Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22936 del 21/10/2020

Cassazione civile sez. II, 21/10/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 21/10/2020), n.22936

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 2120/16) proposto da:

B.M., ved. Q., (C.F. (OMISSIS)), Q.N.,

(C.F. (OMISSIS)), Q.L.E., (C.F. (OMISSIS)),

R.A., (C.F. (OMISSIS)), le prime tre quali eredi di

Q.G., tutti rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale

apposta in calce al ricorso, dagli Avv.ti Andrea Carlo Poma, e Paolo

Panariti, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo,

in Roma, V. Celimontana, n. 38;

– ricorrenti –

contro

V.N., (C.F. (OMISSIS)), e O.E., (C.F. (OMISSIS)),

rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale in calce al

controricorso, dall’Avv. Piercamillo Collivignali, ed elettivamente

domiciliati presso lo studio dell’Avv. Carolina Valensise, in Roma,

V, Monte delle Gioie n. 13;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 1798/2015

(depositata il 27 aprile 2015);

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24 luglio 2020 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

lette le memorie difensive depositate dai difensori di entrambe le

parti ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. Con sentenza n. 127/2013 il Tribunale di Vigevano, accogliendo parzialmente le domande proposte da Q.G., B.M., Q.N., R.A. e Q.L.E. nei confronti dei coniugi V.N. ed O.E., dichiarava che costituivano parti comuni condominiali l’androne, attualmente pedonale e carraio, nonchè il cortile interno per la profondità di metri sei al piano terra del complesso immobiliare sito al n. (OMISSIS) e, di conseguenza, che di tali beni erano comproprietari anche i citati attori, con condanna dei suddetti convenuti a consentire il libero esercizio del loro diritto da parte dei medesimi attori, con consegna, in loro favore, di una copia delle chiavi per l’apertura elettrica a distanza del portone sito al predetto numero civico di (OMISSIS) ovvero a consentire agli stessi di farne un duplicato.

Con la menzionata sentenza venivano respinte tutte le altre domande, ivi comprese quelle formulate in via riconvenzionale dai convenuti.

2. Interposto appello da parte degli indicati convenuti e nella costituzione di tutti gli appellati, la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 1798/2015 (depositata il 27 aprile 2015), dichiarava la nullità dell’impugnata sentenza e, ai sensi degli artt. 102 e 354 c.p.c., rimetteva la causa dinanzi al primo giudice (da identificarsi nel Tribunale di Pavia, al quale era stato accorpato quello di Vigevano), essendo stata accertata la mancata integrazione del contraddittorio dei confronti del ritenuto litisconsorte necessario N.S..

3. Avverso la citata sentenza di appello hanno formulato ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, B.M., Q.N., Q.L.E. e R.A. (le prime tre in proprio e nella qualità di eredi di Q.G., nelle more deceduto).

Gli intimati hanno resistito con controricorso.

I difensori di ambedue le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo le parti ricorrenti hanno, in via principale, denunciato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la nullità della sentenza o del procedimento e, in via subordinata, la violazione e falsa applicazione degli artt. 101,102,354 e 353 c.p.c., oltre che dell’art. 1079 c.c..

Con tale censura i ricorrenti hanno inteso sostenere l’erroneità dell’impugnata sentenza con cui era stata ravvisata la necessità dell’integrazione del contraddittorio nei riguardi di N.S., malgrado che (secondo la giurisprudenza di questa Corte da essi richiamata), in caso di instaurazione della controversia per l’accertamento della natura condominiale di alcune parti immobiliari, non sia indispensabile integrare il contraddittorio nei confronti degli altri condomini, non sortendo alcuna rilevanza, nella fattispecie, il contenuto delle domande riconvenzionali formulate dai convenuti, siccome riferentisi a luoghi diversi.

2. Con la seconda doglianza i ricorrenti hanno ulteriormente lamentato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la nullità della sentenza o del procedimento e, in linea subordinata, la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c., adducendo l’illegittimità dell’impugnata sentenza nella parte in cui aveva ritenuto che il N.S. fosse un litisconsorte necessario nonostante tale qualità non emergesse dagli atti acquisiti al giudizio nè che fosse stata adeguatamente provata dalla parte interessata.

3. Con il terzo ed ultimo motivo i ricorrenti hanno dedotto, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la Corte di appello, con l’impugnata sentenza, disposto la restituzione – a loro carico – delle spese di lite corrisposte in esecuzione delle decisione di primo grado, malgrado le parti appellanti si fossero limitate solo a richiedere la condanna delle controparti al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

4. Rileva il collegio che i primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente siccome all’evidenza tra loro connessi.

Essi sono infondati e vanno, perciò, respinti.

Al riguardo occorre osservare che se è pur vero che – in generale – nelle azioni dichiarative dell’accertamento della condominialità di beni immobili non è necessario integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i condomini, è, tuttavia, altrettanto vero che allorquando il convenuto non si limiti solo a sostenere la sussistenza della sua proprietà esclusiva, ma chieda, in via riconvenzionale, l’accertamento dell’acquisto per usucapione delle porzioni (o di parte di esse) immobiliari di cui è contestata la condominialità nonchè il riconoscimento o, comunque, l’accertamento dell’avvenuta usucapione di un diritto di servitù di passaggio sul bene della cui condominialità si controverte, deve essere ritenuta sussistente la necessità dell’integrazione del contraddittorio nei riguardi di tutti quelli che sono (potenzialmente) contitolari del bene dedotto in giudizio.

Orbene, nella concreta fattispecie dedotta in giudizio, è indubbio che – per quanto emerge anche dal contenuto delle conclusioni precisate nell’interesse degli appellanti (oggi controricorrenti), riportate nella premessa della stessa sentenza qui impugnata – V.N. e O.E. avevano, in via riconvenzionale, richiesto accertarsi e dichiararsi l’avvenuto acquisto per usucapione: a) del diritto esclusivo di passaggio con automezzi da e per il civico n. (OMISSIS), anche sulla porzione di terreno di proprietà degli originari attori; b) della comproprietà “pro indiviso” della porzione dello scivolo di accesso sito nella medesima via e anch’esso di proprietà degli attori; c) della comproprietà di altra correlata porzione di terreno sempre di proprietà degli attori; d) del diritto esclusivo di parcheggio anche sulla porzione del cortile interno, dell’androne e dello scivolo siti al (OMISSIS) di proprietà anch’essi degli attori.

Da ciò deriva che le predette domande riconvenzionali (indipendentemente dalla loro ipotetica fondatezza) inerivano – quantomeno parzialmente l’androne e il cortile oggetto di causa inclusi nei mappali (OMISSIS), ragion per cui non può dubitarsi della necessità del litisconsorzio nei confronti di tutti i soggetti risultanti contitolari di uno o più beni della cui condominialità si controverte.

E, nel caso di specie, alla stregua degli accertamenti di natura fattuale riconducibili alle risultanze documentali esaminate e basate su un adeguato percorso logico, la Corte di appello ha verificato la pretermissione del sig. N.S., non essendo lo stesso stato evocato in giudizio ancorchè titolare (o contitolare) degli immobili di cui al mappale (OMISSIS), (OMISSIS), ragion per cui, in tal senso correggendosi al riguardo la motivazione dell’impugnata sentenza (conforme a diritto nel dispositivo), per effetto delle summenzionate domande riconvenzionali di usucapione (e non in dipendenza della sola domanda di accertamento della condominialità come formulata “ab origine” dalle parti attrici), ricorrevano le condizioni per disporre la rimessione della causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 354 c.p.c..

Con riferimento a quanto argomentato e alla soluzione adottata bisogna porre in risalto che le Sezioni unite di questa Corte (v. sent. n. 25454/2013) hanno chiarito come, in tema di condominio negli edifici, qualora un condomino agisca per l’accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto eccepisca la proprietà esclusiva, senza formulare, tuttavia, un’apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza mettere in discussione – con finalità di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato – la comproprietà degli altri soggetti, con ciò conseguendone che, nel caso in cui la domanda riconvenzionale venga ritualmente proposta (come verificatosi nel caso di specie), scatta la necessità di disporre l’integrazione del contraddittorio.

In questa prospettiva, la giurisprudenza di questa Corte ha recentemente sviluppato il richiamato approdo delle Sezioni unite, affermando i due seguenti principi:

– in tema di domanda di rivendica di un bene proposta da uno o più soggetti che assumono di esserne i comproprietari, la necessità dell’integrazione del contraddittorio dipende dal comportamento del convenuto: infatti, qualora egli si limiti a negare il diritto di comproprietà degli attori, non si richiede la citazione in giudizio di altri soggetti, non essendo in discussione la comunione del bene; qualora, al contrario, eccepisca di esserne il proprietario esclusivo, la controversia ha come oggetto la comunione di esso, cioè l’esistenza del rapporto unico plurisoggettivo, e il contraddittorio deve svolgersi nei confronti di tutti coloro dei quali si prospetta la contitolarità (litisconsorzio necessario), affinchè la sentenza possa conseguire un risultato utile che, invece, non avrebbe in caso di mancata partecipazione al giudizio di alcuni, non essendo essa a loro opponibile (v. Cass. n. 24234/2018; in senso conforme v. già Cass. n. 5190/2002);

– la domanda diretta all’accertamento dell’usucapione di un bene richiede la presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei quali l’usucapione si sarebbe verificata perchè comporta l’accertamento di una situazione giuridica (usucapione e proprietà esclusiva) confliggente con quella preesistente (comproprietà degli altri) della quale il giudice può solo conoscere in contraddittorio di ogni interessato (cfr. Cass. n. 15619/2018; nello stesso senso v., in precedenza, Cass. n. 5559/1994).

Perciò è da condividere la soluzione a cui ha aderito la Corte territoriale nel ritenere sussistente la necessità dell’instaurazione del contraddittorio anche nei confronti di N.S..

5. E’, invece, fondato il terzo motivo, il quale può essere esaminato essendo autonomo ed indipendente dai primi due, riguardando la statuizione accessoria della disposta restituzione di quanto corrisposto, anche a titolo di spese giudiziali, per effetto della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado riformata.

Esso va accolto essendosi, invero, venuta a configurare la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., poichè la Corte milanese ha adottato una pronuncia appunto quella relativa alla condanna restitutoria delle spese giudiziali introitate a seguito della sentenza favorevole di primo grado – in applicazione degli effetti conseguenti di cui all’art. 336 c.p.c., comma 2, ma provvedendovi d’ufficio, ovvero senza che fosse stata proposta apposita domanda (che occorreva venisse formulata con l’atto di appello).

Infatti, se la riforma della sentenza del primo giudice determina in via automatica la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese, non può il giudice di appello disporre la predetta condanna restitutoria, in difetto di apposita richiesta da veicolare attraverso l’atto di impugnazione, non conseguendo, per l’appunto, tale effetto alla mera riforma della decisione di prime cure (v. Cass. n. 15461/2018 e Cass. n. 9287/2012).

In una determinata pronuncia (v. Cass. n. 8639/2016), relativa all’ipotesi inversa a quella che è venuta in rilievo nel giudizio qui in esame, questa Corte ha chiarito che incorre nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato il giudice che, accogliendo l’appello avverso sentenza provvisoriamente esecutiva, ometta di ordinare la restituzione di quanto corrisposto in forza della decisione riformata, pur essendo stata ritualmente introdotta con l’atto di impugnazione la relativa domanda restitutoria, non potendosi utilizzare la riforma della pronuncia di primo grado, agli effetti di quanto previsto dall’art. 474 c.p.c., nonchè dall’art. 389 c.p.c., per le domande conseguenti alla cassazione, come condanna implicita.

Pertanto, anche nell’ipotesi contrapposta (in cui, a fronte della mancata rituale richiesta in sede di gravame della pronuncia restitutoria conseguente all’esecutività della decisione di primo grado, il giudice di appello vi provveda d’ufficio), viene a configurarsi ugualmente la violazione dell’art. 112 c.p.c..

6. Bisogna, inoltre, dare atto che nella memoria difensiva dei controricorrenti è stata, alla fine del svolgimento illustrativo delle ragioni addotte a confutazione delle censure proposte con il ricorso, dedotta la nullità della sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 158 c.p.c., per asserita carenza di “potestas iudicandi”, sull’assunto presupposto che il G.O.T. investito della decisione della causa (il quale aveva poi redatto la conseguente sentenza) fosse decaduto dall’incarico per mancato rinnovo della nomina da parte del C.S.M..

Osserva, però, il collegio che, malgrado l’addotta circostanza fattuale trovi conferma nell’impugnata sentenza (v. pag. 9), la Corte territoriale – dinanzi alla quale V.N. e O.E. avevano prospettato la riportata questione giuridica – ha ritenuto assorbente l’accoglimento del motivo principale relativo alla pretermissione del litisconsorte necessario e, sul punto, i controricorrenti – ove avessero inteso lamentarsi di detta pronuncia avrebbero dovuto formulare uno specifico motivo di ricorso incidentale, che però non risulta essere stato proposto, donde la non esaminabilità della questione posta tardivamente – e, quindi, inammissibilmente – solo nella memoria difensiva.

7. In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni esposte, vanno respinti i primi due motivi ed accolto il terzo, con la conseguenza cassazione sul punto dell’impugnata sentenza.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto in ordine alla censura accolta, la causa può essere in proposito decisa nel merito, disponendosi l’elisione, dall’impugnata sentenza, del capo relativo alla disposta, a carico degli appellati (oggi ricorrenti), restituzione di quanto pagato, anche a titolo di spese legali, in esecuzione provvisoria della sentenza di primo grado, dichiarata nulla.

Sussistono idonee e giuste ragioni, in virtù della natura giuridica delle questioni trattate e della reciproca soccombenza delle parti conseguente all’adozione della presente decisione, per disporre tra le stesse l’integrale compensazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta i primi due motivi ed accoglie il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo sullo stesso nel merito, elide dalla sentenza impugnata la statuizione con la quale è stata disposta la restituzione di quanto pagato, anche a titolo di spese legali, in virtù dell’esecuzione provvisoria della sentenza di primo grado, dichiarata nulla.

Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2020

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