Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22940 del 04/11/2011

Cassazione civile sez. II, 04/11/2011, (ud. 27/09/2011, dep. 04/11/2011), n.22940

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2843-2006 proposto da:

TECNOITEL DI MAGI FABIO DITTA (OMISSIS) in persona del Titolare

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA AMERIGO

CAPPONI 16 SC. SIN INT. 7, presso lo stadio dell’avvocato CERMIGNANI

CARLO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ALTIPIANI ANIENE SRL (già ITALVIAESPA), in persona del legale

rappresentante pto tempore T.A., elettivamente domiciliate

in ROMA, VIALE PARIOLI 76, presso io studio dell’avvocato LIBERATI

MAURIZIO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1570/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 07/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito l’Avvocato CERMIGNANI Cario, difensore del ricorrente che ha

chiesto di riportarsi agli scritti depositati, ricorso e memoria;

udito l’Avvocato LIBERATE Maurizio, difensore del ricorrente che ha

chiesto di riportarsi agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.F., quale titolare della ditta Tecnoitel, appaltatrice di opere di impiantistica idrosanitaria e termica in quattro edifici in (OMISSIS), commessele, con altrettanti contratti, dalla società ITALVIE s.p.a., chiese ed ottenne dal Presidente del Tribunale di Roma decreto ingiuntivo, in data 23.5.97, per l’importo di L. 212.954.000, in pagamento di n. 10 fatture insolute. Si oppose la suddetta ingiunta, deducendo numerosi e gravi vizi delle opere, per cui aveva l’11.11.96 comunicato la propria intenzione di risolvere il contratto, la non attinenza di due fatture alle opere in questione e la riferibilità di altre agli svincoli dei decimi di garanzia, richiedenti il collaudo, nella specie non effettuato, e chiedendo in via riconvenzionale la condanna della ditta appaltatrice al risarcimento dei danni per la cattiva esecuzione delle opere e della penale, in misura di L. 500.000.000, per il ritardo. Costituitasi l’opposta, contestò il fondamento dell’opposizione e della riconvenzionale, chiedendo l’ulteriore pagamento di L. 26.210.000.

Con sentenza n. 14387/01, all’esito di consulenza tecnica e produzioni documentali, l’adito tribunale, ritenuto che le opere appaltate, pur integralmente realizzate, erano state eseguite in ritardo e presentavano vari e notevoli vizi, operata la compensazione tra i reciproci crediti, tenuto conto del concorso della committente, in misura del 20%, nelle determinazione del danno, revocò il decreto ingiuntivo e condannò il M. al pagamento in favore della società Italvie della differenza di L. 65.946.000, con rivalutazione ed interessi,oltre alle spese. Proposto appello dal soccombente, resistito dalla società Altipiani dell’Aniene s.r.l. (incorporante la s.p.a. appellata), con proposizione di gravame incidentale, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 9.7.04-7.4.05, in riforma di quella appellata ed in parziale accoglimento dell’impugnazione principale (relativamente alla sola penale per il ritardo),ridusse la somma dovuta dal M. alla società committente ad Euro 29.926,61 (corrispondente a L. 57.946.000), con gli interessi legali decorrenti dalla data di deposito della comparsa di risposta,compensando interamente le spese del grado.

Le ragioni essenziali della suddetta decisione – per quanto ancora rileva nella presente sede – possono riassumersi nei termini seguenti:

a) correttamente il primo giudice aveva addebitato alla ditta appaltatrice,e non alla committente, la responsabilità,non solo della cattiva messa in opera (accertata dal c.t.u.) degli impianti, ma anche della mancata esecuzione delle prove di tenuta delle tubazioni, che secondo le “regole dell’arte”, avrebbero dovuto precedere l’installazione dei pavimenti e delle altre rifiniture ed essere imposte alla committente,tramite il direttore dei lavori, rispondendo le stesse alla finalità di accertare tempestivamente l’esistenza di errori di esecuzione delle opere;

b) a tal riguardo nessuna prova,incombente su detta parte,questa aveva fornito, poichè quella testimoniale, richiesta solo con l’atto d’appello, era da considerarsi inammissibile, essendo stata oggetto di tacita rinuncia nel grado precedente (non essendo stata la relativa richiesta,meramente condizionata all’ammissione di eventuali prove avverse, riproposta in sede di precisazione delle conclusioni);

c) conseguentemente la condotta colposa della committente, e per essa del direttore dei lavori, che aveva a sua volta dato corso alle successive opere senza prima verificare la tenuta degli impianti idrico e termico, poteva assumere rilievo ex art. 1227 cpv. c.c. ai soli fini della quantificazione del danno;

d) quanto ai ritardi nelle consegne, agli effetti della determinazione delle penali contrattuali, la corte riteneva non ostativa al relativo accertamento la mancanza dei verbali di consegna e completamento dei lavori, procedendo, sulla base dei dati forniti dal c.t.u., ad indagine induttiva, tenendo conto, quali elementi cronologici essenziali di riferimento, delle date dei singoli contratti e di presentazione del primo stato di avanzamento, nonchè di un periodo congruo individuato in relazione all’importo dei lavori previsti per l’emissione del S.A.L. medesimo.

Avverso tale sentenza il M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrato con successiva memoria.

Ha resistito la società intimata con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso viene dedotta “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo”, censurandosi la conferma “acritica” della decisione di primo grado,nella parte ravvisante l’addebitabilità all’appaltatrice dei danni, che sarebbero derivati esclusivamente dalla mancata effettuazione delle prove di tenuta delle tubazioni prima dell’installazione dei pavimenti; tale compito si assume sarebbe spettato alla committente, la cui fretta di proseguire nei lavori avrebbe costituito la causa unica dei successivi inconvenienti, considerato che le opere affidate all’odierna ricorrente, come desumibile dagli stati di avanzamento dei lavori, sarebbero state correttamente eseguite, senza dar adito da parte della direzione dei lavori ad “annotazioni o reclami per difetti o ritardi”.

Con il secondo motivo si censura per violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., la mancata ammissione della prova testimoniale, come da richiesta non accolta del primo giudice e rinnovata in appello, che sarebbe stata “indispensabile al fine del decidere” e “conferente e decisiva per il thema decidendum”.

Con il terzo motivo si lamenta omissione,insufficienza e contraddittorietà di motivazione in ordine alla conferma della statuizione relativa al ritardo nella esecuzione delle opere, che sarebbe frutto di acritica ricezione del parere del c.t.u., il quale, in assenza di elementi essenziali del contratto, in particolare dei verbali di inizio e completamento dei lavori, la cui redazione sarebbe spettata al direttore degli stessi, si sarebbe basato su mere “argomentazioni”, ponendone ingiustamente le conseguenze a carico della committente. Nessuno dei suesposti motivi è meritevole di accoglimento.

Il primo si risolve in una serie di censure in fatto,in parte anche difettanti di autosufficienza (laddove richiamano, senza riportarne i contenuti, gli ultimi S.A.L.), dirette ad accreditare una diversa valutazione delle risultanze processuali, senza tuttavia evidenziare effettive lacune o vizi logici dell’indagine compiuta dalla corte di merito, che ha dato esaurientemente conto delle ragioni, in narrativa riassunte, per le quali ha ritenuto prevalentemente ascrivibile alla ditta appaltatrice gli inconvenienti accertati dal c.t.u. e ravvisare un limitato concorsoci fini della determinazione dell’evento dannoso, della direzione dei lavori e, per essa, della committente.

Palesemente inammissibile,per difetto di autosufficienza è il secondo motivo, nel quale non vengono riportati i capitoli di prova, la cui mancata ammissione si lamentatosi non consentendo comunque di valutarne l’ammissibilità e rilevanza.

Con il terzo motivo, infine, si censura un accertamento di fatto, che i giudici di merito hanno compiuto, con l’ausilio della consulenza tecnica, sulla base di elementi in parte documentali ed in parte presuntivi adeguatamente tra loro coordinati, con ragionamento logicamente coerente,che ha consentito di sopperire alla mancanza dei verbali e dei S.A.L., i cui singoli passaggi non vengono specificamente attaccati dal ricorrente; limitandosi lo stesso a sostenere che soltanto attraverso i suddetti atti avrebbe potuto stabilirsi la sussistenza e l’entità dei ritardi, il che risulta tuttavia insostenibile in mancanza di alcuna disposizione normativa o allegazione pattizia al riguardo limitante la prova.

Il ricorso va conclusivamente respintole spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese alla resistente, che liquida in complessivi Euro 1.900,00, di cui 200 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2011

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