici mesi per la restituzione del finanziamento, ex art. 8 del contratto di associazione in partecipazione, per la ragione che la suddetta fideiussione non “copriva” gli interessi maturandi.

Il motivo è inammissibile.

La Corte d’appello non ha infatti pronunciato su tale eccezione, onde il vizio eventualmente prospettabile non è riconducibile all’omesso esame di un fatto decisivo, di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5) ma, se del caso, al diverso vizio di nullità della sentenza di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4). In ogni caso, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, la ricorrente non riporta nel corpo del ricorso il contenuto dell’atto di impugnazione della sentenza del tribunale, al fine di consentire la verifica che la questione della validità fosse stata ritualmente proposta come motivo di gravame della sentenza di primo grado, limitandosi a dedurre (a pag. 15 del ricorso) di aver affermato, nell’atto di impugnazione, che la condizione della fideiussione non si era realizzata a causa della mancata copertura dell’importo degli interessi maturandi.

Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., censurando la statuizione che, pur riconoscendo la (parziale) fondatezza dell’appello, ha tuttavia affermato che l’instaurazione non solo del giudizio di opposizione, ma anche del giudizio di appello erano stati determinati dal comportamento di essa ricorrente, già appellante.

Il terzo motivo di ricorso censura la medesima statuizione della sentenza impugnata sotto il profilo della violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4), per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ed inesistenza della motivazione.

I motivi che in quanto connessi vanno unitariamente esaminati sono fondati.

Conviene premettere che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, in tema di spese processuali, il potere di disporre la compensazione delle spese è riservata al prudente apprezzamento del giudice di merito ed il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; esula invece da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione di opportunità di compensare o meno le spese di lite nell’ipotesi di soccombenza reciproca, anche avuto riguardo alla complessiva valutazione del comportamento processuale delle parti (Cass. 8421/2017; 15317/2013).

Nel caso di specie, tuttavia, la Corte territoriale ha fondato la pronuncia di soccombenza non già sul complessivo esito della lite, come imposto dall’art. 91 c.p.c., ma facendo riferimento ad un elemento di per sè inidoneo ad incidere sulla dinamica processuale, vale a dire il fatto che Alpipan, già vincitrice nel giudizio di primo grado, avesse notificato all’odierna ricorrente un precetto per un importo minore rispetto a quello cui liquidato in suo favore dalla sentenza di primo grado.

Tale comportamento di Alpipan, peraltro, non integra comportamento concludente, in quanto non implica rinuncia tacita alla maggiore somma liquidata in suo favore dalla sentenza di primo grado, attesa la facoltà di richiedere successivamente la differenza tra la somma portata in precetto e l’ulteriore importo liquidato dal primo giudice.

Da ciò discende la necessità per l’odierna ricorrente di proporre impugnazione avverso la sentenza di primo grado al fine di impedirne il passaggio in giudicato e la conseguente erroneità della statuizione del giudice di appello. Ed invero la Corte territoriale, da un lato ha affermato la fondatezza dell’appello e dall’altro ha ritenuto che l’appellante, odierna ricorrente, fosse “soccombente sostanziale” in entrambi i giudizi di primo e secondo grado.

Tali statuizioni sono contraddittorie.

In assenza di una formale rinuncia da parte di Alpipan al maggior credito riconosciuto in suo favore dalla sentenza di primo grado, come già evidenziato, la proposizione dell’impugnazione da parte dell’odierna ricorrente risultava strumentale al riconoscimento delle proprie ragioni ed integrava anzi l’unico mezzo per evitare gli effetti pregiudizievoli del passaggio in giudicato di una pronuncia ad essa sfavorevole. Non può dunque ritenersi che l’instaurazione del giudizio di appello sia imputabile all’odierna ricorrente, le cui pretese sono state in gran parte accolte (solo) all’esito di quel giudizio. Considerato l’esito dell’impugnazione ed il suo accoglimento, la statuizione di soccombenza sostanziale e la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del grado non risulta dunque conforme a diritto.

In conclusione, respinto il primo motivo di ricorso, vanno accolti il secondo ed il terzo motivo.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze.

P.Q.M.

La Corte respinge il primo motivo di ricorso. Accoglie il secondo e terzo motivo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della corte d’Appello di Firenze.

Così deciso in Roma, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2019

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