Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22981 del 21/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 21/10/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 21/10/2020), n.22981

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19182-2017 proposto da:

CONSORZIO DI BONIFICA N. 8 DI RAGUSA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIOVANNI AURISPA n. 10, presso lo studio dell’avvocato ANDREA CORVO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GUGLIELMO RUSTICO;

– ricorrente –

contro

P.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 230/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 07/03/2017 R.G.N. 942/2015.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’Appello di Catania, decidendo sul gravame proposto dal Consorzio di Bonifica n. 8 di Ragusa avverso la sentenza del Tribunale di quella stessa città, ha confermato l’accertamento dell’invalidità già del primo dei diciassette contratti di lavoro a tempo determinato intercorsi con P.M., disponendone la conversione e ciò in riforma della pronuncia di prime cure che aveva invece accolto soltanto, in misura di 12 mensilità di retribuzione, la domanda risarcitoria, rispetto alla quale il ristoro veniva ridotto in appello a 4 mensilità;

la Corte territoriale, rispetto al primo rapporto inter partes, intercorso dal 16.8.2000 al 31.12.2000, riteneva che l’adibizione del ricorrente, quale operaio comune, alla manutenzione ordinaria, escludesse l’esistenza di ragioni contingenti o eccezionali, comunque non provate in causa, con riferimento ad ipotizzati incrementi rilevanti delle attività manutentive, per la cui prova riteneva inidonei anche i generici capitoli dedotti dal Consorzio;

la Corte ricostruiva altresì il succedersi delle leggi regionali, per concluderne che, nel periodo di assunzione di cui al predetto contratto, stante la natura di ente pubblico economico del Consorzio, non sussistesse alcun vincolo di previo concorso pubblico e quindi dovesse trovare applicazione la regola generale di conversione a tempo indeterminato;

2. avverso tale sentenza il Consorzio ha proposto sei motivi di ricorso per cassazione, poi illustrati da memoria, mentre il P. è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. preliminarmente si rileva che il ricorso per cassazione risulta regolarmente notificato, a mezzo posta elettronica certificata, con documentazione telematica che è munita dell’attestazione cartacea di conformità ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, comma 1 bis e 1 ter e D.L. n. 179 del 2012, art. 11-undecies, comma 1, in riferimento al ricorso stesso ed agli allegati relativi alla sua trasmissione e ricezione presso il legale dell’intimato, attestanti l’avvenuta consegna in data 26 luglio 2017 e quindi tempestivamente rispetto alla sentenza pubblicata il 7 marzo 2017;

il primo motivo, attinente alla censura della pronuncia di rigetto dell’eccezione di inammissibilità (per genericità) dell’appello del P. è stato rinunciato e quindi su di esso non vi è luogo a pronunciare;

2. con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione della L. n. 230 del 1962 e della L. n. 56 del 1987, art. 23 nonchè dei riconnessi CCNL, oltre ad omesso esame di un fatto decisivo;

il Consorzio sostiene in particolare che il CCNL avrebbe consentito l’assunzione di operai “avventizi” e che nel contratto individuale vi era riferimento esplicito alle norme del CCNL relative proprio a tale tipologia di lavoratori;

il terzo motivo afferma invece la violazione dell’art. 115 c.p.c., sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe trascurato il contratto di assunzione e la relativa delibera autorizzativa, in cui si faceva riferimento all’urgenza degli interventi manutentori;

con il quarto motivo si deduce sempre la violazione dell’art. 115 c.p.c., con riferimento al rigetto da parte della Corte territoriale dell’istanza di ammissione della prova testimoniale dedotta al fine di provare tipologia e natura delle mansioni svolte dal lavoratore;

2.1 i predetti motivi vanno esaminati congiuntamente, riguardando tutti la validità del termine contrattuale ritenuto illegittimo dalla Corte territoriale e non possono trovare accoglimento;

la sentenza afferma esplicitamente che l’assunzione del ricorrente avvenne quale “operaio comune” e nel proporre viceversa, con il secondo motivo, una qualificazione dell’incarico come relativo ad un operaio “avventizio”, il Consorzio non riporta il testo del contratto individuale e tanto meno i passaggi di esso con cui sarebbero state richiamate le norme collettive relative appunto agli operai avventizi;

non diversamente, il richiamo del terzo motivo ad una delibera autorizzativa in cui si sarebbe fatto riferimento a interventi manutentori urgenti (da cui evidentemente il Consorzio intenderebbe far desumere l’eccezionalità e temporaneità dell’esigenza) è operato senza procedere alla trascrizione di tale atto, che dunque resta solo genericamente menzionato;

la formulazione dei motivi si pone dunque in contrasto con i presupposti di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, (Cass. 24 aprile 2018, n. 10072) e di autonomia del ricorso per cassazione (Cass., S.U., 22 maggio 2014, n. 11308) che la predetta norma nel suo complesso esprime, con riferimento in particolare, qui, ai nn. 4 e 6 della stessa disposizione, da cui si desume la necessità che la narrativa e l’argomentazione siano idonee, riportando anche la trascrizione esplicita dei passaggi degli atti e documenti su cui le censure si fondano, a manifestare pregnanza, pertinenza e decisività delle ragioni di critica prospettate, senza necessità per la S.C. di ricercare autonomamente in tali atti e documenti i corrispondenti profili ipoteticamente rilevanti (v. ora, sul punto, Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34469);

quanto poi alla capitolazione testimoniale in essa si afferma il carattere avventizio dell’attività manutentiva svolta, con riferimento alla stagione primaverile ed a successive assunzioni autunnali di 14/16 giorni;

la ricostruzione fattuale così sviluppata risulta dunque oggettivamente in contrasto con un’assunzione, quella del contratto il cui termine è stato poi ritenuto illegittimo, ininterrotta dal 16 agosto al 31 dicembre 2000;

tale contraddittorietà rende la ricostruzione e la relativa capitolazione prive di decisiva conferenza rispetto alla decisione assunta su quel primo contratto a termine, sicchè il motivo anche in parte qua va disatteso;

in sostanza, da quanto sopra, con il rigetto dei corrispondenti motivi, deriva la definitività dell’accertamento dell’illegittimità del termine apposto al predetto contratto;

3. il quinto motivo di ricorso assume la violazione di norme di diritto, individuate nella L.R. Sicilia n. 49 del 1981, art. 3 nella L.R. Sicilia n. 14 del 1958, artt. 6, 7 e 9 e L.R. Sicilia n. 12 del 1991, art. 3 oltre che nell’art. 97 Cost., sostenendosi l’erroneità dell’assunto della Corte territoriale in ordine al fatto che non vi sarebbe necessità di pubblico concorso per la generalità dei rapporti con gli enti pubblici della Regione Sicilia;

questa Corte, con specifico riferimento ai Consorzi di Bonifica, confermando vari precedenti di senso analogo e ponendosi sulla scia di Corte Costituzionale n. 80 del 2018, ha ritenuto, con sentenza 9 gennaio 2019, n. 274, alla cui motivazione si fa rinvio anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., che “la L.R. Sicilia n. 76 del 1995 non deroga al divieto di assunzione a tempo indeterminato dettato dalla L.R. n. 45 del 1995, art. 32 ma si pone in linea di continuità sistematica con quest’ultima”, sicchè “in caso di violazione dei limiti posti dalla L.R. n. 76 del 1995, artt. 3 e 4 per il ricorso al contratto a tempo determinato da parte dei consorzi di bonifica della Regione Sicilia”, regolati mediante rinvio alla disciplina di cui alla L. n. 230 del 1962 “non è consentita la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato”;

pertanto, il motivo, pur erroneo nella normativa sostanziale di cui si assume la violazione, è fondato ove sostiene l’impossibilità giuridica di convertire a tempo indeterminato i rapporti a termine intercorsi con i Consorzi di Bonifica della Regione Sicilia, operando, quanto alla individuazione della corretta normativa della cui violazione si tratta, il principio iura novit curia;

4. con il sesto motivo il Consorzio afferma l’erroneità della liquidazione del danno sulla base della disciplina della L. n. 183 del 2010, art. 32 sul presupposto che non sussisterebbe la nullità del termine apposto al contratto intercorso con il P.;

secondo quanto argomentato e precisato al punto 2.1 è tuttavia evidente come l’accertamento dell’illegittimità del termine apposto al primo contratto tra le parti sia oramai definitivo e dunque il motivo, per come formulato, resta assorbito;

peraltro, la pronuncia sul risarcimento, calibrata dalla Corte rispetto all’ipotesi di conversione a tempo indeterminato di tale contratto, non può che restare caducata, ai sensi dell’art. 336 c.p.c., quale effetto dell’annullamento di quanto disposto in tal senso, dovendosi semmai essere valutati ex novo, i profili risarcitori, alla luce dell’accertata illegittimità del termine di cui al primo contratto inter partes, nonchè della più ampia situazione fattuale e contrattuale (17 successivi contratti a tempo determinato a partire dal 8.6.2000) di cui è menzione nella narrativa contenuta nella stessa sentenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2020

 

 

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