Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22973 del 10/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 10/11/2016, (ud. 16/09/2016, dep. 10/11/2016), n.22973

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11817-2015 proposto da:

D.M.A., D.M.G., D.M.B.,

elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR PRESSO LA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’Avvocato CIRO CENTORE giusta

mandato in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE SPA, (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 4980/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI;

udito l’Avv. Ciro Centore difensore dei ricorrenti che si riporta

agli scritti;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. SESTINI DANILO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

E’ stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c..

“1. Il D.M. impugnano per cassazione la sentenza con cui, confermando la sentenza di primo grado, la Corte di appello di Napoli ha rigettato la domanda di indennizzo e risarcimento del danno avanzata dagli odierni ricorrenti per l’illegittima posa di condutture dell’Enel sotto il tracciato di una strada di cui sono comproprietari.

2. La Corte ha rilevato, fra l’altro, che i cavi erano stati posati per consentire la fornitura dell’energia elettrica ad altri comproprietari e che, “ai sensi dell’art. 1102 c.c. ogni comproprietario può usare del bene comune senza pregiudicare il pari utilizzo degli altri, cosa che è avvenuta nel caso di specie”, evidenziando che “l’utilizzo della strada comune per installare l’impianto di elettrodotto costituisce semplicemente un uso più intenso della cosa comune, che non ne modifica la destinazione originaria”; ha escluso, inoltre, che vi fosse “alcuna prova del nesso eziologico tra la realizzazione dell’impianto di elettrodotto e gli ulteriori danni dedotti dagli appellanti”.

3. Col primo motivo, i ricorrenti deducono la “violazione dell’art. 360 c.p.c., sub n. 3 e 5” per avere la Corte “richiamato impropriamente l’art. 1102 c.c.” e sostengono che non poteva trovare applicazione “il principio dell’aggravio di servitù”, in quanto non sussisteva, in capo al Comune di Roccamonfina o all’Enel, alcun “titolo di proprietà o… di possesso” su un fondo da individuare come dominante.

Col secondo motivo, deducono la “violazione dell’art. 360 c.p.c., sub 3 e 5″ per avere la Corte ritenuto non provato il nesso eziologico fra i lavori compiuti dall’Enel e i danni subiti dalla parte attrice:

rilevano che, al contrario, dalla relazione di c.t.u. era risultata confermata la sussistenza del nesso.

4. Il primo motivo è inammissibile, in quanto – a prescindere dalla genericità- non coglie la ratio sottesa alla decisione, che, senza ipotizzare alcun aggravio di una servitù, si è limitata a richiamare l’applicazione della previsione dell’art. 1102 c.c. in punto di utilizzo della cosa comune.

Il secondo motivo è parimenti inammissibile, sia perchè sollecita un diverso apprezzamento di merito in ordine alla ricorrenza del nesso causale, sia perchè omette di trascrivere – nella misura necessaria – il contenuto della relazione di c.t.u. su cui si basa e di indicarne la sede di reperimento nell’ambito degli atti processuali.

5. Si propone pertanto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso (senza condanna alle spese, in difetto di attività difensiva da parte degli intimati)”.

A seguito della discussione svolta in camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, rilevando altresì – quanto al secondo motivo – che lo stesso è comunque inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse a seguito della ritenuta inammissibilità del primo motivo.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, senza condanna alle spese di lite.

Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016

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