Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22962 del 04/11/2011

Cassazione civile sez. II, 04/11/2011, (ud. 18/10/2011, dep. 04/11/2011), n.22962

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25745/2006 proposto da:

S.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE G. MAZZINI 140, presso lo studio dell’avvocato LUCATTONI

PIERLUIGI, rappresentato e difeso dall’avvocato PIRAS Antonio

Giovanni Francesco;

– ricorrente –

contro

T.G., M.R., S.G., S.

C., G.P., P.S., F.

A., D.A., S.P., D.R.

G., C.M.L., C.A., S.

M., C.M., C.M., C.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 386/2005 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI

sezione distaccata di SASSARI, depositata il 21/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2011 dal Presidente Dott. ROBERTO MICHELE TRIOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 3 maggio 1990 D.R. G., T.G., C.M.L., M. R., S.G., C.A., S.M., C.M., P.S., E.A., S. P., S.C., D.A., Co.Ma., C.G. e G.P. convenivano davanti al Tribunale di Sassari S.A., dal quale avevano separatamente acquistato degli appartamenti situati nel fabbricato dal medesimo costruito in (OMISSIS), esponendo che nello stabile, decorso breve tempo dalla costruzione e dalla vendita delle singole unità immobiliari, si era manifestata la presenza di gravi vizi e difetti (infiltrazioni d’acqua e rigonfiamenti nella facciata;

infiltrazioni dal tetto di copertura, dai terrazzi, dal terrapieno dello scantinato e dal vano ascensore; difettoso funzionamento dell’autoclave; inadeguatezza dei pluviali di raccolta delle acque) via via accentuatisi, così come emerso a conclusione dell’accertamento tecnico preventivo da essi promosso con ricorso 26.9.1988.

Tanto esposto, chiedevano la condanna del convenuto alla eliminazione dei detti vizi e difetti mediante la esecuzione delle opere indicate nella relazione tecnica depositata in sede preventiva in data 3.5.198 9 o, in subordine, al pagamento delle spese tutte necessarie al riguardo nella misura da determinarsi tramite consulenza tecnica, con l’ulteriore condanna, in entrambi i casi, al pagamento delle spese correlate alla procedura di istruzione tecnica preventiva.

Costituitosi in giudizio, lo S. resisteva eccependo l’inesistenza dei vizi, la tardività della denuncia degli stessi, la prescrizione dell’azione di garanzia.

Con sentenza in data 24 ottobre 2001 il Tribunale di Sassari accoglieva la domanda.

S.A. proponeva appello, che veniva rigettato dalla Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza in data 21 giugno 2005.

In ordine alla questione della decadenza per tardiva denunzia dei vizi i giudici di secondo grado invocavano l’orientamento di questa S.C., secondo il quale il termine annuale di decadenza per la denuncia dei gravi difetti che danno luogo a responsabilità dell’appaltatore (o del venditore che abbia costruito l’immobile con propria gestione diretta) ex art. 1669 c.c., decorre dal giorno in cui il committente (o l’acquirente) consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti.

Ne conseguiva che era privo di qualsivoglia rilevanza il fatto che gli attori, nel ricorso per accertamento tecnico preventivo depositato il 26 settembre 1988 e nel successivo atto di citazione notificato il 3 maggio 1990, avessero elencato i difetti presenti nello stabile e dichiarato che gli stessi erano comparsi “dopo breve tempo dalla costruzione e dalla vendita delle singole unità immobiliari”, atteso che soltanto a seguito della indagine eseguita dal consulente tecnico nominato in sede di accertamento tecnico preventivo avevano potuto acquisire un’effettiva conoscenza della reale entità e gravità dei detti difetti e del loro collegamento causale con i molteplici errori tecnici, tutti produttivi di fenomeni infiltrativi idonei a ridurre l’utilità delle singole unità immobiliari e dello stabile nel suo complesso, commessi dallo S. nella costruzione di cui si tratta, errori tecnici di cui gli attori, contrariamente a quanto si assume nell’atto di appello, non potevano certamente rendersi conto se non attraverso un’indagine che, svolta appunto da un esperto della materia, aveva permesso di accertare infiltrazioni d’acqua e rigonfiamenti nella facciata dello stabile a causa della errata applicazione della pittura esterna; infiltrazioni di acqua nei parapetti e in alcuni appartamenti conseguenti a lacune nelle impermeabilizzazioni dei terrazzi e a perdite dal canale di raccolta dell’acqua piovana della falda del tetto verso il cortile;

errato posizionamento ed insufficiente numero dei pluviali di scarico delle acque piovane; infiltrazioni d’acqua dal terrapieno scantinato, etc..

Appariva evidente, allora, che la “scoperta” cui fa riferimento l’art. 1669 c.c., da intendersi appunto come acquisita consapevolezza dell’effettiva natura ed entità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, deve ritenersi avvenuta nella specie in data 3 maggio 1989, ossia con il deposito della relazione del consulente, con la conseguenza che bene aveva fatto il primo giudice a ritenere tempestiva sia la denuncia dei vizi contenuta nella lettera raccomandata del 7 febbraio 1990, sia l’azione di garanzia proposta con l’atto di citazione notificato il 3 maggio del medesimo anno.

Erroneamente l’appellante affermava che i vizi riscontrati dal CTU nominato in corso di causa e descritti nella relazione dal medesimo depositata erano “nuovi” rispetto a quelli denunciati con l’atto di citazione e rispetto ad essi era decorso il termine decennale dal compimento dell’opera.

I vizi in questione, infatti, null’altro rappresentavano se non un aggravamento di taluni dei vizi e difetti accertati in precedenza e dunque una evoluzione in peius delle carenze di realizzazione del fabbricato.

Quanto all’assunto difensivo secondo cui l’aggravamento dei vizi e difetti conseguenti alla inadeguatezza dei pluviali di raccolta delle acque piovane era riconducibile alla costruzione della mansarda realizzata da terzi nel 1991, era agevole osservare che gli inconvenienti in questione preesistevano alla realizzazione della mansarda, che aveva solo reso più palese il difetto.

Infondatamente, infine, l’appellante sosteneva la responsabilità degli attori ex art. 1227 cod. civ., comma 2, per essere rimasti inerti e non aver fatto nulla per limitare i danni.

A prescindere dal fatto che ciò non era esatto, in quanto alcuni degli inconvenienti riscontrati in sede di accertamento tecnico preventivo erano risultati insussistenti nel corso delle indagini svolte dal CTU, il che era indicativo ex se, all’evidenza, proprio dei fatto che attori, negli anni, si erano attivati per limitare i danni, incombeva all’appellante, il quale aveva sostenuto che il pregiudizio si era aggravato per non avere i danneggiati “usato l’ordinaria diligenza”, indicare quale attività i medesimi avrebbero dovuto compiere per limitare i danni; attività che non poteva certo concretarsi nella esecuzione degli interventi indicati dai consulenti tecnici posto che il dovere di “limitare o evitare ulteriori danni” essendo contenuto nei limiti dell’ordinaria diligenza, non comporta per il creditore l’onere di adottare condotte gravose o tali da esperio a notevoli rischi o rilevanti sacrifici economici, quali ad esempio l’esecuzione dei lavori in luogo dell’obbligato.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con cinque motivi, S.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i primi due motivi il ricorrente deduce che i giudici di merito, ai fini della tardività della denuncia dei vizi e della prescrizione dell’azione ex art. 1669 cod. civ., non avrebbero attribuito natura confessoria alle dichiarazioni degli attori contenute nell’atto di citazione, del seguente tenore: decorso breve tempo dalla costruzione e dalla vendita delle singole unità immobiliari, l’opera presentava gravi vizi e difetti: infiltrazioni d’acqua e rigonfiamenti nella facciata dello stabile, infiltrazione dal tetto di copertura, dai terrazzi, dal terrapieno dello scantinato e dal vano ascensore:

difettoso funzionamento dell’autoclave e pluviali di raccolta delle acque inadeguati.

I motivi sono infondati in base alla semplice considerazione che, secondo quanto accertato dai giudici di merito, senza che nessuna specifica censura venga svolta sul punto dal ricorrente, gli attori non potevano confessare nell’atto di citazione un fatto sfavorevole, costituito dalla consapevolezza delle cause degli inconvenienti lamentati, quando tale consapevolezza è stata acquisita solo in corso di causa.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce che la Corte di appello ha riconosciuto la garanzia per i nuovi vizi riscontrati dal C.T.U., senza esaminare se gli stessi rientrassero nel campo di applicazione dell’art. 1669 c.c. o art. 1667 cod. civ..

Il motivo è inammissibile per la novità della questione che ne costituisce l’oggetto.

Con l’atto di appello, infatti, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, l’attuale ricorrente aveva invocato, con riferimento ai vizi in questione, soltanto il decorso del termine decennale di cui all’art. 1669 cod. civ., senza sollevare la questione della inquadrabilità degli stessi nell’art. 1667 cod. civ..

Con il quarto motivo il ricorrente deduce che la Corte di appello non si sarebbe pronunciata sulla questione se l’errato posizionamento ed insufficiente numero di pluviali di scarico costituisse vizio e difformità ex art. 1667 cod. civ., e se, di conseguenza, la garanzia non fosse dovuta in relazione a tali pluviali, in quanto attori avevano accettato l’opera, e comunque le difformità ed i vizi erano riconoscibili.

Anche tale motivo è infondato, in quanto la Corte di appello, sia pure implicitamente, in base alla motivazione sopra riportata, ha ricondotto i vizi in questione all’art. 1669 cod. civ., senza che nessuna specifica censura venga svolta nel ricorso per contrastare la correttezza di tale inquadramento.

Con il quinto motivo il ricorrente si duole del fatto che la Corte di appello non abbia riconosciuto il concorso di colpa degli attori ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., comma 2, per essere rimasti inerti, pur essendo modesta la spesa per eliminare i vizi.

Anche tale motivo è infondato.

La Corte di appello ha escluso tale totale inerzia e contro la correttezza di tale affermazione nessuna censura viene svolta nel ricorso, così come nessuna censura viene svolta contro l’altra affermazione, secondo la quale gli attori non erano tenuti condotte tali da esporli a rilevanti sacrifici economici, quali l’esecuzione dei lavori in luogo dell’obbligato.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede, nessun provvedimento va emesso in ordine alle spese.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2011

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