Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22963 del 10/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 10/11/2016, (ud. 19/07/2016, dep. 10/11/2016), n.22963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8751-2015 proposto da:

L.E., C.S., CA.GI., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA VALADIER 43, presso lo studio dell’avvocato

LIZZA EGIDIO, che li rappresenta e difende, giusta procura in calce

al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso L’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– resistenti –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA del 22/09/5014,

depositato il 06/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/07/2016 dal Consigliere Dott. Relatore ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato Lizza Egidio difensore dei ricorrenti che si riporta

agli atti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Roma con decreto emesso il 27 gennaio 2012 dichiarava inammissibile il ricorso proposto da C.S. ex lege n. 89 del 2001 ritenendo non soddisfatto l’onere probatorio gravante sulla parte ricorrente di dimostrare la tempestività della proprio iniziativa giudiziaria ai sensi dell’art. 4 legge appena citata, in quanto al momento della proposizione della domanda non era stato dedotto se la sentenza d’appello era divenuta irrevocabile o meno o, più precisamente, se ricorreva l’ipotesi di cui all’art. 325 o 327 c.p.c., non essendo stato documentato neppure il deposito della sentenza di appello.

Avverso tale decisione, il ricorrente proponeva ricorso per cassazione e la Suprema Corte di cassazione con sentenza n. 5934 del 2014, accoglieva il ricorso riconfermando il principio già espresso da questa Corte in altre occasioni, secondo cui: “ai fini della condizione di proponibilità della domanda di equa riparazione, prevista dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, sussiste la pendenza del procedimento, nel cui ambito la violazione del termine di durata ragionevole si assume verificata, allorchè sia stata emessa la relativa sentenza di primo grado e non sia ancora decorso il termine lungo per la proposizione dell’impugnazione (Cass. n. 11231 del 2003), spettando comunque all’amministrazione convenuta comprovare la tardività della domanda in relazione all’acquisito carattere di definitività del provvedimento conclusivo del giudizio nel quale si è verificata la violazione del termine ragionevole di durata, a seguito dello spirare, in conseguenza della notificazione, del termine di cui all’art. 325 c.p.c. (Cass. n. 3826 del 2006). Cassava il decreto impugnato e rinviava, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

Riassunto il giudizio C.S. chiedeva la condanna del Ministero della Giustizia al risarcimento dei danni non patrimoniali a titolo di equa riparazione per l’eccessiva e non ragionevole durata del giudizio civile dallo stesso promosso, con atto di citazione del 24 gennaio 1998, davanti al Tribunale di Torre Annunziata per ottenere il pagamento della somma di Euro 45.267,45 a titolo di risarcimento del danno cagionato a seguito di incidente stradale conclusosi con sentenza della Corte di Appello (di Napoli depositata il 21 aprile 2008.

Il Ministero della Giustizia non si costituiva.

La Corte di Appello di Roma con decreto n. RG. 51177/2014 accoglieva il ricorso e condannava il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 3.250,00 e condannava il Ministero al rimborso delle spese del giudizio. Secondo la Corte di Appello di Roma, per la violazione del termine di durata del processo, detratti 5 anni per entrambi i giudizi quale termine ragionevole di durata del giudizio, nonchè il periodo di stasi per l’impugnazione, l’indennizzo andava parametrato in relazione alla durata eccessiva del giudizio pari a quattro anni. Al caso in esame poteva applicarsi il parametro di Euro 750 per anno di ritardo.

La cassazione di questo decreto è stata chiesta da C.S. con ricorso affidato ad un motivo. Il Ministero della Giustizia non essendosi costituito nei termini di legge in data 13 aprile 2015 ha depositato atto di costituzione al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con l’unico motivo di ricorso C.S. lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. con riferimento al riconoscimento delle spese processuali, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 concorrente e contestuale violazione e/o falsa applicazione della L. 31 dicembre 2012, n. 247 e del D.M. Giustizia n. 55 del 2014, nonchè del D.L. n. 1 del 2012, convertito con modificazione dalla L. 24 marzo 2012, n. 27 e del D.M. Giustizia n. 140 del 2012. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe riconosciuto esclusivamente le spese del procedimento in riassunzione omettendo di pronunziarsi sulle spese relative al procedimento in precedenza incardinato davanti alla Corte di appello di Roma, da distrarsi in favore dell’avv. Lizza, e su quelle interessanti il procedimento promosso davanti alla Corte di Cassazione, da distrarsi a favore dell’avv. Ca., sebbene, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5934 del 2014 avesse rinviato la causa alla Corte di Appello di Roma anche per il regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

1.1.= Il motivo è fondato e va accolto.

Come è del tutto evidente, la Corte distrettuale, nonostante il disposto della Corte di cassazione di cui alla sentenza n. 5934 del 2014 non sembra abbia provveduto a liquidare a favore di C.S., le spese relative al procedimento incardinato davanti alla Corte di Appello di Roma e al giudizio di cassazione. Infatti, il decreto impugnato nel liquidare le spese del procedimento, non ha fatto alcuna menzione ai gradi precedenti del giudizio (primo giudizio di merito e giudizio di legittimità). Piuttosto, la Corte distrettuale avrebbe dovuto provvedere, in ottemperanza a quanto disposto dalla Corte di cassazione con la sentenza citata a liquidare le spese del primo giudizio davanti alla Corte di Appello di Roma,al giudizio di cassazione tenendo conto del principio espresso da questa Corte in altra occasione e cioè, che i parametri, in base ai quali vanno commisurati i compensi forensi sono quelli vigenti alla data in cui la prestazione professionale deve ritenersi completata sia pure limitatamente ad una fase del giudizio.

In definitiva il ricorso va accolto, il decreto va cassato in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte di Appello di Roma in altra composizione perchè provveda nel rispetto del principio espresso a liquidare le spese sia del primo grado del giudizio e sia del giudizio di legittimità, da distrarsi in favore dell’avv. Lizza Egidio essendosi dichiarato antistatario. La Corte di appello di Roma provvederà al regolamento delle spese anche del presente giudizio i cassazione, da distrarsi in favore dell’avv. Lizza Egidio dichiaratosi antistatario. La Corte di appello di Roma prove vedrà al regolamento delle spese anche del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa alla Corte di Appello di Roma in altra composizione anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte di Cassazione, il 19 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016

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