Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22946 del 10/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 10/11/2016, (ud. 06/10/2016, dep. 10/11/2016), n.22946

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1394/2015 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, Agente Riscossione provincia Palermo, in

persona del Presidente del C.d.A. avv. D.S.L., considerata

domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, RAPPRESENTATA E DIFESA DALL’AVVOCATO LAURA FIRINU giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M., COMUNE DI PALERMO, PREFETTURA DI PALERMO, MINISTERO

DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 3504/2014 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 25/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2016 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

I FATTI

C.M. assumeva di aver appreso casualmente della avvenuta iscrizione a ruolo di tre cartelle esattoriali del 2001 (notificate nel 2005 e 2006) relative all’omesso pagamento di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada e proponeva azione di accertamento negativo del credito, deducendo l’estinzione per prescrizione del debito dell’Amministrazione risultante dal ruolo.

Il giudice di prime cure rigettava la domanda.

Il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 3504 del 25 giugno 2014 qui impugnata, non notificata, accoglieva l’appello del debitore, dichiarando ammissibile l’impugnazione del ruolo pur in mancanza dell’inizio di una procedura esecutiva a carico del C. e prescritto il credito.

Riscossione Sicilia s.p.a. ha proposto un motivo di ricorso nei confronti di C.M., della Prefettura di Palermo e del Ministero dell’Interno.

Il C., regolarmente intimato, non ha svolto attività difensiva.

La causa è stata esaminata dapprima dalla sesta sezione, previo il deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., quindi da questa rimessa alla pubblica udienza.

Non sono state depositate memorie.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, la società addetta alla riscossione dei tributi per la Regione Sicilia, ricorrente, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., e degli artt. 2 e 111 Cost..

Il quesito che la ricorrente sottopone alla Corte è se sia ammissibile l’azione di accertamento negativo di un credito dell’amministrazione, il cui titolo esecutivo sia costituito dal ruolo, a prescindere dall’inizio di un procedimento esecutivo da parte dell’amministrazione.

La ricorrente puntualizza che nessun procedimento esecutivo era in corso a carico del privato e che il C., avendo consultato il ruolo e riscontrato l’iscrizione di alcune cartelle esattoriali risalenti ad alcuni anni prima, non aveva contestato l’omessa notificazione delle cartelle, e aveva invece promosso un’azione di mero accertamento laddove l’impugnazione dell’estratto di ruolo (atto interno dell’amministrazione) è ammissibile solo a mezzo di una opposizione all’esecuzione, ovvero soltanto allorchè l’azione esecutiva sia effettivamente stata intrapresa.

Sostiene la società di riscossione che l’estratto di ruolo, come atto interno all’amministrazione, non può essere impugnato autonomamente e che il debitore, senza aver prima chiesto all’amministrazione l’eliminazione del credito in via di autotutela (c.d. sgravio), ha trascinato in giudizio la società di riscossione per un credito che questa non aveva neppure tentato di riscuotere.

La società di riscossione rileva che l’azione proposta avrebbe dovuto essere dichiarata carente di interesse ad agire e aggiunge che non si può azionare la prescrizione in via di azione, al di fuori di una richiesta di pagamento.

Il ricorso è fondato, nei termini di cui in motivazione.

Di recente questa Corte ha avuto modo di escludere la autonoma impugnabilità da parte del debitore dell’estratto di ruolo in difetto di una procedura esecutiva attivata dall’amministrazione per il recupero del credito ivi risultante (v. Cass. n. 20618 del 2016). A questo orientamento va data continuità.

L’interesse ad agire, in termini generali, costituisce una condizione per far valere il diritto sotteso mediante l’azione, e si identifica nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non altrimenti conseguibile senza l’intervento chiarificatore del giudice. In particolare, nell’azione di mero accertamento, esso presuppone uno stato di incertezza oggettiva sull’esistenza di un rapporto giuridico, tale da arrecare all’interessato un pregiudizio concreto ed attuale, che si sostanzia in un’illegittima situazione di fatto continuativa e che, perciò, si caratterizza per la sua stessa permanenza (Cass. n. 11536 del 2006).

Nel caso in esame, al risultato di eliminare il provvedimento afflittivo (la cartella esattoriale ancora iscritta a ruolo, costituente titolo esecutivo nei suoi confronti) la cui riscossione a suo avviso non era più esigibile per intervenuta prescrizione del credito dell’amministrazione, il debitore sarebbe potuto giungere attivandosi in via amministrativa, ovvero limitandosi a richiedere lo sgravio, in via di autotutela del credito dell’amministrazione ormai prescritto. Non era necessario percorrere, in difetto di alcuna attività esecutiva da parte dell’amministrazione, la strada dell’azione di accertamento negativo del credito. Avrebbe potuto legittimamente essere oggetto di impugnazione, eventualmente, soltanto il provvedimento dell’amministrazione che avesse negato lo sgravio.

Si segnala che questa affermazione non si pone in contrasto con quanto recentemente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 19704 del 2015 resa in materia tributaria. Secondo tale pronuncia, il contribuente (non può autonomamente impugnare, per difetto di interesse, il mero estratto di ruolo, mentre può impugnare il titolo esecutivo, cioè il ruolo e) può impugnare la cartella di pagamento della quale – causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione senza dover necessariamente attendere la notifica di un atto successivo.

La Corte ha in quella sede precisato che a ciò non osta l’ultima parte del comma 3 dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato – impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacchè l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione.

Nel caso preso in esame dalle Sezioni Unite si affermava la possibilità per il privato contribuente di far valere immediatamente le sue ragioni avverso la cartella esattoriale non notificata o invalidamente notificata, della cui esistenza fosse venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta.

E’ una tutela anticipatoria, rispetto alla possibilità da sempre riconosciuta di recuperare la possibilità di impugnare l’atto precedente allorchè sia notificato l’atto successivo (che ha fatto esprimere in dottrina il dubbio circa l’introduzione – e la sua eventuale opportunità – di azione di accertamento negativo nel processo tributario).

Essa si giustifica allorchè, prendendo conoscenza del ruolo, il contribuente apprenda per la prima volta dell’esistenza di una cartella esattoriale a suo carico e quindi dell’avvenuta formazione di un titolo esecutivo nei suoi confronti, e gli consente di recuperare gli strumenti di impugnazione avverso la cartella esattoriale che non ha potuto in precedenza utilizzare a causa della invalidità della notifica di essa.

Nulla di tutto ciò si è verificato nel caso in esame.

La corte d’appello ha accertato che le cartelle esattoriali erano state a suo tempo regolarmente notificate al C.. Egli era quindi (o avrebbe potuto essere, il che è equivalente) ben a conoscenza della esistenza del credito vantato dall’amministrazione nei suoi confronti, che non aveva tempestivamente opposto.

L’impugnazione della cartella esattoriale, la cui esistenza risulti da un estratto di ruolo rilasciato dal concessionario per la riscossione su richiesta del debitore è ammissibile a prescindere dalla notificazione di essa congiuntamente all’estratto di ruolo soltanto se il contribuente alleghi di non aver mai avuto conoscenza in precedenza della cartella per un vizio di notifica, e quindi solo in funzione recuperatoria.

Diversamente opinando, e cioè ammettendo l’azione di mero accertamento negativo del credito risultante dalla cartella o dal ruolo tutte le volte in cui il contribuente si procuri un estratto di ruolo in cui essa sia riportata si produrrebbe l’effetto distorto di rimettere in termini il debitore rispetto alla possibilità di impugnare la cartella anche in tutti i casi in cui (come il presente) egli fosse già stato ben a conoscenza, in precedenza, della sua esistenza.

Nel caso sottoposto al nostro esame, il debitore intendeva poi far valere fatti estintivi del credito successivi alla formazione del titolo (in particolare, la prescrizione). Lo strumento a sua disposizione sarebbe stato, a fonte dell’iniziativa esecutiva dell’amministrazione in forza di un credito prescritto, l’opposizione all’esecuzione.

Nel caso di specie, però, nessuna iniziativa esecutiva è stata intrapresa dall’amministrazione. L’impugnazione diretta del ruolo esattoriale da parte del debitore che chieda procedersi ad un accertamento negativo del credito dell’amministrazione ivi risultante deve ritenersi inammissibile per difetto di interesse non prospettandosi tale accertamento come l’unico strumento volto ad eliminare la pretesa impositiva dell’amministrazione: ben avrebbe potuto infatti il debitore, rivolgersi direttamente all’amministrazione, in via amministrativa, chiedendo l’eliminazione del credito in via di autotutela (il c.d. sgravio). Avendo egli uno strumento per eliminare la pretesa dell’amministrazione a cui far ricorso, ciò rende non percorribile, per difetto di interesse, la proposizione di un’azione di mero accertamento.

A ciò si aggiunga una considerazione di carattere generale, sulla possibilità di far valere, in via di azione, l’intervenuta estinzione per prescrizione di un diritto altrui.

Il debitore intendeva infatti far accertare, con l’azione di mero accertamento, l’estinzione del suo debito per intervenuta prescrizione.

E’ ben vero che l’ordinamento, con la disciplina della prescrizione, attribuisce al soggetto passivo del rapporto la disponibilità dell’effetto estintivo, escludendone la rilevabilità d’ufficio. Tuttavia, l’attribuzione al debitore della scelta se far valere o meno l’estinzione della pretesa nei suoi confronti in dipendenza dell’inerzia del creditore prolungata nel tempo è strutturata, nella previsione normativa (artt. 2938 e 2939 c.c.) nella forma dell’eccezione, ovvero della facoltà del debitore di opporsi alla altrui pretesa creditoria, ove la stessa sia fatta valere nei suoi confronti e sia fatta valere quando ormai l’inerzia del titolare del diritto si è protratta per il periodo di tempo preso in considerazione dalla legge al fine di determinarne l’estinzione. Deve escludersi, perchè estranea all’operatività giudiziale e oppositiva della prescrizione come fatto estintivo del credito altrui, che essa possa esser fatta valere in via di azione, a mezzo, come in questo caso, di un’azione di mero accertamento.

Il ricorso proposto va pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessario alcun accertamento in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto della domanda del C. per difetto di interesse per i motivi sopra esposti.

La relativa novità della questione induce a dichiarare non ripetibili le spese sostenute dalla ricorrente ed a disporre la compensazione delle spese dei gradi di merito.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di C.M. per difetto di interesse. Dichiara irripetibili le spese del giudizio di cassazione e compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016

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