Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22944 del 13/09/2019

Cassazione civile sez. II, 13/09/2019, (ud. 08/01/2019, dep. 13/09/2019), n.22944

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14291/2015 proposto da:

M.A., D.C.G., elettivamente domiciliati

in Roma, Via Fabio Massimo 33, presso lo studio dell’avvocato Rosa

Ierardi, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Valentina Bozzelli;

– ricorrenti –

contro

D.C.M.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via Di

Donna Olimpia 6, presso lo studio dell’avvocato Michele Petrella,

rappresentato e difeso dall’avvocato Michele Liguori;

f- controricorrente –

avverso la sentenza n. 112/2015 della Corte d’appello di Campobasso,

depositata il 07/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2019 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Rosa Ierardi per i ricorrenti che ha concluso come

in atti e l’Avvocato Michele Liguori per la controricorrente che ha

concluso come in atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il presente giudizio trae origine dalla citazione notificata nel 2007 con cui D.C.M.L. proponeva nei confronti di D.C.G. e M.A. la domanda di declaratoria di nullità del contratto di donazione con cui il 7 febbraio 2007 A.P.A. “muto a causa di ictus, che non può sottoscrivere a causa della malattia” donava a D.C.G. e ad M.A. la nuda proprietà di due immobili siti in (OMISSIS), riservandosi l’usufrutto dei medesimi e con obbligo di assistenza in capo ai donatari.

1.1. Esponeva in fatto parte attrice che il donante era affetto da patologie tali da condurlo al decesso il 20 aprile dello stesso anno, con la conseguenza che nel contratto era del tutto assente l’alea e che il donante per le sue condizioni fisiche era incapace di intendere di volere.

1.2. In subordine, formulava domanda di annullamento del contratto ed inclusione dei beni nell’asse ereditario di A.P.A. e la divisione degli stessi fra sè ed il convenuto, entrambi nipoti del de cuius.

2. Si costituivano i convenuti, che contestavano la fondatezza della domanda e, in via riconvenzionale, chiedevano la condanna di parte attrice per responsabilità processuale aggravata.

3. All’esito dell’istruttoria il Tribunale di Larino respingeva la domanda di parte attrice condannandola alla rifusione delle spese di lite.

4. Proposto gravame da parte della soccombente, la Corte d’appello di Campobasso con sentenza n. 112 depositata il 7 maggio 2015 ha dichiarato la nullità dell’atto di donazione impugnato, al contempo respingendo l’appello incidentale degli appellati e dichiarava l’apertura della successione di A.P.A., disponendo il prosieguo del giudizio come da separata ordinanza.

5.In particolare la corte d’appello, dopo aver dichiarato l’infondatezza dell’eccezione di difetto di legittimazione attiva dell’appellante D.C.M.L. che quale erede dell’ A.P. è titolare di interesse ad agire per la tutela dei proprii diritti e conseguentemente titolata a porre nel nulla la donazione impugnata, ha ritenuto di esaminare prioritariamente l’eccezione di nullità della “donazione con riserva di usufrutto e obbligo di assistenza” per essere M.A. e D.M. incapaci di assumere l’ufficio di interpreti del donante.

6. Nel caso di specie, poichè A.P.A. non poteva nè parlare nè scrivere, alla redazione dell’atto parteciparono, oltre ai testimoni, F.G. e P.R. anche C.A. e D.M., designate dal Presidente del Tribunale di Larino a seguito di ricorso in cui venivano indicate come persone abituate a trattare con l’ A.P. che sapevano farsi intendere dal medesimo con segni e gesti.

6.1. Senonchè la Legge Notarile n. 89 del 1913, art. 56, prevede che gli interpreti debbano avere i requisiti necessari per essere testimoni come indicati nell’art. 50 di detta legge. Tale disposizione, tuttavia, precisa che non sono testimoni idonei i ciechi, i sordi, i muti, i parenti e gli affini del notaro e delle parti nei gradi indicati nell’art. 28 Legge cit., il coniuge dell’uno

o delle altre e coloro che non sanno o non possono sottoscrivere.

Poichè dall’allegata certificazione anagrafica emergeva che le interpreti sono rispettivamente M.A. zia della donataria (sorella del padre) e la D. nipote della donataria (figlia della sorella) e cioè parenti collaterali di terzo grado della M.A. ne derivava che, ad avviso della corte d’appello, esse non potevano fare da interpreti nell’atto di donazione. Pertanto sussisteva la violazione dell’art. 57 della Legge Notarile (in combinato disposto con i precedenti artt. 28 50,56 e 58) e, conseguentemente, la nullità dell’atto impugnato.

7. La cassazione della sentenza è chiesta da D.C.G. e M.A. con ricorso ritualmente notificato il 10 giugno 2015 ed articolato sulla base di tre motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c., cui resiste con tempestivo controricorso D.C.M.L..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza d’appello per violazione dell’art. 276 c.p.c., per violazione del principio di immutabilità del collegio laddove il presidente del collegio giudicante dapprima designato in S.M., in sede decisionale veniva cambiato con il Dottor Di.Cr.Pa..

1.1. Il motivo è infondato. Dal verbale del 5/2/2014 si evince che i componenti del collegio che hanno trattenuto la causa in decisione nell’udienza di precisazione delle conclusioni sono gli stessi che hanno pronunciato sulla sentenza impugnata.

1.2. Il principio di immutabilità del giudice, di cui all’art. 276 c.p.c., prevede che la decisione sia deliberata dai giudici che hanno assistito alla discussione, i quali non devono essere necessariamente gli stessi davanti ai quali la causa sia stata trattata nel corso di tutto il giudizio (cfr. Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 22238 del 25/09/2017; Sez. 3, Sentenza n. 8066 del 31/03/2007)

2. Con il secondo motivo si denuncia l’omessa, insufficiente contraddittoria, motivazione su un punto decisivo della controversia e cioè il non aver rilevato che la contestazione iniziale riguardava l’assenza di alea al momento del perfezionamento dell’atto di donazione e non la domanda nuova dedotta in appello circa la capacità di intendere del donante al momento della donazione.

2.1. Il motivo è infondato poichè, come dedotto da parte ricorrente, già la sentenza di prime cure dava atto della prospettata nullità della donazione per incapacità degli interpreti e di uno dei testi.

2.2. Nel caso di specie la corte d’appello non ha quindi pronunciato su una domanda nuova ma sulla nullità formale dell’atto pubblico.

2.3. In ogni caso vige il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte che consentono di rilevare d’ufficio l’esistenza di una causa di nullità diversa da quella allegata dall’istante, essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, sicchè è individuata indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio (cfr. Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014; vedi anche: Sez. 6-3, Ordinanza n. 19251 del 19/07/2018; Sez. 6-2, Ordinanza n. 8841 del 05/04/2017).

3. Con il terzo motivo si deduce la violazione ed errata applicazione della Legge Notarile 16 febbraio 1913, n. 89, artt. 28,50,56,57,58, per avere la sentenza impugnata ritenuto la nullità dell’atto notarile, senza considerare che l’intervento delle interpreti era necessitato e che nel caso di specie non era stato riscontrato alcun contrasto di interesse tra il donante e le interpreti, secondo il criterio individuato dalla giurisprudenza (cfr. Cass. 6383/2001).

3.1. Il motivo è infondato: la lettura congiunta degli artt. 28, 50, 56, 57 e 58 della Legge Notarile fatta dalla corte d’appello e sopra delineata è conforme a legge.

3.2. Il tenore letterale dell’art. 57 indica, fra le modalità da seguire da parte del notaio nel caso in cui una parte sia un muto, la presenza di un interprete, che per il rinvio all’art. 56, deve avere i requisiti necessari per essere testimone.

3.3. Precisa a questo riguardo l’art. 50, comma 2 Legge cit. che non sono testimoni idonei i ciechi, i sordi, i muti, i parenti e gli affini del notaio e delle parti nei gradi indicati nell’art. 28, il coniuge dell’uno o delle altre e coloro che non sanno o non possono sottoscrivere.

3.4. A sua volta l’art. 28 Legge Notarile indica quale grado rilevante ai fini del divieto per il notaio di ricevere atti, quelli in cui intervengano parenti od affini in linea retta di qualunque grado e in linea collaterale fino al terzo grado.

3.5. Poichè nel caso di specie le persone designate interpreti sono parenti collaterali di terzo grado della donataria, deve ritenersi che l’atto sia affetto dalla nullità per inosservanza delle disposizioni indicate al punto n. 4 dell’art. 58 Legge cit..

3.6. La conclusione appare, peraltro, coerente con la ratio dell’art. 50 Legge cit. come riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte con specifico riferimento alla figura del testimone ma applicabile stante il rinvio dell’art. 56, comma 3 Legge cit. ai requisiti necessari per essere testimone.

3.7. La ratio della norma dell’art. 50, va ravvisata nell’intento di assicurare l’esigenza dell’assoluta spontaneita dell’atto, che non puo ritenersi soddisfatta allorquando nella formazione dello stesso intervengano persone che vi abbiano un interesse tale da far ragionevolmente temere che la loro presenza possa in qualche modo influenzare l’animo dell’autore, facendo si che la sua volonta sia meno libera e spontanea (cfr. Cass. 296/1968).

3.8. In tale prospettiva non rileva a legittimare la declaratoria di nullità dell’atto medesimo un interesse semplicemente mediato ed indiretto del testimone (e quindi anche dell’interprete) all’atto oppure un interesse soltanto generico.

3.9. Tuttavia, nel caso di specie sono state designate interpreti del donante due parenti collaterali di terzo grado della donataria e, cioè, soggetti che rientrano nella categoria dei successibili di quest’ultima ai sensi degli artt. 565 c.c. e segg. e, perciò, portatrici di un interesse giuridico e diretto, per quanto non attuale, all’atto a cui hanno partecipato (cfr. principio di diritto espresso anche nella sentenza di questa Corte n. 6383/2001, richiamata dai ricorrenti).

3.10. Deve concludersi che la corte d’appello giudicò correttamente, ritenendo che D.M. e M.A., in quanto parenti collaterali di terzo grado della donataria, non potevano adempiere alla funzione d’interpreti.

4. Al rigetto del ricorso consegue il rigetto della domanda di illegittimità dell’ordinanza con la quale, a seguito dell’accoglimento dell’appello e della dichiarazione di nullità della donazione, era stata aperta la successione legittima di A.P.A. comprensiva anche dei beni oggetto dell’atto nullo.

5. L’esito del ricorso e l’applicazione della soccombenza comportano la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, il collegio dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 5.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2019

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