Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22976 del 16/09/2019

Cassazione civile sez. I, 16/09/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 16/09/2019), n.22976

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1946/2018 R.G. proposto da:

E.T., rappresentato e difeso dall’avvocato Giorgetti Marco

del foro di Ancona per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 25/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/06/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 9815/2017 depositato il 25-11-2017 e comunicato a mezzo pec il 27-11-2017 il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso di E.T., cittadino della Nigeria, avente ad oggetto il riconoscimento della protezione internazionale. Il richiedente, nel riferire la propria vicenda personale, aveva dichiarato di essere fuggito per timore di essere accusato dell’omicidio del responsabile del mercato di Uwelu, dove vendeva i suoi prodotti. Esaminando nel merito le domande, il Tribunale ha ritenuto, in conformità a quanto affermato dalla Commissione territoriale, che fossero inverosimili i fatti narrati dal richiedente. Il Tribunale, rilevato altresì che il richiedente non era in possesso di documenti di identità e non aveva chiarito perchè ne fosse privo, ha in ogni caso ritenuto che le vicende narrate fossero di natura privata e concernenti la giustizia comune e che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale e politico-economica della Nigeria, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “In riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4: nullità del decreto impugnato – vizio di ultrapetizione o extrapetizione del provvedimento”. Rileva che il Tribunale ha motivato circa i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato ed invece detta forma di protezione non era stata chiesta dal ricorrente.

2. Il motivo è infondato.

Non ricorre alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto il dispositivo è aderente alla domanda avanzata, avendo comunque il Tribunale, nel dispositivo, respinto il ricorso e quindi la domanda di riconoscimento al diritto della protezione sussidiaria ed umanitaria; solo nella parte motiva vi è un accenno allo status di rifugiato, ritenuto insussistente. Questa Corte ha infatti chiarito (Cass. n. 2830/1997 e Cass. n. 2121/2019) che il vizio di ultrapetizione non riguarda le ragioni di fatto o di diritto poste a base della sentenza, ma solo il dispositivo e ricorre quando il giudice, con la statuizione emessa, trascenda i limiti fissati dalle contrapposte richieste ed eccezioni delle parti, cosicchè è irrilevante che il giudice, pur contenendo la sua decisione nei limiti del “petitum”, aggiunga nella motivazione altre e diverse argomentazioni.

3. Con il secondo motivo lamenta “In riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3: violazione e falsa applicazione della legge: D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Vizio di motivazione”. In relazione all’affermazione circa l’insussistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria, ad avviso del ricorrente il Tribunale ha elencato una serie di criticità del sistema sociale nigeriano, ma ha di seguito contraddittoriamente concluso per l’insussistenza della protezione invocata dal richiedente. Richiama le statuizioni delle sentenze di merito allegate, relative alle vicende di richiedenti provenienti, come il ricorrente, dall’Edo State.

4. Il motivo è inammissibile.

In riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria il Giudice ha ritenuto, con un percorso argomentativo adeguato, senza che sia ravvisabile l’anomalia motivazionale come delineata dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. S.U. n. 8053/2014), l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine, escludendo così il diritto alla protezione sussidiaria. La situazione politica del paese di origine – la Nigeria – è stata analizzata dal giudice territoriale, che ha escluso, dopo ampia motivazione e indicando le fonti di conoscenza (report Easo del 4-9-2017), l’esistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente. La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (Cass., S.U., n. 8053/2014 citata).

5. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione della legge: D.Lgs. n. 18 del 2014, di recepimento della Direttiva 2011/95/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13/12/2001 – Vizio di motivazione”. Deduce che il legislatore nazionale, nel recepire la Direttiva Europea del 2011, non aveva richiamato l’art. 8, afferente alla protezione interna al Paese d’origine, anche in riferimento ad una situazione di pericolo in una sola porzione del territorio. Ad avviso del ricorrente, in Italia non è pertanto possibile considerare solo una porzione di un Paese terzo, ed invece il Tribunale di Ancona, nella motivazione, aveva dato rilievo all’assenza di rischi solo nell’area di provenienza del ricorrente (Edo State).

6. Il motivo è infondato.

La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che “in tema di protezione internazionale dello straniero, il riconoscimento del diritto ad ottenere lo “status” di rifugiato politico, o la misura più gradata della protezione sussidiaria, non può essere escluso, nel nostro ordinamento, in virtù della ragionevole possibilità del richiedente di trasferirsi in altra zona del territorio del Paese d’origine, ove egli non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi, atteso che tale condizione, contenuta nell’art. 8 della Direttiva 2004/83/CE, non è stata trasposta nei D.Lgs. n. 251 del 2007, essendo una facoltà rimessa agli Stati membri inserirla nell’atto normativo di attuazione della Direttiva” (Cass. ord. n. 2294 del 16/02/2012; Cass. 8399/2014; Cass. 28433/2018).

Nella fattispecie in esame, tuttavia, la sentenza impugnata non afferma che lo straniero, tornato in patria, deve trasferirsi in zona diversa da quella di provenienza ma, al contrario, che proprio nella zona di provenienza del ricorrente – Edo State – non sussistono situazioni di violenza e pericolo in caso di rimpatrio, sicchè non ricorre la violazione di legge denunciata, nè sussiste contrasto con i principi di diritto affermati da questa Corte e sopra richiamati.

7. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta “In riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3: violazione e falsa applicazione della legge: D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1 c-ter, regolamento di attuazione- vizio di motivazione”. In relazione alla reiezione della richiesta di protezione umanitaria, denuncia il vizio di violazione di legge e di motivazione apparente, non avendo il Tribunale ravvisato lo specifico rischio di vulnerabilità del richiedente, nonostante l’esistenza di una situazione di instabilità ed insicurezza del Paese di origine.

8. Il motivo è inammissibile.

La giurisprudenza di questa Corte ha precisato che “La protezione umanitaria, nel regime vigente “ratione temporis”, tutela situazioni di vulnerabilità – anche con riferimento a motivi di salute – da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente. Ne deriva che non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di ” estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico” (Cass. ord. n. 3681/2019). La valutazione deve essere autonoma, nel senso che il diniego di riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie non può conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, essendo necessario che l’accertamento da svolgersi sia fondato su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (Cass. n. 28990/2018). Ciò nondimeno il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato ed il potere istruttorio ufficioso può esercitarsi solo in presenza di allegazioni specifiche sui profili concreti di vulnerabilità (Cass. n. 27336/2018).

Nel caso di specie il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte dei giudici di merito, che hanno escluso con idonea motivazione, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono, nonchè facendo applicazione dei principi di diritto suesposti, l’esistenza di fattori particolari di vulnerabilità del ricorrente, valutando le allegazioni dello stesso e le informazioni sul Paese di origine, e ritenendo recessivo, in comparazione, il percorso di integrazione.

Le doglianze, oltre che genericamente formulate, si risolvono, inammissibilmente, in una ricostruzione dei fatti difforme da quella accertata dal giudice di merito.

9. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.

10. Nulla deve disporsi sulle spese del presente giudizio, atteso che il Ministero è rimasto intimato.

11. Poichè il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2019

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