Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22945 del 29/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 29/09/2017, (ud. 23/06/2017, dep.29/09/2017),  n. 22945

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10227/2015 R.G. proposto da:

R.P. – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato in Roma,

alla via di San Basilio, n. 61, presso lo studio dell’avvocato

professor Eugenio Picozza, che congiuntamente e disgiuntamente

all’avvocato Rosa Rizzi lo rappresenta e difende in virtù di

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

V.P. – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato in Roma,

alla via Emilia, n. 88, presso lo studio dell’avvocato professor

Stefano Vinti, che congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato

Monica Carlin lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale

a margine del controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 258 dei 15.7/27.8.2014 della corte d’appello

di Trento;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 23 giugno

2017 dal Consigliere Dott. Luigi Abete.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con decreto n. 64 in data 8.10.2010 il tribunale di Trento, sezione distaccata di Cavalese, su ricorso di V.P., ingiungeva a R.P. il pagamento della somma di Euro 16.166,99, oltre interessi e spese di procedura monitoria, a titolo di compensi al ricorrente dovuti per l’attività di c.t.u. prestata nel giudizio innanzi al tribunale di Trento iscritto al n. 12052/2010 e posti a provvisorio carico dell’ingiunto.

R.P. proponeva opposizione.

Chiedeva dichiararsi la nullità ovvero l’inefficacia del decreto opposto, siccome tardivamente notificato.

Si costituiva V.P..

Instava per il rigetto dell’opposizione; in ogni caso in via riconvenzionale chiedeva condannarsi l’opponente al pagamento della somma di cui all’ingiunzione.

All’udienza del 14.10.2011 si acquisiva riscontro della corresponsione al ricorrente di tutto quanto spettantegli per l’azionato credito.

Con sentenza n. 12/2013 il tribunale di Trento in parziale accoglimento dell’opposizione dichiarava l’inefficacia del decreto ingiuntivo, dichiarava la cessazione della materia del contendere, rigettava la richiesta di parte opposta di rifusione delle spese della fase monitoria e condannava l’opponente a rimborsare all’opposto le spese del giudizio di opposizione fino a concorrenza dei 2/3, compensando il 1/3 residuo.

Interponeva appello R.P..

Resisteva V.P.; esperiva appello incidentale subordinato.

Con sentenza n. 258 dei 15.7/27.8.2014 la corte d’appello di Trento rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.

Evidenziava la corte che l’opposizione al decreto ingiuntivo era stata accolta esclusivamente in rito e di tanto il tribunale aveva tenuto conto ai fini della regolamentazione delle spese; che viceversa nel merito virtuale soccombente era senz’altro l’appellante.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso R.P.; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese.

V.P. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

Il controricorrente ha depositato memoria.

Con l’unico motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, l’erronea applicazione degli artt. 91,113,115 e 116 c.p.c..

Deduce che la corte di merito non ha tenuto conto, in rapporto alla censurata regolamentazione delle spese del giudizio di primo grado, della soccombenza dell’originaria parte opposta e dell’accoglimento delle domande tutte da egli formulate quale originaria parte opponente; che in particolare la corte distrettuale non ha considerato che la fase monitoria e la fase di opposizione al decreto ingiuntivo danno vita ad un giudizio a struttura unitaria.

Deduce quindi che è stato violato il principio per cui le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa.

Il ricorso è infondato e va respinto.

E’ sufficiente reiterare gli insegnamenti di questo Giudice del diritto.

Ovvero l’insegnamento secondo cui la parte soccombente va identificata, alla stregua del principio di causalità sulla quale si fonda la responsabilità del processo, in quella che, lasciando insoddisfatta una pretesa riconosciuta fondata, abbia dato causa alla lite, ovvero con quella che abbia tenuto nel processo un comportamento rilevatosi ingiustificato: tale accertamento, ai fini della condanna al pagamento delle spese processuali, è rimesso al potere discrezionale del giudice del merito, e la conseguente pronuncia è sindacabile in sede di legittimità nella sola ipotesi in cui dette spese siano state poste, anche parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa (cfr. Cass. 10.9.1986, n. 5539; altresì, Cass. 16.6.2011, 13229, secondo cui in materia di spese processuali, l’identificazione della parte soccombente è rimessa al potere decisionale del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, con l’unico limite di violazione del principio per cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; Cass. 22.10.1981, n. 1557).

Ovvero l’insegnamento secondo cui, in tema di spese processuali, il sindacato di questa Corte di legittimità è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (cfr. Cass. 19.6.2013, n. 15317; Cass. 11.1.2008, n. 406).

In questi termini si rappresenta quanto segue.

La corte territoriale ha ineccepibilmente e congruamente identificato in R.P. la parte virtualmente soccombente.

Difatti ha esplicitato che l’appellante principale “mai ha negato di essere debitore dell’appellato” (così sentenza d’appello, pag. 9) nè invero R.P. lo ha negato in questa sede (cfr. ricorso, pag. 6, punto b)); che V.P., a sua volta, “aveva a buon diritto azionato l’insoddisfatta (ma non contestata) pretesa creditoria e sarebbe indubbiamente risultato vittorioso nel merito” (così sentenza d’appello, pag. 10); che al contempo l’appellante aveva fornito riscontro dell’operato pagamento unicamente all’udienza del 14.10.2011, all’esito di due precedenti udienze “nelle quali era stato chiesto rinvio proprio ai fini del perfezionamento del pagamento, pagamento, dunque, avvenuto in corso di causa” (così sentenza d’appello, pag. 9).

Evidentemente se in maniera inappuntabile si è identificato in R.P. la parte virtualmente soccombente, ne discende ex se che costui non può essere considerato parte totalmente vittoriosa.

Quanto infine alla deduzione del ricorrente secondo cui “la compensazione doveva essere semmai disposta per quota nei confronti delle sue di spese ovvero doveva essere operata una compensazione totale delle spese delle due parti” (così ricorso, pag. 7), basta, del pari, ribadire l’insegnamento di questa Corte di legittimità secondo cui la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (cfr. Cass. 31.1.2014, n. 2149).

Il rigetto del ricorso giustifica la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

Il ricorso è datato 10.3.2015.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti perchè, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), il ricorrente sia tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’art. 13, comma 1 bis del medesimo D.P.R..

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, R.P., a rimborsare al controricorrente, V.P., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, R.P., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2017

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