Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22949 del 04/11/2011

Cassazione civile sez. II, 04/11/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 04/11/2011), n.22949

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4499-2006 proposto da:

F.C. C.F. (OMISSIS), F.A. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

LIBURNI 2, presso lo studio dell’avvocato BIZ ALESSANDRO; (Avv.

Marotta Tommaso rinuncia al mandato);

– ricorrenti –

contro

D.L.R.;

– intimato –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di CASTROVILLARI dep. il

26/10/05 n. 1061/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2011 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.A. e F.C. proponevano opposizione avverso il decreto di liquidazione delle competenze professionali spettanti all’ing. D.L.R. per l’attività di consulenza tecnica d’ufficio svolta nell’ambito del procedimento contenzioso n. 1252/2000 RG., promosso dai predetti ricorrenti nei confronti di C.N. e Co.Vi..

Con ordinanza del 26-10-2005 il giudice unico del Tribunale di Castrovillari rigettava l’opposizione.

Per la cassazione di tale ordinanza ricorrono F.A. e F.C., sulla base di cinque motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensive.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, la violazione ed errata applicazione degli artt. 61, 62 e 64 c.p.c. e art. 52 disp. att. c.p.c.. Nel premettere che rientra nella competenza del giudice della liquidazione accertare se l’opera svolta dall’ausiliario del giudice sia rispondente ai quesiti postigli, sostengono che, nella specie, il C.T.U. non ha risposto al quesito formulato dal giudice, in quanto ha fatto riferimento a mappe catastali e non a titoli di proprietà, come richiestogli. Aggiungono che non risponde al vero l’affermazione del giudice a quo, secondo cui gli opponenti non hanno indicato in maniera specifica i profili di nullità dell’attività peritale e non hanno dedotto contestazioni puntuali in ordine alla difformità tra la relazione tecnica e il quesito posto dal giudice istruttore.

Il motivo è infondato.

Deve premettersi che, secondo il prevalente indirizzo di questa Corte, al quale l’ordinanza impugnata ha prestato adesione, nel giudizio di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione del compenso al consulente tecnico d’ufficio, sono ammissibili solo le censure che si riferiscano alla liquidazione del compenso, mentre non possono proporsi questioni relative alla utilità e validità della consulenza tecnica, che attengono al merito della causa e vanno fatte valere nella relativa sede (Cass. Sez. 2, 7-2-2011 n. 3024; Sez. 2, 30-3-2006 n. 7499; Sez. 2, 13-6-1995 n. 6684).

Anche a voler accedere, peraltro, all’orientamento che ritiene ammissibile, nel giudizio di opposizione, il controllo circa la rispondenza dell’opera svolta dal consulente tecnico d’ufficio ai quesiti postigli (Cass. Sez. 2, 18-3-1992 n. 3342; Sez. 1, 4-5-1998 n. 4425), si osserva che, nel caso in esame, una simile verifica risulta di fatto effettuata. Il giudice dell’opposizione, infatti, pur avendo premesso che la valutazione di esaustività dell’attività peritale e di rispondenza della stessa al quesito formulato dal giudice istruttore rientra nell’esclusivo ambito cognitivo dello stesso giudice, ha dato atto che, nella specie, il C.T.U. si è attenuto al quesito postogli dal G.I., descrivendo lo stato dei luoghi ed accertando il confine tra i fondi delle parti in causa, sulla base dei titoli di proprietà e dei dati catastali.

Non sussiste, pertanto, la dedotta violazione di legge.

Le ulteriori deduzioni svolte con il motivo in esame si sostanziano in vizi di motivazione non denunciabili in questa sede e sono, pertanto, inammissibili.

Giova rammentare, al riguardo, che nel sistema previsto dalla L. n. 319 del 1980, art. 11 il procedimento di opposizione avverso il decreto di liquidazione dei compensi al perito e al consulente tecnico si svolge secondo lo speciale procedimento previsto dalla L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 29 e si conclude con un provvedimento avente natura di ordinanza, sottratta all’appello ed impugnabile soltanto con il ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost..

Come è noto, il ricorso straordinario per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. è limitato, nella disciplina previgente al D.Lgs. n. 40 del 2006, ai soli casi di violazione di legge, nozione alla quale è riconducibile anche l’inosservanza dell’obbligo di motivazione, che si configura solo allorchè quest’ultima sia materialmente omessa, ovvero sì estrinsechi in argomentazioni del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi del provvedimento impugnato o fra loro logicamente inconciliabili o obiettivamente incomprensibili.

Nel caso di specie, non è configurabile un vizio radicale di motivazione, avendo il giudice di merito sufficientemente illustrato le ragioni della sua decisione, dando atto che il consulente tecnico d’ufficio ha descritto lo stato dei luoghi e accertato il confine tra i fondi delle parti in causa, sulla base dei titoli di proprietà e dei dati catastali, così come richiesto nel quesito formulato dal giudice istruttore.

2) Con il secondo motivo i ricorrenti si dolgono della violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione al D.P.R. n. 115 del 2002 e art. 61 c.p.c.. Sostengono che il giudice dell’opposizione non ha tenuto conto delle lagnanze mosse dagli opponenti all’udienza del 26-10-2005, con le quali si era fatto presente che il C.T.U., senza autorizzazione del G.I., aveva delegato tutte le attività d’indagine affidategli ad un collaboratore.

Il motivo è infondato, non potendo l’opponente, all’udienza camerale, ampliare il tema d’indagine sottoposto al giudice dell’opposizione, che rimane delimitato dall’atto di opposizione, e dovendo quindi il giudice adito circoscrivere il proprio esame alle censure tempestivamente dedotte con tale atto. Nessuna censura, pertanto, può essere mossa al provvedimento impugnato, per non aver tenuto conto delle doglianze sollevate solo in udienza dagli opponenti.

3) Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 51, comma 1. Sostengono che, contrariamente a quanto affermato dal giudice dell’opposizione, il C.T.U. ha fatto solo un frettoloso richiamo ai titoli di proprietà e non ha descritto i terreni per cui è causa, che la relazione tecnica difetta di completezza ed è pervenuta a conclusioni erronee.

Il motivo è inammissibile, proponendo censure che attengono alla valutazione in fatto delle risultanze della C.T.U., che possono farsi valere solo nel giudizio di merito.

4) Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 56, commi 1 e 2 per non avere il C.T.U. prodotto una compiuta documentazione delle spese sostenute.

Con il quinto motivo viene denunciata la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 56 per non avere il giudice di merito escluso la liquidazione delle spese superflue, come quelle relative ai viaggi a Cosenza per il catasto e per l’archivio notarile.

I due motivi, da trattarsi congiuntamente per ragioni di connessione, sono inammissibili, risolvendosi, in buona sostanza, nella richiesta di una valutazione alternativa rispetto a quella compiuta dal giudice dell’opposizione, il quale, con apprezzamento in fatto non sindacabile in questa sede, ha dato atto della congruità delle spese liquidate, dando atto che il giudice dell’esecuzione ha escluso dal rimborso le spese eccessive e superflue.

6) Con il sesto motivo, infine, i ricorrenti lamentano la violazione del D.M. 8 aprile 2004, n. 127, in relazione alla liquidazione degli onorari e diritti di avvocato. Deducono che il giudice dell’opposizione ha liquidato, a titolo di onorari, una somma (Euro 200,00) pari quasi al massimo di cui alla voce 50 del paragr. 7 tabella A della tariffa forense, corrispondente al valore massimo di Euro 1.600,00, mentre il valore del presente procedimento è di Euro 1.159,00. Aggiungono che per diritti è stata liquidata la somma di Euro 300,00, molto al di là della voce 75 del capo 3 tabella B della tariffa forense, che per lo scaglione relativo a procedimenti di valore compreso tra Euro 500,01 ad Euro 1.600,00 prevede Euro 60,00 per diritti.

Il motivo non è meritevole di accoglimento.

Nel liquidare a titolo di onorario in favore della parte vittoriosa la somma di Euro 200,00, il giudice dell’opposizione non ha superato il massimo previsto dalla tariffa prevista dal D.M. 8 aprile 2004 n. 127, vigente alla data della decisione, che alla voce 50 del paragr.

7 tabella A prevede, per le cause di valore compreso tra Euro 600,00 e 1.600,00, un onorario variabile tra Euro 85,00 e 215,00. In relazione a tale liquidazione, pertanto, non è configurabile alcuna violazione di legge, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito la determinazione in concreto dell’onorario di avvocato in misura compresa tra il minimo e il massimo della tariffa.

Quanto ai diritti, si osserva che appare improprio il riferimento alla voce 75 del capo 3 tabella B della tariffa forense, relativa alla materie da trattarsi in camera di consiglio (con esclusione delle cause in materia di famiglia) o di competenza del giudice tutelare. Al contrario, vertendosi nell’ambito di un procedimento speciale regolato da apposita legge e in considerazione delle contestazioni insorte tra le parti, risulta più pertinente la voce 76 dello stesso capo, che prevede, per le prestazioni concernenti gli altri procedimenti speciali previsti dal codice di procedura civile o da altra legge e per i giudizi ai quali diano luogo i procedimenti stessi, l’applicazione dei diritti stabiliti per le corrispondenti prestazioni dal paragrafo 1 della stessa tabella.

Di conseguenza, non avendo i ricorrenti indicato le prestazioni rese dal difensore della controparte, astrattamente idonee a comportare una liquidazione dei diritti in misura più contenuta rispetto a quella effettuata dal giudice di merito, questa Corte non è posta nelle condizioni di verificare l’eventuale violazione dei massimi previsti dalla tariffa professionale.

7) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato. Poichè gli intimati non hanno svolto alcuna attività difensiva, non vi è pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2011

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