Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22948 del 10/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 10/11/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 10/11/2016), n.22948

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20089-2015 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN,

LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, LIDIA CARCAVALLO, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.N., in proprio e nella qualità di erede del sig.

D.R.F.S., elettivamente domiciliata in ROMA, V. CRESCENZIO 2

SCALA 13 INT 3, presso lo studio dell’avvocato EZIO BONANNI, che la

rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10530/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

15/12/2014, depositata il 29/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PAGETTA;

udito l’Avvocato Sergio Preden difensore del ricorrente che si

riporta ai motivi scritti;

udito l’Avvocato Ezio Bonanni difensore della controricorrente che

chiede il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza n. 10530/2014, pubblicata il 29.4.2015, la Corte di appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato il diritto di Rocco Flavio, dante causa della ricorrente B.N., alla rivalutazione ai fini pensionistici, ai sensi della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 del periodo lavorativo in dispositivo indicato, mediante applicazione del coefficiente moltiplicatore 1,50 per ogni anno di lavoro ed ha condannato l’INPS al pagamento delle conseguenti differenze in favore dell’erede appellante pro quota, oltre interessi.

Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’INPS sulla base di due motivi. 1,a parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso successivamente illustrato con memoria.

Con il primo motivo l’istituto ricorrente ha dedotto violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il giudice di appello omesso di pronunziare sulla eccezione di decadenza formulata da esso istituto nella memoria di costituzione in appello.

Con il secondo motivo ha dedotto violazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 censurando la decisione per non avere riscontrato che al momento del deposito ricorso giudiziale, in data 9 gennaio 2008 era già maturato il termine di decadenza triennale con riferimento al procedimento amministrativo instaurato con istanza spedita all’INPS il 29 dicembre 2001 e pervenuta all’istituto in data 4 gennaio 2002.

Il secondo motivo di ricorso, conformemente alle conclusioni della Relazione depositata ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., manifestamente fondato conseguendone l’assorbimento dell’esame delle censure formulate con il primo motivo.

Si premette che questa Corte, decidendo numerose controversie analoghe a quella in oggetto,(cfr., in particolare, Cass. seni. n. 12685 del 2008 e un. 3605, 4695 e 6382 del 2012; ord. nn. 7138, 8926, 12052 del 2011, n. 1629 del 2012, ord. n.7394 del 2014), si è espressa affermando il principio che la decadenza dall’azione giudiziaria prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 (convertito nella L. n. 438 del 1992) trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione. Secondo le richiamate decisioni, infatti, l’art. 47 citato, per l’ampio riferimento fatto alle controversie in materia di trattamenti pensionistici, comprende tutte le domande giudiziarie in cui venga in discussione l’acquisizione del diritto a pensione ovvero la determinazione della sua misura, così da doversi ritenere incluso, nella previsione di legge, anche l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva utile ai fini in questione, sulla quale, all’evidenza, incide il sistema più favorevole di calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio previdenziale previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8. La giurisprudenza di questa Corte è inoltre ferma nell’affermare che con la domanda intesa all’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva, non si fa valere il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei, in quanto erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge ai fini pensionistici e, dunque, intimamente collegato alla pensione, in quanto strumentale ad agevolarne l’accesso (ovvero, nel caso dei già pensionati, ad ottenerne un arricchimento, ove la contribuzione posseduta sia inferiore al tetto massimo dei quarant’anni), è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in base ai criteri ordinati – il diritto al trattamento pensionistico. (Cass. 12685 del 2008; Cass. n. 7527 del 2010; Cass. n. 8926 del 2011; Cass. n. 6331 del 2014; Cass. n. 7934 del 2014; Cass. n. 13578 del 2014). In questa prospettiva è stata esclusa, una volta verificatasi la decadenza dall’azione ai sensi del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 la possibilità di proporre, in epoca posteriore alla maturazione della decadenza, una nuova domanda diretta ad ottenere il medesimo beneficio previdenziale (nella specie, la rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto) in quanto l’istituto mira a tutelare la certezza delle determinazioni concernenti l’erogazione di spese gravanti sui bilanci, che verrebbe vanificata ove la mera riproposizione della domanda determinasse il venire meno degli effetti decadenziali già verificatisi. (principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1 da ord. n. 8926 del 2011), stato inoltre chiarito che neppure è validamente invocabile il principio di imprescrittibilità del diritto a pensione, in quanto “tale particolarissimo regime non si estende a tutte le singole azioni relative alla costituzione della posizione contributiva. E del carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento amministrativo e dell’azione in giudizio diretto al riconoscimento del beneficio contributivo per esposizione all’amianto sembra non potersi dubitare, stanti i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla legislazione in materia” – cfr. Cass. n. 1629 del 2012; id. Cass. n. 11400 del 2012; Cass. n. 14531 del 2012; Cass. n. 14472 del 2012; Cass. n. 20031 e 20032 del 2012; Cass. n. 27148 del 2013; Cass. n. 4778 del 2014. In particolare è stato precisato che: “La richiamata decisione di questa Corte n. 12720/2009 appare non pertinente nel caso in esame perchè, come già detto, nella presente controversia non si dibatte del diritto all’adeguamento della prestazione previdenziale già ottenuta. La sollevata questione di legittimità costituzionale della norma di cui all’art. 47 per violazione dell’art. 38 Cost. (…) appare comunque manifestamente infondata in quanto il termine decadenziale appare congruo in ordine ad una piena ed effettiva tutela e garanzia dell’interesse costituzionalmente garantito del diritto a pensione, che nel caso in esame – peraltro non viene affatto travolto in quanto tale dalla norma in discussione. Si tratta di benefici aggiuntivi che, richiesti in via amministrativa, andavano poi rivendicati entro un termine del tutto ragionevole, al Giudice, il che non è avvenuto per fatto addebitabile al ricorrente, il quale certamente così agendo non ha perso l’effettività del diritto (nel suo nucleo sostanziale) riconosciutogli all’art. 38 Cost.”.(Cass. n. 6382 del 2012).

Da tali conclusioni della giurisprudenza di legittimità non vi è ora ragione di discostarsi in quanto le opposte valutazioni sviluppate nel ricorso sono sorrette da argomenti ripetutamente scrutinati da questa Corte nelle molteplici occasioni ricordate e non appaiono comunque talmente evidenti e gravi da esonerare la Corte dal dovere di fedeltà ai propri precedenti, sul quale si fonda per larga parte l’assolvimento della funzione ad essa affidata di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge.

Nel caso di specie atteso, che la domanda amministrativa di rivalutazione contributiva è stata inoltrata all’INPS in data 4.1.2002, il ricorso di primo grado, in data 9 gennaio 2008, è senz’altro tardivo in quanto, all’evidenza, depositato ben oltre il termine triennale di decadenza di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 decorrente, al più tardi dalla scadenza dei termini legali previsti per l’esaurimento del procedimento amministrativo.

Nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. parte controricorrente, ribadendo argomentazioni già spese nel controricorso, ha sostenuto che la istanza pervenuta all’istituto previdenziale in data 4.1.2002 aveva ad oggetto la richiesta di concessione della pensione di reversibilità in favore della B. e non, come invece asserito nel ricorso per cassazione e ritenuto nella relazione ex art. 380 bis c.p.c., il beneficio della rivalutazione contributiva; la istanza di rivalutazione contributiva era stata infatti presentata all’INPS il 13.6.2007 e rispetto ad essa, al momento del deposito del ricorso giudiziario, non era maturato alcun termine di decadenza. A sostegno di tale assunto parte controricorrente ha richiamato alcune parti degli scritti difensivi dell’INPS, di primo e secondo grado, nonchè proprie note autorizzate per l’udienza del 13.12.2013 del giudizio di appello.

L’assunto di controricorrente è infondato.

Si premette che la specifica questione relativa alla corretta individuazione del contenuto della istanza amministrativa pervenuta all’INPS in data 4.1.2002 non risulta in alcun modo trattata dalla sentenza impugnata la quale, anzi, dà atto che l’appello della B. avverso la sentenza di primo grado è fondato sull’assunto della avvenuta presentazione della domanda di rivalutazione contributiva in data 4.1.2002, conseguendone l’impedimento al maturarsi della decadenza D.L. n. 269 del 2003, ex art. 47 conv. in L. n. 326 del 2003, ritenuta invece dal primo giudice. In accoglimento di tale prospettazione, proprio sul rilievo dell’avvenuta presentazione dell’istanza amministrativa in data anteriore al 2.10.2003, del resto, il giudice di secondo grado ha escluso il maturarsi della decadenza ex art. 47 cit..

Questa Corte ha ripetutamente affermato che in tema di ricorso per cassazione, qualora una determinata questione giuridica – che implichi accertamenti di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.” (Cass.n. 1435 del 2013, n. 20518 del 2008, n. 22540 del 2006 n. 6254 del 2004).

In base quindi alla giurisprudenza richiamata parte controricorrente, per contrastare l’accertamento del giudice di appello, avrebbe dovuto a sua volta impugnare, in via condizionata all’accoglimento del ricorso dell’INPS, tale accertamento e dimostrare, mediante autosufficiente richiamo agli atti del giudizio di merito, che la questione relativa all’individuazione del corretto contenuto della istanza amministrativa pervenuta il 4.1.2002, era stata tempestivamente e ritualmente proposta nel giudizio di merito.

Parte ricorrente si è sottratta agli oneri prescritti al fine della valida censura dell’accertamento del giudice di appello non avendo investito tale accertamento con ricorso incidentale. In ogni caso, può aggiungersi, le deduzioni di parte controricorrente non sono sorrette dall’esaustiva ricostruzione delle difese svolte da entrambe le parti nelle fasi di merito; soprattutto risulta carente la indicazione del contenuto degli atti introduttivi del ricorso di primo e secondo grado, necessaria a contrastare le puntuali indicazioni a riguardo offerte dall’INPS – indicazioni che hanno trovato riscontro in atti – alla stregua delle quali risulta che fu la ricorrente medesima ad allegare che la istanza amministrativa pervenuta all’INPS in data 4.1.2002 era intesa al conseguimento del beneficio della rivalutazione contributiva.

In base alle considerazioni che precedono il secondo motivo di ricorso deve essere accolto con effetto di assorbimento del primo motivo e la sentenza cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito con declaratoria di inammissibilità della originaria domanda.

Il consolidarsi solo in epoca recente dell’orientamento di legittimità che qui si conferma costituisce giusto motivo per compensare tra le parti le spese processuali del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile la originaria domanda. Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016

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