Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22941 del 29/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 29/09/2017, (ud. 09/06/2017, dep.29/09/2017),  n. 22941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12717/2015 proposto da:

B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL FORTE

TIRBURTINO 160, presso lo studio dell’avvocato ANNUNZIATO SAMMARCO,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’Amministratore e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA GIOVINE ITALIA, 7, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO

CARNEVALI, che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente

all’avvocato BENEDETTA CORICELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2381/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 09/06/2017 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 26264 depositata in data 9 luglio 2001, previa revoca del decreto ingiuntivo emesso a favore del Condominio (OMISSIS), aveva condannato il condomino B.F. al pagamento dell’importo di Lire 887.905 oltre interessi, rigettato la domanda riconvenzionale di B., ordinato la cancellazione delle espressioni sconvenienti ed offensive contenute nella comparsa conclusionale di B. e condannato il Condominio al pagamento delle spese di lite.

2. La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata in data 8 aprile 2014, ha dichiarato cessata la materia del contendere sull’appello principale proposto dal Condominio (OMISSIS) – che aveva ad oggetto il mancato riconoscimento del credito per oneri condominiali di riscaldamento a carico di B. – e rigettato l’appello incidentale proposto dal predetto.

3. Per la cassazione della sentenza Francesco B. ha proposto ricorso, anche illustrato da memoria, sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS).

4. E’ stata formulata proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di manifesta infondatezza del ricorso, che il Collegio condivide.

5. Con il primo motivo di ricorso è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 306 c.p.c. e si contesta l’omessa pronuncia sulla rinuncia all’azione che il Condominio aveva formalizzato con atto del 2 settembre 2013, ritualmente notificato alla controparte, nonchè l’ultrapetizione in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello per avere deciso nel merito.

5.1. La doglianza è infondata.

La Corte d’appello, dopo aver rilevato che il Condominio, appellante principale, aveva depositato atto di “rinuncia all’azione ed agli atti del giudizio”, ha evidenziato che la rinunzia, non accettata dalla controparte, era anche condizionata alla compensazione delle spese legali. Su tali premesse, la stessa Corte d’appello ha escluso di poter pervenire alla declaratoria di estinzione del giudizio, limitandosi a dichiarare cessata la materia del contendere in riferimento alle pretese del Condominio, ed ha esaminato nel merito la domanda riconvenzionale riproposta dal condomino B. con l’appello incidentale.

Non sussiste la denunciata omissione di pronuncia sulla rinuncia all’azione, nè la conseguente ultrapetizione, in quanto la Corte d’appello ha qualificato la dichiarazione del Condominio come rinuncia agli atti, sulla base di un accertamento che, risolvendosi in una valutazione di fatto, non è censurabile in sede di legittimità ove logicamente e congruamente operata (ex plurimis, Cass. 09/11/2005, n. 21685).

6. Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 184,345 e 633 c.p.c., artt. 1418 e 1421 c.c., assumendosi che la Corte d’appello abbia recepito acriticamente la decisione del Tribunale, secondo cui dovevano ritenersi nuove, e come tali inammissibili, le domande avanzate da B. per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni, e specificamente la domanda di accertamento della nullità della delibera condominiale in data 8 maggio 1992.

6.1. La doglianza è inammissibile per carenza di interesse.

Come evidenziato dalla Corte d’appello, la questione della nullità della Delib. 8 maggio 1992, è superata dal giudicato formatosi sulla sentenza n. 1531 del 2013, emessa dalla stessa Corte territoriale, che ha accertato la nullità della suddetta Delib..

7. Con il terzo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 36 c.p.c. e si contesta il mancato accoglimento della domanda riconvenzionale di condanna del Condominio al pagamento dell’importo di Lire 465.013 oltre interessi e danni da ritardo.

7.1. La doglianza è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi della pronuncia impugnata.

La Corte d’appello ha condiviso il rilievo del giudice di primo grado, secondo cui il credito azionato dal condomino B. era stato accertato dalla sentenza del Tribunale di Roma n. 10073 del 1991, che costituiva titolo esecutivo per il credito e per gli accessori eventualmente dovuti, sicchè era inammissibile una nuova pronuncia sul punto. La stessa Corte ha ritenuto nuova e come tale inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c., la domanda risarcitoria proposta da B. in appello, sul rilievo che nel giudizio di primo grado la pretesa risarcitoria era limitata ai soli danni da lite temeraria. La denunciata violazione dell’art. 36 c.p.c., non è pertinente rispetto al contenuto della decisione impugnata.

8. Con il quarto motivo è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 1123 c.c., n. 3, artt. 1135,1136,1138 e 1421 c.c. e si deduce la nullità della delibera assembleare del 9 ottobre 1996 relativa all’approvazione del bilancio consuntivo 1995-1996 e del bilancio preventivo 1996-1997.

8.1. La doglianza è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.

La Corte d’appello ha rilevato che l’importo di lire 887.905, riconosciuto dal Tribunale a favore del Condominio, ha ad oggetto quote condominiali diverse dagli oneri di riscaldamento (non dovuti), che risultavano dal bilancio consuntivo 1995/1996, detratto l’acconto già versato, e che non era stata impugnata la Delib. su cui si fondavano le singole voci contestate. Analogamente, le contestazioni relative alla costituzione dell’assemblea condominiale o la violazione dei quorum costitutivi e deliberativi non erano state denunciate entro i termini di decadenza.

La Corte territoriale ha evidenziato, inoltre, che nel giudizio di primo grado B. aveva contestato i bilanci limitatamente alle voci relative al riscaldamento e all’acqua calda, sicchè in ogni caso le risultanze dei bilanci sul punto oneri diversi dal riscaldamento dovevano ritenersi utilizzabili.

(9. Con il quinto motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 306,91,92 e 96 c.p.c. e si contesta la decisione della Corte d’appello di compensare le spese del giudizio di secondo grado, nonchè il mancato accoglimento della domanda di risarcimento danni da lite temeraria, anche sotto il profilo della illogicità della motivazione resa dalla Corte d’appello, senza tenere conto della rinuncia all’azione formulata dal Condominio.

1.1. La doglianza è infondata sotto entrambi i profili.

La Corte d’appello ha disposto la compensazione delle spese del grado valorizzando la reciproca soccombenza delle parti, e quindi nel rispetto del principio sancito dall’art. 92 c.p.c., comma 2 (ex plurimis, Cass. 22/02/2016, n. 3438).

La Corte d’appello ha rigettato la pretesa risarcitoria per lite temeraria rilevando la mancanza di prova circa l’esistenza e l’entità del prospettato pregiudizio, e quindi con motivazione palesemente non illogica.

9. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese, liquidate come in dispositivo. Sussistono i presupposti per i raddoppio del contributo unificato.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 9 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2017

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