Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22940 del 29/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 29/09/2017, (ud. 09/06/2017, dep.29/09/2017),  n. 22940

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12268/2015 proposto da:

VENTURA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato DAVIDE LO GIUDICE;

– ricorrenti –

contro

P.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 183/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 06/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 09/06/2017 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La Corte d’appello di Palermo, con sentenza depositata in data 6 febbraio 2015 e notificata in data 17 febbraio 2015, ha rigettato l’appello proposto da Ventura s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Agrigento n. 68 del 2010, e per l’effetto ha confermato la condanna della Ventura srl al pagamento della somma di Euro 21.420,00 in favore di P.V., a titolo di residuo prezzo dell’appalto inter partes, nonchè il rigetto della domanda riconvenzionale con cui la società Ventura aveva chiesto il pagamento del compenso per la fornitura di ferro lavorato.

2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Ventura

srl sulla base di tre motivi, anche illustrati da memoria.

Non ha svolto difese l’intimato P..

3. E’ stata formulata proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di manifesta infondatezza del ricorso, che il Collegio condivide.

4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata violazione degli artt. 1218,1173,1181 e 1363 c.c., art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 e si contesta che la Corte d’appello ha ritenuto irrilevante la mancata consegna della certificazione di regolare esecuzione dei lavori da parte della direzione lavori, nonostante la previsione contrattuale che prevedeva lo svincolo della somma corrispondente al 10% dell’importo complessivo al termine dei lavori, previa certificazione da parte della direzione lavori della regolare esecuzione degli stessi.

4.1. La doglianza è infondata.

La decisione della Corte d’appello è basata sulla valutazione congiunta dell’avvenuta esecuzione dei lavori da parte del P. – consegnati in data 29 maggio 2008, collaudati in data 12 novembre 2008 – e dell’assenza di contestazioni da parte Ventura srl circa la regolarità della suddetta esecuzione. Nel contesto così delineato, la stessa Corte ha ritenuto i principi di buona fede e correttezza nella fase esecutiva del contratto imponevano lo svincolo dell’importo corrispondente al 10%, pure in mancanza di una specifica certificazione di regolare esecuzione.

Diversamente da quanto prospettato dalla ricorrente, la Corte d’appello ha tenuto conto della previsione contrattuale, espressione della volontà della parti, unitamente al comportamento delle parti nella fase esecutiva del contratto, evidenziando che in assenza di contestazioni sulla regolarità dei lavori eseguiti quella stessa previsione contrattuale non legittimava il mancato pagamento del residuo prezzo.

Si tratta di valutazione corretta sul piano dei principi di diritto (ex plurimis, Cass. 18/09/2009, n. 20106), e non sindacabile sotto il profilo dell’accertamento in fatto che ne costituisce la premessa.

5. Con il secondo motivo è denunciata violazione degli artt. 1362 e 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e si contesta il rigetto della domanda riconvenzionale proposta dalla società Ventura, a fronte della conferma dell’avvenuta fornitura di ferro lavorato (gabbie per pali).

5.1. La doglianza è inammissibile in quanto censura l’apprezzamento delle prove, riservato al giudice del merito.

Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte regolatrice, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, là dove la violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (ex plurimis e da ultimo, Cass. 10/06/2016, n. 11892).

6. Con il terzo motivo è denunciata violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e si contesta la statuizione di inammissibilità della richiesta risarcitoria avanzata dalla società Ventura per il ritardo nella consegna dei lavori.

6.1. La doglianza è inammissibile in quanto, pur se deduce violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito – nella specie, a proposito della legittimità del differimento della data di ultimazione dei lavori -, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (ex plurimis, Cass. 04/04/2017, n. 8758).

7. Il ricorso è rigettato e non si fa luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata. Sussistono i presupposti per i raddoppio del contributo unificato.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 9 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2017

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