Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2298 del 26/01/2022

Cassazione civile sez. II, 26/01/2022, (ud. 27/10/2021, dep. 26/01/2022), n.2298

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28015-2016 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA GONDAR 22,

presso lo studio dell’avvocato MARIA ANTONELLI, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati MAURIZIO PANIZ, LILIANA BIANCHI;

– ricorrente –

contro

T.E.G., M.M., S.S.,

SA.MA., S.G., SA.SE., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA LUIGI BELLOTTI BON 10, presso lo studio dell’avvocato

FRANCESCO VETRO’, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato LUCA GADENZ;

– controricorrenti –

contro

SA.GI.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 609/2015 del TRIBUNALE di BELLUNO, depositata

il 07/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2021 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN;

lette le conclusioni del P.M. IN PERSONA DEL SOTITUTO PROCURATORE

GENERALE DOTT.SSA CERONI FRANCESCA, che chiede l’accoglimento del

ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.G., Sa.Gi., M.M., Sa.Se., Sa.Ma. e S.S. ebbero ad evocare in causa, avanti il Giudice di Pace di Feltre, S.M. per sentire ordinare al convenuto l’immediata cessazione del suo transito con mezzi pesanti sul cortile, sito in comune amministrativo e censuario di (OMISSIS) ed allibrato in catasto al (OMISSIS), di proprietà comune e risarcire i danni prodotti a seguito di detto transito.

Resistette S.M. proponendo eccezioni preliminari, contestando la fondatezza della pretesa avversaria nel merito e svolgendo domande riconvenzionali.

Ad esito della trattazione istruttoria della causa, il Giudice di Pace feltrino ebbe ad accogliere le domande proposte dagli attori ed a rigettare quelle riconvenzionali svolte dal convenuto.

S.M. gravò la decisione avanti il Tribunale di Belluno, che, resistendo gli originari attori, rigettò l’impugnazione parzialmente, in quanto accolse l’appello con riguardo alla sola regolamentazione delle spese di lite.

Osservava il Giudice cadorino come le eccezioni di incompetenza – funzionale e per valore – del Giudice di Pace e di carenza di legittimazione di alcuni degli attori erano prive di pregio giuridico e nel merito, operando riferimento all’esito della consulenza tecnica e della prova testimoniale assunta in causa, ritenne corretta la decisione impugnata in relazione all’ordine di cessare il transito con mezzi pesanti sul cortile comune ed in relazione all’accoglimento della richiesta risarcitoria avanzata da alcuni degli attori.

S.M. ha proposto ricorso per cassazione articolato su otto motivi.

Resistono con controricorso S.G., Sa.Se., S.S., Sa.Ma., T.E.G. e M.M., illustrato anche con nota difensiva.

Sa.Gi., benché regolarmente vocato, è rimasto intimato.

All’odierna udienza pubblica, in difetto di istanza di discussione orale, era acquisita la requisitoria scritta del P.G. – accogliersi per quanto di ragione il ricorso – ed il Collegio decideva la questione siccome illustrato nella presente sentenza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da S.M. s’appalesa privo di fondamento e va rigettato.

Con la prima ragione d’impugnazione svolta il ricorrente denunzia violazione della norma ex art. 281 sexies c.p.c. con conseguente nullità della sentenza impugnata, poiché il Giudice cadorino in udienza non lesse né il dispositivo né la motivazione della decisione siccome appare dalla circostanza di fatto che la stessa risulta depositata ben otto mesi dopo l’udienza di discussione, come attestato dal Cancelliere in calce al provvedimento.

La censura s’appalesa infondata posto che, se anche risulta documentato che la sentenza impugnata venne deposita in cancelleria non già il giorno di svolgimento della udienza di discussione orale, siccome previsto dall’art. 281 sexies c.p.c., bensì solo il 7.3.20216, come attestato dal Cancelliere in calce al provvedimento, tuttavia detta irregolarità, non già, comporta la nullità della sentenza bensì incide esclusivamente sul decorso del termine – nella specie osservato – di proposizione dell’impugnazione.

Difatti è insegnamento di questo Supremo Collegio – Cass. sez. 2 n. 19338/20, Cass. sez. 1 n. 10453/14 – che l’inosservanza delle forme ex art. 281 sexies c.p.c. per la pronunzia di sentenza da parte del Giudice non assuma rilievo posto che la legge non correla a tale inosservanza la sanzione di nullità e comunque la sentenza risulta esistente in quanto successivamente depositata completa secondo le forme di legge.

In realtà il mancato rispetto delle forme di decisione secondo lo schema ex art. 281 sexies c.p.c. potrebbe aver inciso sulla facoltà delle parti di depositare scritture difensive finali, posto che la decisione appare in effetti assunta secondo lo schema ex art. 352 c.p.c., ma nella specie il ricorrente non deduce vizio di nullità sotto detto profilo.

Con la seconda doglianza il S. denunzia violazione delle disposizioni normative ex artt. 7 e 9 c.p.c. ed artt. 1102 e 844 c.c. poiché il Tribunale cadorino non ha accolto la reiterata eccezione di incompetenza funzionale del Giudice di Pace, posto che la domanda azionata in causa era tesa ad inibire l’uso del bene comune e, non già, a regolarne il godimento – materia questa rimessa a detto Giudice -.

Inoltre il Giudice d’appello ha errato nel ritenere infondata anche la questione di competenza funzionale correlata alla richiesta di ristoro danni, posto che questa risulta correlata ad immissioni illecite che ebbero a danneggiare il fabbricato – limitrofo alla corte comune – di alcuni degli originari attori, benché tale materia non funzionalmente di competenza del Giudice di Pace in quanto la fonte genetica delle immissioni illecite diversa da quella prevista dall’art. 7 c.p.c., comma 3, lett. c).

Sempre nell’esposizione del secondo motivo di censura, il ricorrente denunzia anche omesso esame di fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5, posto che il Giudice cadorino avrebbe omesso di valutare che il danno ai fabbricati limitrofi alla corte comune, non già, furono provocati dall’immobile in signoria esclusiva del ricorrente, bensì dal transito dei suoi mezzi pesanti sulla corte comune.

Inoltre, il Tribunale non avrebbe considerato che il cortile pertinente alla sua abitazione – dove si recavano i mezzi pesanti che attraversavano il cortile comune – era urbanisticamente destinato ad uso commerciale sicché, comunque, non era applicabile il citato art. 7 c.p.c., comma 3 per radicare la competenza funzionale del Giudice di Pace.

L’articolata censura mossa s’appalesa priva di pregio posto che, come rettamente segnala anche il P.G., non già risulta vietato al comunista in assoluto il transito con propri mezzi sul fondo comune, bensì solamente il passaggio con mezzi pesanti.

Dunque la controversia verte squisitamente in tema di regolamento dell’uso della corte comune sita tra le case di abitazione di alcuni deli comproprietari, ossia materia affidata ex art. 7 c.p.c. – Cass. sez. 2 n. 11861/15 – al Giudice di Pace.

Non assume rilevo nemmeno l’osservazione che nella specie l’immissione illecita – scuotimento – non derivava dall’immobile in signoria esclusiva di S.M. verso il quale i mezzi pesanti erano diretti, posto che detti scuotimenti illeciti erano generati nel cortile comune e danneggiavano le case d’abitazione di comunisti site a confine con il citato bene comune.

Dunque non concorre né la violazione della norma afferente la competenza per materia né il dedotto omesso esame, poiché la critica elaborata fondata su tesi alternativa retta da dato di fatto – immobile dal quale provengono le immissioni illecite – autonomamente postulato dal ricorrente senza confronto con la ricostruzione fattuale e giuridica operata dal Tribunale nella sua decisione.

Con il terzo mezzo d’impugnazione il S. rileva violazione delle disposizioni in tema di competenza ex artt. 7,9 e 10 c.p.c. e nullità della sentenza impugnata per violazione delle regole di diritto poste dagli artt. 132 e 161 c.p.c., in quanto il Giudice cadorino ha disatteso la sua eccezione di incompetenza per valore del primo Giudice senza esporre alcuna motivazione al riguardo.

Inoltre il Tribunale non avrebbe considerato che egli ebbe a proporre domande in via riconvenzionale d’accertamento del suo diritto al transito sul bene comune e sul fondo identificato dal mappale 308 non determinate nel loro valore con conseguente competenza per valore del Tribunale.

L’articolata censura è priva di fondamento sotto entrambi i profili indicati.

Difatti in tema di error in procedendo – quale pacificamente è la questione di competenza – non assume rilievo la motivazione resa dal Giudice, bensì questa Corte Suprema è Giudice del fatto processuale e deve verificare se il dedotto vizio sussiste oppure no – Cass. sez. 2 n. 20716/18, Cass. sez. 1 n. 16164/15 -. Quindi non ha rilievo il dedotto vizio di motivazione posto che, in ordine al valore della domanda di ristoro danni, in difetto di quantificazione della somma pretesa, come nella specie, la stessa si deve ritenere contenuta nei limiti di competenza del Giudice adito ex art. 14 c.p.c. – Cass. sez. 3 n. 15714/07 -, come chiesto espressamente, per altro, dagli attori nelle conclusioni finali di prime cure.

Quanto alla domanda di accertamento del dritto del ricorrente a godere del bene comune anche per il transito con mezzi pesanti all’evidenza la stessa appare speculare alla domanda di regolamento dell’uso del bene comune e quindi in essa contenuta, mentre in relazione alla domanda di poter transitare sul fondo ex mappale 308 la censura difetta di autosufficienza.

Difatti dalla sentenza si rileva che l’odierno ricorrente ebbe ad eccepire l’incompetenza con riguardo alla domanda proposta dagli attori ed il Giudice di Pace a rilevare ex officio la questione di competenza correlata alla destinazione commerciale del fondo del convenuto.

Non risulta sollevata da alcuna delle parti né rilevata dal Giudice la questione di competenza in relazione alla domanda afferente la libertà di transito sul fondo ex mappale (OMISSIS).

Quindi era onere di specificità della censura precisare, da parte del ricorrente, quando e come la questione di competenza sotto il profilo ora agitato in sede di legittimità fu sollevata o rilevata nei termini di cui all’art. 38 c.p.c.

Con la quarta ragione di doglianza parte ricorrente deduce violazione del disposto ex art. 100 c.p.c., nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 e 161 c.p.c. nonché omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto il Tribunale ha esposto motivazione meramente apparente in relazione alla riproposta eccezione di carenza di legittimazione di alcuni degli originari attori.

Difatti, osserva il S., il Giudice d’appello s’e’ limitato a richiamare la statuizione sul punto adottata dal Giudice di Pace, a sua volta fondata su motivazione apparente, senza illustrare le ragioni della sua decisione.

Inoltre il S. deduce omesso esame di fatto decisivo, in via alternativa rispetto alla precedente vizio di nullità, posto che il Tribunale cadorino non ha considerato che gli attori ebbero a proporre domanda tesa ad inibire il transito con mezzi pesanti sulla corte comune per le immissioni illecite – rumori, scuotimenti e fumi – provocate, ma non ha rilevato che solo alcuni degli originari attori vivono effettivamente nelle case limitrofe alla corte comune, sicché solo questi potevano lamentarsi delle immissioni moleste ed illecite.

La censura s’appalesa priva di fondamento posto che in effetti la motivazione del rigetto dell’eccezione di carenza di legittimazione di alcuni fra gli originari attori risulta presente nella sentenza impugnata ed è corretta.

Difatti il Tribunale ha operato specifico richiamo sul punto alla statuizione del Giudice di Pace, il quale ebbe a porre in evidenza che la legittimazione di tutti gli attori derivava dalla circostanza di fatto che erano comproprietari della corte comune oggetto della domanda tesa a regolarne l’uso.

Un tanto viene confermato dalla stessa ragione critica mossa dal ricorrente sub specie omesso esame, poiché individua la carenza di legittimazione, non già, perché Se., S. e Sa.Gi. non comproprietari del fondo comune, bensì non residenti in loco.

Se un tanto può aver rilievo circa il pregiudizio da immissioni illecite, di certo non rileva ai fini della legittimazione nella causa afferente la regolamentazione dell’uso del bene comune.

Con la quinta ragione di doglianza S.M. rileva violazione del disposto ex artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 1102 c.c. e art. 41 Cost., vizio di nullità per violazione delle regole ex artt. 132 e 161 c.p.c. nonché omesso esame di fatto decisivo, poiché il Giudice cadorino ha esposto motivazione meramente apparente a sostegno della sua statuizione di inibizione del transito con mezzi pesanti, non esponendo le ragioni alla base della sua decisione.

Inoltre, ad opinione del S., il Tribunale non ha considerato che è consentito al comunista usare il ben comune anche al fine di perseguire suo particolare fine e, nemmeno, che il transito avveniva per finalità del suo commercio ossia la fonte di sostentamento sua e della famiglia in quanto il suo fondo a destinazione commerciale era intercluso e collegato alla via pubblica esclusivamente attraverso la corte comune.

Ancora il Giudice cadorino non aveva rilevato che il transito avveniva da molti anni e in modo conforme alla destinazione d’uso del cortile, positivamente osservata, posto che anche gli altri comunisti lo attraversavano con mezzi di vario tipo.

Infine il ricorrente lamenta come il Tribunale ebbe a malamente valutare il risultato della prova orale, specie con relazione all’esercizio del transito da parte sua che si configurava siccome mera modalità più intensa di uso del bene comune.

Con la settima ragione di impugnazione il ricorrente lamenta nullità della sentenza impugnata per violazione delle norme ex artt. 132 e 161 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. nonché omesso esame di fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5, posto che il Giudice bellunese non ha motivato, se non definendo infondata la pretesa, la statuizione di rigetto della sua domanda di accertamento del diritto a transitare con mezzi pesanti sul cortile comune, omettendo così anche di esaminare le sue difese al riguardo.

I due motivi d’impugnazione, in quanto afferenti la medesima questione, possono esser trattati unitariamente – come anche indicato dal P.G. – e sono privi di fondamento giuridico.

Difatti il Giudice cadorino ha puntualmente, anche se non organicamente, proceduto, nell’ambito della complessiva motivazione della sentenza, all’esame delle risultanze istruttorie e fondato la sua decisione sulla valutazione delle stesse, sicché le contestazioni mosse non sussistono ovvero configurano mera tesi alternativa di parte.

Nel corpo della motivazione il Giudice opera riferimento specifico ai risultati della consulenza tecnica ed esamina partitamente le evidenze della prova orale assunta in causa, concludendo per l’esistenza del pregiudizio agli altri comunisti provocato dal transito con mezzi pesanti da parte del ricorrente sul cortile comune.

Inoltre il Giudice d’appello s’e’ puntualmente confrontato con le argomentazioni difensive, riproposte anche in questa sede, del S. ritenendole non fondate sulla scorta del ricordato esame del compendio probatorio acquisito in causa, sicché nemmeno risulta fondata la doglianza di cui al settimo motivo di ricorso in quanto, bensì nella sentenza con riguardo alle difese del ricorrente risulta esposta la proposizione riportata nel ricorso, ma la stessa regge tutta la successiva argomentazione svolta dal Tribunale ad illustrazione della sua statuizione d’infondatezza delle censure mosse con l’appello.

Infondatezza che, come dianzi osservato in punto competenza, deriva necessariamente anche dall’accoglimento della domanda degli originari attori, trattandosi di accertamento speculare attinente alla medesima questione giuridica.

Con il sesto motivo d’impugnazione S.M. deduce violazione del disposto ex art. 2043 c.c., nullità per violazione delle norme ex artt. 132 e 161 c.p.c. nonché omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, poiché il Giudice cadorino ha confermato la statuizione di sua condanna al ristoro dei danni verso alcuni degli originari attori con motivazione apparente, poiché apodittica, senza illustrare le ragioni che lo hanno portato a ritenere non fondate le sue critiche al riguardo.

Inoltre il Giudice d’appello ha ritenuto concorrente il nesso eziologico tra le fessurazioni palesate dagli edifici degli attori e gli scuotimenti determinati dal transito dei mezzi pesanti, benché il consulente tecnico avesse messo in evidenza che le fessurazioni si erano palesate in zona dell’edificio che venne ristrutturata e fosse pervenuto alla conclusione della riferibilità al transito delle stesse sulla scorta di sua immotivata opinione.

Infine nel confermare la quantificazione del danno, il Tribunale s’e’ discostato dalle conclusioni del consulente esponendo a sostegno di tale sua statuizione motivazione illogica ed irrazionale.

La censura appare priva di fondamento posto che si sostanzia nella proposizione di tesi fondata su propria valutazione delle risultanze della consulenza e nella prospettazione di vizi motivazionali inesistenti.

Come dianzi già ricordato il Giudice ha illustrato non organicamente il suo ragionamento sulle varie questioni sottoposte alla sua decisione, tuttavia l’olistica lettura della motivazione resa nella decisione consente di individuare come il Giudice cadorino ebbe a puntualmente esporre le ragioni della sua decisione in punto conferma del riconoscimento del risarcimento danni e della quantificazione del relativo ristoro.

Difatti, in più punti della motivazione, il Giudice cadorino ha esposto e fatte proprie le argomentazioni rese dal consulente tecnico con relazione alla sua conclusione che le fessurazioni palesate dagli edifici, limitrofi alla corte comune, potevano con ragionevole probabilità esser ricondotte eziologicamente al transito dei mezzi pesanti richiamando la ragione fattuale – scivolamento dei coppi – fondante detta conclusione.

E lo stesso ricorrente nel suo argomento critico ricorda come il consulente tecnico appunto ebbe a concludere per la concorrenza del nesso causale ma, significativamente, oblitera ogni cenno alla giustificazione data – scivolamento dei coppi – limitandosi a definire detta conclusione immotivata.

Quanto alla quantificazione del danno, la differenza tra l’importo fissato dal consulente nella relazione del gennaio 2009 e quanto statuito dal primo giudice nella sentenza del febbraio 2010, la stessa appare ancorata all’osservazione – puntualmente riprodotta in sentenza impugnata – che il consulente ebbe a fissare il costo delle riparazioni al momento della sua valutazione – gennaio 2009 – ma anche a sottolineare – continuando i transiti – la probabilità di un aumento esponenziale del pregiudizio.

La frase della sentenza riprodotta nell’argomento critico, non già, afferisce alla giustificazione della maggior tassazione del danno stabilita nella sentenza resa dal primo Giudice nel 2010 – retta come visto dall’osservazione del consulente del peggiorare significativo del danno nel tempo perdurando il transito -, bensì all’argomento logico di critica, proposto dall’appellante, fondato sul lungo protrarsi del transito nel tempo e sulla misura assai ridotta del pregiudizio palesato.

Dunque la critica svolta non attinge l’effettiva ratio decidendi sul punto palesata nella decisione impugnata.

Con l’ottava ed ultima doglianza il S. contesta la violazione delle norme ex artt. 112 e 116 c.p.c. ed art. 2043 c.c., nullità per omessa motivazione ed omesso esame di fatto decisivo, poiché il Tribunale non avrebbe preso in considerazione la sua domanda di ristoro dei danni provocati al suo edificio dai lavori di ristrutturazione eseguiti sull’edificio degli attori, operando invece cenno alle risultanze della sua consulenza di parte afferente l’edificio degli attori e non il suo.

Inoltre il Tribunale, con relazione alla sua domanda riconvenzionale, afferente gli ostacoli al transito presenti sul fondo sub mappale (OMISSIS) collocati dagli attori, ha operato riferimento all’interclusione del suo fondo circostanza irrilevante in quanto il passaggio era assicurato dal transito sulla corte comune – mappale (OMISSIS) – ed ignorato i risultati del compendo probatorio acquisiti in causa al riguardo.

La censura in tutte le sue articolazioni appare inammissibile poiché pecca di non autosufficienza risultando fondata su affermazioni apodittiche ed in parte di difficile comprensione.

Con relazione alla domanda di ristoro dei danni subiti dal proprio edificio a cagione della condotta degli avversari in causa, parte ricorrente evoca erronea comprensione, da parte del Giudice cadorino, del cenno operato all’elaborato del proprio consulente di parte, ma un tanto – se anche fondato – non supera l’accertamento presente nella sentenza impugnata che egli non ebbe ad offrire prova alcuna a suffragio della sua domanda.

Difatti l’argomento critico non indica specifica prova versta in causa della quale il Tribunale ha omesso la valutazione, ma solo richiama l’errata citazione ex se irrilevante, in quanto la statuizione si fonda sulla mancata prova dell’esistenza del danno di cui il ricorrente chiede il ristoro.

Con relazione alla questione afferente la libertà del passaggio sul fondo sub mappale (OMISSIS), non solo, non viene precisato come si colloca nella vicenda, posto che oggetto della causa risulta esser il transito sulla corte comune, individuata pacificamente dal mappale (OMISSIS); non solo, a conforto della censura, viene evocato risultato probatorio relativo all’ingombro collocato su detta corte comune e, non già del fondo individuato dal mappale (OMISSIS); ma nemmeno viene specificato il collegamento tra la questione afferente detto fondo ulteriore con la questione dibattuta in causa.

Al rigetto del ricorso segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna di S.M. alla rifusione verso le parti resistenti costituite, in solido fra loro, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario secondo tariffa forense. Concorrono in capo al S.M. le condizioni di legge per il pagamento della somma ulteriore pari al contributo unificato, ove dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna S.M. a rifondere ai resistenti costituiti, in solido fra loro, le spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 5.500,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA