Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22963 del 29/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 29/09/2017, (ud. 20/07/2017, dep.29/09/2017),  n. 22963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24471-2015 proposto da:

COMUNE DI UGENTO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO FASANO;

– ricorrente –

contro

PARCO DEI PRINCIPI DI S.G. & C. S.A.S., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA SCROFA 64, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

PECORILLA, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO CHIARELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1271/22/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI BARI – SEZIONE DISTACCATA DI LECCE, depositata il

03/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/07/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 1271/22/2015, depositata il 3 giugno 2015, non notificata, la CTR della Puglia – sezione staccata di Lecce – ha rigettato l’appello proposto dal Comune di Ugento nei confronti dalla società Parco dei Principi di S.G. & Co. S.a.s. per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Lecce, che aveva accolto il ricorso proposto dalla società avverso avviso cartella di pagamento relativa a TARSU per l’anno 2009 con riferimento ad immobile destinato ad esercizio alberghiero.

Avverso la pronuncia della CTR il Comune ha proposto ricorso per cassazione, affidato formalmente ad un solo motivo, nel quale confluisce peraltro un duplice ordine di censure.

La contribuente resiste con controricorso.

Va premesso che la sentenza impugnata, pur pronunciando in dispositivo il “rigetto” del ricorso in appello dell’ente impositore, nella parte motiva ne ha sostanzialmente rilevato la “manifesta inammissibilità, risultando carente di qualsivoglia specifica censura in ordine al ragionamento logico ed ai motivi spigati” (rette spiegati) “nella sentenza gravata”.

Ciò premesso, le censure di parte ricorrente afferiscono alla deduzione del vizio di “motivazione illogica e contraddittoria su un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)” e “violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, in relazione alla ritenuta necessità di una assimilazione espressa dei rifiuti speciali agli ordinari (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, specificandosi, quindi, nell’illustrazione del motivo che la norma assunta come violata è il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68.

Invero, a prescindere da ogni ulteriore profilo d’inammissibilità pur emergente, appare assorbente e decisivo rilevare come le censure formulate non colgano quella che si pone come l’unica ratio decidendi della pronuncia impugnata, che ha natura di decisione in rito, laddove ha affermato “la manifesta inammissibilità dell’appello” per carenza di specificità dei motivi.

Ne consegue che parte ricorrente avrebbe dovuto censurare la sentenza impugnata, nel contestare la fondatezza della statuizione del giudice tributario d’appello, per violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, con espressa indicazione della suddetta norma, in questo caso processuale, di legge che si assume violata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Non avendo ciò fatto il ricorrente Comune, ne deriva che la succitata statuizione della CTR è rimasta priva di specifica censura, ciò comportando sul punto la formazione del giudicato (cfr. Cass. sez. un. 24 luglio 2013 n. 17931; Cass. sez. lav. 4 marzo 2016, n. 4293; Cass. sez. 6-5, ord. 18 luglio 2016, n. 14669).

Ciò preclude, pertanto, l’esame dei motivi addotti da parte ricorrente, dovendo il ricorso, per le ragioni innanzi esposte, essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2017

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