Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22934 del 29/09/2017

Cassazione civile, sez. I, 29/09/2017, (ud. 14/07/2017, dep.29/09/2017),  n. 22934

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1025/2017 proposto da:

R.V.B.M., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Caio Mario n.27 presso lo studio dell’avvocato Magni Francesco

Alessandro, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Cipolla Giancarlo, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A., P.C., P.G.V.,

Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di

Brescia;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1160/2016 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 28/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/07/2017 dal cons. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale ZENO

IMMACOLATA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato G. Cipolla che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Brescia, a seguito del rinvio disposto dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3946 del 2016, ha confermato le pronunce (nn. 104 e 105 del 2014) del Tribunale per i minorenni di quella città (che aveva ritenuto la s.ra R.B.M.V., per il disturbo della personalità da cui era affetta (di tipo istrionico e dipendente) e per gli elementi di sofferenza subiti negli anni, non consapevole della propria situazione personale, carente e fragile (come dimostrato da un ipotizzato tentativo di suicidio, per ingestione di farmaci) e inadeguata rispetto alle necessità dei figli, i quali si sarebbero staccati dai genitori e avrebbero mostrato attaccamento alla famiglia affidataria), ed ha confermato lo stato di adottabilità dei minori A. (n. il (OMISSIS)) e P.G.V. (n. il (OMISSIS)), già disposto con la sentenza di primo grado, affermando che, sulla base dell’audizione dei minori (i quali avrebbero confermato la visione traumatica della famiglia di origine e la volontà negativa di tornarvi a farne parte) disposta dalla Cassazione, alla luce del carattere chiuso del giudizio di rinvio, nessuno dei mezzi di gravame proposti era fondato e suscettibile di accoglimento.

1.1. Non quello relativo alla mancata, positiva, considerazione della rete parentale in cui sarebbe ancora inserita la signora R.V. (essendosi sottratti al bisogno sia la sorella N. e sia la figlia di primo letto, G.); nè quello con cui si contestava lo stato di abbandono dei figli, per una asserita situazione contingente e temporanea verificatasi in occasione del suo ricovero in ospedale (per l’ingestione dei farmaci, in un momento di crisi familiare), come sarebbe dimostrato dal recupero del lavoro e dell’alloggio nonchè del percorso di sostegno psico-sociale seguito, in quanto le risultanze negative in base all’osservazione compiute, dall’ASL di Bergamo, sulla mamma (in cinque incontri) e sui minori dimostrerebbero che, gli elementi di sofferenza della prima e l’incapacità a dare accudimento e soddisfazione delle istanze affettive dei secondi (che manifesterebbero sentimenti di squalifica della genitrice ( A.) e un’oppositività ad essa ( G.), di contro ad un attaccamento della famiglia affidataria), una provata irrecuperabilità delle capacità genitoriali della donna, quand’anche solo nel tempo ragionevole richiesto, ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 15.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la s.ra R.B.M.V., con quattro mezzi.

4. Tutrice e PG non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, svolto in ordine all’audizione dei minori, la s.ra R.B.M.V. lamenta errori di metodo, di merito e di interpretazione delle dichiarazioni rese dai due minori (come prospettate dal CTP).

1.1. Anzitutto, per giungere ad un risultato obiettivo nell’espletamento dell’esame dei due minori, sarebbe stato necessaria una preventiva preparazione dell’audizione, attraverso la ripresa dei rapporti tra la madre e i figli, interrottisi da molti anni. I bambini avrebbero potuto rendersi conto delle scelte compiute dalla madre e della sua attuale condizione psico-fisica ed economica.

1.2. Dalla mancata preparazione sarebbe conseguita una alterazione dei risultati delle dichiarazioni, compiute in modo secco e senza neppure chiedere chiarimenti, sia in ordine alla genitrice (es.: “non la voglio più vedere perchè mi ha fatto tantissime cose brutte”, dichiarato da uno dei due figli, non seguito dalla richiesta di quali esse fossero state) sia agli affidatari (lui “sembra un comico” e lei “è una maestra”), senza che, al riguardo, siano state esaminate le considerazioni svolte dal CTP sulla ricostruzione dell’universo infantile, anche attraverso le loro dichiarazioni, e sui suoi significati (involgenti tutte le figure coinvolte).

1.3. In tal modo, oltre che afflitta da una manchevole o insufficiente motivazione, la decisione mostrerebbe i sintomi della violazione de: l’art. 12 Conv. N.Y. del 1989, sui diritti del fanciullo (ed in particolare il diritto di questi di “esprimere liberamente la (propria) opinione su ogni questione che (li) interessa”, “tenendo conto della (loro) età e del (loro) grado di maturità”); l’art. 24 CEDU (che attribuisce ai bambini il diritto di “esprimere liberamente la propria opinione (…) sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità”); gli artt. 3 e 6 della Convenzione sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, che garantisce loro “il diritto di ricevere tutte le informazioni pertinenti” e di essere personalmente consultati.

1.4. Dichiarare – come nella specie è avvenuto – il loro stato di abbandono e decidere della loro adottabilità, sulla base di scarne ed irrilevanti dichiarazioni prese a verbale, senza l’adozione delle opportune cautele, costituirebbe un vizio così grave da comportare la nullità assoluta dell’intero procedimento, difetto rilevabile in ogni stato e grado del giudizio.

2. Con il secondo motivo si lamenta la mancata ricerca ed audizione dei parenti entro il quarto grado, a cui poter affidare i minori, ai sensi della L. n. 184 del 1983, artt. 12 e 15.

2.1. In particolare, non sarebbe stata compiuta l’audizione dei detti parenti della ricorrente, attività per la quale – in caso di residenza all’estero, come nella specie – si sarebbe dovuta delegare l’autorità consolare (L. n. 184 del 1983, art. 12).

3. Con il terzo si censura la mancata valutazione della forza maggiore e della transitorietà dello stato di abbandono, ove fosse stato riscontrato, come sarebbe dimostrato dalla documentazione versata in atti ma non valutata dal giudice.

4. Con il quarto, infine, si lamenta la violazione del diritto dei minori ad essere educati nell’ambito della propria famiglia e si richiamano i documenti in atti che attesterebbero il recupero della capacità genitoriali da parte della ricorrente.

5. I quattro mezzi di ricorso possono essere trattati congiuntamente per la stretta connessione che è alla base di tutte le doglianze, pur aventi una specifica autonomia, ed accolti nei sensi della motivazione che segue.

6. Va premesso che questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 8527 del 2006), nel porre in chiaro le connessioni che possono esistere tra il giudizio di abbandono dei minori e lo stato di sofferenza psichica del genitore esercente la responsabilità relativa, ha affermato il principio di diritto secondo cui, “perchè si realizzi lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità di un minore, devono risultare, all’esito di un rigoroso accertamento, carenze materiali ed affettive di tale rilevanza da integrare, di per sè, una situazione di pregiudizio per il minore, tenuto anche conto dell’esigenza primaria che questi cresca nella famiglia di origine, esigenza che non può essere sacrificata per la semplice inadeguatezza dell’assistenza o degli atteggiamenti psicologici e/o educativi dei genitori, con la conseguenza che, ai fini della dichiarazione di adottabilità, non basta che risultino insufficienze o malattie mentali dei genitori, anche a carattere permanente, essendo in ogni caso necessario accertare se, in ragione di tali patologie, il genitore sia realmente inidoneo ad assumere e conservare piena consapevolezza dei propri compiti e delle proprie responsabilità e ad offrire al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo e aiuto psicologico indispensabili per un’equilibrata e sana crescita psico-fisica.”.

6.1. Se, perciò, “non basta che risultino insufficienze o malattie mentali dei genitori, anche a carattere permanente, essendo in ogni caso necessario accertare se, in ragione di tali patologie, il genitore sia realmente inidoneo ad assumere e conservare piena consapevolezza dei propri compiti e delle proprie responsabilità e ad offrire al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo e aiuto psicologico indispensabili per un’equilibrata e sana crescita psicofisica”, è certo che la tale valutazione di idoneità del genitore ad assicurare il minimo esigibile nei confronti del figlio minore deve essere, necessariamente, compiuta attraverso un controllo della relazione intrafamiliare e non già esclusivamente sulla persona dell’unico genitore avente qualche risorsa educativa (nella specie: la madre).

5.2. Ha perciò perfettamente ragione l’odierna ricorrente a lamentare il fatto che l’accertamento sulla capacità genitoriale (con i menzionati caveat) sia stata inefficacemente eseguito osservando la figura materna (dei minori), senza che sia stata tenuto in debito conto sia la cessazione della convivenza con il marito (e padre dei bambini), personalità violenta e direttiva, capace di comportamenti estremi, sia il percorso di recupero da essa compiuto anche attraverso il programma condotto sotto la direzione del consolato milanese dell’Ecuador, sia consentendole – prima ancora di registrare le dichiarazioni dei minori – di avvicinarli e di registrare le reazioni e i chiarimenti tra consanguinei.

5.3. I bambini, infatti, risultano aver reso dichiarazioni dopo un distacco pluriennale dalla genitrice e le stesse risposte date nel corso della loro audizione, per quanto secche e trancianti, non risultano compiutamente rese ed interpretate secondo una lettura pacata e chiarificatrice al contempo, risultando non del tutto arbitrarie le osservazioni svolte dal CTP a cui il collegio non riserva alcuna considerazione, specie in ordine a quelle che ipotizzano che le risposte fornite possano essere interpretate, diversamente da come in superficie ritenuto, come una forma di stizza per quello che è apparso un loro abbandono del tutto ingiustificato.

5.4. La mancata interpretazione di tali circostanze (come quelle sulla potenziale utilizzazione anche della rete parentale, di cui si assume la mancata completa considerazione e, di contro, quella sulla qualificazione degli attuali affidatari), se del caso a mezzo di una qualificata CTU, unitamente alla attuale valutazione della capacità genitoriale materna (e della sua più ampia famiglia), con riguardo alla relazione madre-figli, non consente di poter affermare che i seri inconvenienti che hanno afflitto i minori nei primi anni di vita, vissuti assieme alla coppia dei genitori (non alla sola madre), non siano causalmente dipesi dal comportamento di uno solo dei due genitori e, soprattutto, dallo stato transitorio di sofferenza del secondo e che, quest’ultimo (la madre), in ragione del rinnovato percorso intrapreso (di recupero delle risorse di vita e di lavoro), non possa conseguire, in ragione di un nuovo rapporto con i figli (ove possibile, per quanto ora inseriti in altro contesto educativo e familiare da valutare in via comparativa), un ripristino compatibile con i tempi dettati dalle esigenze della loro crescita, piuttosto che di ricadute o di regressioni.

5.5. Del resto questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 24445 del 2015) ha affermato il principio di diritto secondo cui, “in tema di adozione del minore, il giudice, nella valutazione della situazione di abbandono, quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità, deve fondare il suo convincimento effettuando un riscontro attuale e concreto, basato su indagini ed approfondimenti riferiti alla situazione presente e non passata, tenendo conto della positiva volontà di recupero del rapporto genitoriale da parte dei genitori.”, ma anche compiendo un’osservazione attenta sullo stato psicologico ed evolutivo della minore.

5.6. Da ultimo, va rilevato che, nel corso del rinnovato giudizio di appello, la Corte territoriale non ha tenuto conto dell’esistenza di una previsione di legge espressamente stabilita a pena di nullità, ossia la L. n. 184 del 1983, art. 5, comma 1, u.p., come inserita dalla modifica apportata dalla L. n. 173 del 2015 (Modifiche alla L. 4 maggio 1983, n. 184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare), il quale così dispone: “L’affidatario o l’eventuale famiglia collocataria devono essere convocati, a pena di nullità, nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato ed hanno facoltà di presentare memorie scritte nell’interesse del minore”.

5.7. La necessità della convocazione (dell’affidatario o della famiglia collocataria) nel corso del procedimento giurisdizionale, da cui deriva la nullità di quest’ultimo nel caso della sua inosservanza, è imposta dalla disposizione di legge avente natura processuale, perciò immediatamente applicabile ai procedimenti in corso, anche se instaurati a seguito della cassazione con rinvio.

5.8. Infatti, questa stessa sezione della Corte di cassazione (Sez. 1, Sentenza n. 23169 del 2006) ha già affermato il principio di diritto secondo cui “l’efficacia vincolante della sentenza di cassazione con rinvio, presupponendo il permanere della disciplina normativa in base alla quale è stato enunciato il principio di diritto ivi enunciato, viene meno in tale sede quando quella disciplina sia stata successivamente abrogata, modificata o sostituita per effetto di “ius superveniens””.

5.9. Ed è proprio tale nuovo diritto, sopravvenuto, che imponeva ed impone al giudice di merito di convocare gli affidatari provvisori del minore a pena di nullità, consentendo loro di esercitare, altresì, la “facoltà di presentare memorie scritte nell’interesse del minore”.

5.10. Un tale obbligatorio adempimento, nella specie, risulta particolarmente rilevante in quanto, come si è visto, le problematiche che affiggevano i minori non risultano essere state valutate all’attualità, e ciò in contrasto con il principio di diritto (che non può trovare deroga neppure in sede di rinvio) secondo cui, “in tema di adozione del minore, il giudice, nella valutazione della situazione di abbandono, quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità, deve fondare il suo convincimento effettuando un riscontro attuale e concreto, basato su indagini ed approfondimenti riferiti alla situazione presente e non passata, tenendo conto della positiva volontà di recupero del rapporto genitoriale da parte dei genitori. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, fondata su osservazioni ed accertamenti datati oltre che sulla difficile storia personale dei genitori dei minori, senza effettuare alcuna comparazione con i significativi mutamenti successivi, rivolti al recupero della relazione con i medesimi e a un miglioramento delle (condizioni di vita da offrire loro).” (Sez. 1, Sentenza n. 24445 del 2015 già citata).

6. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, la sentenza cassata e la causa rinviata, anche per le spese di questa fase, alla Corte a quo per un nuovo esame alla luce dei seguenti principi di diritto: in tema di adozione del minore, il giudice, nella valutazione della situazione di abbandono, quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità, deve fondare il suo convincimento effettuando un riscontro attuale e concreto, basato su indagini ed approfondimenti riferiti alla situazione presente e non passata, tenendo in considerazione non solo la figura genitoriale (e lo stato della sua rete parentale) ma anche lo stato psicologico-evolutivo del minore, la sua evoluzione, il permanere di problematiche non superate e, da un lato, le opportunità di un ripristino di una positiva relazione compatibile con i tempi dettati dalle esigenze della sua crescita e, da un altro, i pericoli per gli eventuali rischi di regressioni o peggioramenti, attraverso un’osservazione non solo della figura genitoriale ma anche di quella del minore;

ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 5, comma 1, u.p., come inserita dalla modifica apportata dalla L. n. 173 del 2015 (Modifiche alla L. 4 maggio 1983, n. 184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare), la necessità della convocazione dell’affidatario o della famiglia collocataria nel corso del procedimento giurisdizionale relativo alla dichiarazione di adottabilità di un minore, è imposta a pena di nullità dalla richiamata disposizione di legge, avente natura processuale e perciò immediatamente applicabile ai procedimenti in corso, anche se instaurati a seguito della cassazione con rinvio.

PQM

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile, il 14 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2017

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