Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22979 del 02/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 02/10/2017, (ud. 20/06/2017, dep.02/10/2017),  n. 22979

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1447-2014 proposto da:

F.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI SAVORELLI

63, presso lo studio dell’Avvocato ISABELLA NEGRO e rappresentata e

difesa dall’Avvocato SUSANNA CARO, per procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

B.D., elettivamente domiciliata a ROMA, VIA EMILIO DE’

CAVALIERI 11, presso lo studio dell’Avvocato ALDO FONTANELLI, che la

rappresenta e difende per procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e

S.R.L. TELPRI e C.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1526/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 4/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/06/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

Fatto

I FATTI DI CAUSA

La corte d’appello di Firenze, con la sentenza n. 1526 del 4/10/2013, ha, tra l’altro, dichiarato l’inammissibilità dell’appello incidentale tardivamente proposto da F.L. nei confronti della sentenza con la quale il tribunale di Firenze, nel 2007, in forza di due contratti preliminari, sottoscritti in data 17/12/1998 ed in data 14/1/1999, aveva disposto, a norma dell’art. 2932 c.c., il trasferimento in favore di B.D. di un “locale uso laboratorio oltre terreni e locali di pertinenza” ed un “terreno ad uso agricolo”.

La corte, dopo aver premesso che la F. si era costituita nel giudizio d’appello affermando di “avere concluso i contratti relativi agli immobili de quo in piena consapevolezza e coscienza e di avere percepito i conseguenti emolumenti”, ha rilevato che la stessa, nel corso del giudizio, a seguito della costituzione di un nuovo difensore, ha proposto querela di falso incidentale, chiedendo l’accertamento della falsità delle sottoscrizioni apposte sui contratti preliminari dedotti in giudizio e, quindi, il rigetto delle domande della B..

La corte, tuttavia, ha ritenuto che, nel caso di specie, difettassero i presupposti che giustificano l’introduzione del giudizio di falso, per mancanza di rilevanza dei documenti impugnati: la F., infatti, ha osservato la corte, ha proposto la querela di falso in funzione di una nuova conclusione di merito, e cioè il rigetto delle domande dell’attrice, proponendo, quindi, un appello incidentale che, tuttavia, in quanto proposto oltre i termini previsti dall’art. 343 c.p.c., è tardivo e, quindi, inammissibile; d’altra parte, ha aggiunto la corte, la F. è priva d’interesse, non risultando soccombente rispetto alle relative conclusioni di merito.

F.L., con ricorso spedito per la notifica il 10/1/2014, ricevuto il 14 ed il 15/1/2014 e depositato il 20/1/2014, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza, notificata il 15/11/2013.

Ha resistito, con controricorso spedito per la notifica il 24/2/2014, ricevuto il 28/2/2014 da Telpri s.r.l. e C.M. nonchè dalla ricorrente (come dalla stessa ammesso nella memoria depositata il 9/6/2017) e depositato il 11/3/2014, B.D..

La ricorrente ha depositato, il 9/6/2017, una memoria.

Il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale, dr. Lucio Capasso, ha depositato, in data 23/5/2017, le proprie motivate conclusione, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, intitolato “violazione degli artt. 70, 71, 158, 161 e 221 in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3”, la ricorrente ha censurato la decisione impugnata per non avere la corte provveduto a comunicare al pubblico ministero, a prescindere dall’ammissibilità o meno della querela, la sua proposizione, affinchè lo stesso potesse intervenire, in tal modo violando l’art. 221 c.p.c., comma 3, il quale prevede che nei giudizi relativi alla proposizione della querela di falso l’intervento del pubblico ministero è obbligatorio, con la conseguenza che, in mancanza, il giudizio, a norma dell’art. 70 c.p.c., comma 1, n. 5, è nullo.

2. Il motivo è infondato. Nel giudizio di falso, infatti, l’intervento del pubblico ministero è necessario nella fase relativa all’accertamento del falso e non anche nella fase preliminare in cui si decide dell’ammissibilità dell’azione e della rilevanza del documento, poichè soltanto con l’effettiva promozione di accertamenti della falsificazione denunciata si coinvolge il generale interesse all’intangibilità della pubblica fede dell’atto, che l’organo requirente è chiamato a tutelare, tant’è che, a norma dell’art. 222 c.p.c., quando è proposta querela di falso in corso di causa, deve essere interpellata la parte che ha prodotto il documento, non anche le altre parti del giudizio (Cass. n. 12444/2000, in motiv.; Cass. n. 5902/2002). D’altra parte, nel caso, come quello di specie, in cui la querela di falso è proposta in appello, la corte, a norma dell’art. 355 c.p.c., deve limitarsi a verificare che il documento impugnato sia rilevante per la decisione della causa, provvedendo, in caso positivo, a sospendere il giudizio ed a fissare alle parti un termine perentorio per la riassunzione dalla causa di falso davanti al tribunale: nessun altro incombente è richiesto, tanto meno quello di comunicare al pubblico ministero la proposizione della querela.

3. Con il secondo motivo, intitolato “violazione degli artt. 221,222 e 355 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3”, la ricorrente ha censurato la sentenza gravata per aver ritenuto inammissibile la querela di falso laddove il giudice d’appello, una volta che la querela sia stata ritualmente proposta a norma dell’art. 221 c.p.c., deve limitarsi a valutare la rilevanza, ai fini della decisione, dei documenti impugnati.

4. Il motivo è infondato. E’ noto che la querela di falso configura il procedimento, diretto ad accertare l’autenticità o la falsità della prova documentale. Essa si propone o in modo autonomo, vale a dire con citazione avente come unico oggetto la dichiarazione della falsità del documento, ovvero in via incidentale in corso di causa, nella quale viene prodotto un documento considerato rilevante ai fini della decisione. Peraltro, anche quando venga proposta incidentalmente, la querela di falso integra un’azione a sè, posto che persegue un proprio risultato particolare, consistente nell’accertamento della verità o della falsità di un documento rilevante ai fini della decisione della causa principale:

accertamento da pronunziarsi con sentenza, che, una volta passata in giudicato, fa stato a tutti gli effetti. In virtù dell’art. 9 c.p.c., la competenza a conoscere le cause concernenti la querela di falso è riservata per materia al tribunale. Pertanto, anche quando viene proposta in via incidentale, il giudice, davanti al quale querela è incidentalmente proposta, deve rimettere la causa relativa alla sola querela di falso al tribunale competente, ai sensi dell’art. 34 c.p.c.. Se la causa principale pende davanti alla corte di appello, il collegio come prima detto – è tenuto, a norma dell’art. 355 c.p.c., a compiere l’indagine preliminare volta ad accertare l’esistenza o meno dei presupposti, che giustificano l’introduzione del giudizio di falso, e cioè se la querela proposta a norma dell’art. 221 c.p.c. e se il documento impugnato di falsità sia rilevante ai fini della decisione della causa. A seguito dell’esito positivo di tale indagine, la corte non può decidere in merito all’incidente, ma deve sospendere il procedimento di appello, per consentire la riassunzione della causa falso davanti al Tribunale.

La rilevanza del documento ai fini della decisione dev’essere, tuttavia, valutata in concreto, e cioè con esclusivo riguardo alle domande ed alle eccezioni delle parti che, in forza delle rispettive conclusioni, la corte d’appello è chiamata a valutare e decidere (Cass. n. 12263/2009, per cui, allorchè una delle parti impugni di falso taluni documenti di causa ostativi all’accoglimento delle proprie domande od eccezioni, legittimamente il giudice non autorizza la presentazione della querela di falso, ove ritenga inammissibili quelle domande od eccezioni ad esempio perchè tardive ex art. 345 c.p.c.): se, dunque, la querela di falso è proposta in funzione di un appello che, per una ragione o per l’altra, è inammissibile, deve escludersi che il documento impugnato sia rilevante ai fini della decisione sulla causa per come, in concreto, la stessa si è venuta a delineare: e ciò anche se si tratta di un documento che, ove fosse stato riconosciuto falso, avrebbe determinato il rigetto della domanda inizialmente proposta.

Nel caso di specie, la querela di falso proposta dalla F. è dichiaratamente funzionale all’accoglimento dell’appello incidentale che la stessa ha proposto – nel corso del giudizio (v. il ricorso, p. 4) – nei confronti della sentenza impugnata: si tratta, tuttavia, di un appello che, in quanto proposto nel corso del giudizio (avendo la F. inizialmente chiesto il rigetto dell’appello principale della Telpri e dell’appello incidentale della C.), è senz’altro tardivo e, come tale, inammissibile, essendo noto, infatti, che l’appello incidentale dev’essere proposto, a pena di decadenza, nel termine stabilito dall’art. 343 c.p.c., comma 1, vale a dire nella comparsa di risposta depositata ai sensi dell’art. 166 c.p.c..

5. Con il terzo motivo, intitolato “violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver affermato l’inammissibilità dell’appello incidentale che la stessa aveva proposto per carenza di interesse, laddove, al contrario, l’interesse ad impugnare può sussistere anche nel caso, come quello di specie, in cui la parte è stata condannata al pagamento delle spese di lite.

6. Il motivo è assorbito dall’infondatezza del secondo: una volta che l’appello incidentale è inammissibile, perchè tardivo, risulta evidente l’irrilevanza della questione relativa alla sussistenza, o meno, dell’interesse alla sua proposizione.

7. Il ricorso dev’essere, in definitiva, rigettato.

8. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate, di ufficio, in motivazione.

9. La Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle S.G. pari al 15% del compenso ed accessori come per legge. Dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012,, art. 1, comma 17.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2017

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