Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22932 del 10/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 10/11/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 10/11/2016), n.22932

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8648/2015 proposto da:

D.U., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PAOLO EMILIO 7, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE SPATA, che

lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

RICICLA TRENTINO 2 S.R.L., P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO

MARESCA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FILIPPO VALCANOVER, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 102/2014 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 18/12/2014, R.G. N. 49/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2016 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito l’Avvocato EMANUELE SPATA;

udito l’Avvocato GAETANO GIANNI per delega orale Avv. FILIPPO

VALCANOVER;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 102/2014, depositata il 18 dicembre 2014, la Corte di appello di Trento respingeva il gravame di D.U. avverso la sentenza del Tribunale di Trento, con la quale era stata accolta l’eccezione di decadenza sollevata dall’impresa utilizzatrice Ricicla Trentino 2 S.r.l. in relazione alla domanda di accertamento della nullità dei contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dal ricorrente con l’agenzia di somministrazione GI Group S.p.A. per i periodi dal (OMISSIS).

La Corte, richiamato della L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, il comma 1 bis, rilevava come il contratto venuto a scadenza il (OMISSIS), in quanto stipulato nel (OMISSIS) e, pertanto, successivamente alla data di entrata in vigore della L. n. 183 del 2010, dovesse, ai sensi della norma citata, essere impugnato entro il termine di sessanta giorni a decorrere dall’1 gennaio 2012, mentre l’impugnazione del lavoratore era avvenuta tardivamente, con lettera del 17 aprile 2013; osservava, inoltre, come il termine dovesse farsi decorrere dalla data di cessazione del rapporto e non da una comunicazione che, nel caso di specie, non era prevista nè esigibile dai soggetti che avevano stipulato il contratto di somministrazione.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il lavoratore con due motivi; la società ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione o falsa applicazione degli artt. 12 e 14 preleggi, in relazione alla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 4, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto decorrente il termine di sessanta giorni, stabilito a pena di decadenza per l’impugnazione, dalla scadenza del contratto di somministrazione anzichè dalla data di formale comunicazione al lavoratore della cessazione del rapporto.

Con il secondo motivo, deducendo violazione o falsa applicazione dell’art. 11 preleggi, in relazione alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 1 bis, il ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto che il termine per l’impugnazione dovesse computarsi a decorrere dall’1/1/2012, con conseguente decadenza del lavoratore dal relativo potere stante l’avvenuta trasmissione della lettera contenente l’impugnativa soltanto in data 17/4/2013.

Il ricorso deve essere respinto.

Quanto al primo motivo, si deve preliminarmente rilevare che l’odierno ricorrente ha chiesto in giudizio che venisse accertata e dichiarata la nullità ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, comma 1, dei contratti di somministrazione succedutisi negli anni 2011 e 2012 e la costituzione di un rapporto di lavoro direttamente in capo all’impresa utilizzatrice.

Ne deriva che la fattispecie dedotta è costituita da contratti di somministrazione a tempo determinato, i quali, come tutti i contratti con predeterminazione di una data scadenza, cessano al maturare del termine senza bisogno di recesso alcuno.

Non si vede, pertanto, come si possa far decorrere il termine di decadenza, di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6, da una comunicazione che per legge non è necessaria; nè una tale necessità può desumersi dalla norma di cui alla cit. L. n. 183, art. 32, comma 4, lett. d), che non ha previsto in capo all’utilizzatore l’onere di comunicare la scadenza del rapporto, sicchè deve ritenersi che l’estensione alle ipotesi di cui alla lettera d), fra cui la somministrazione irregolare, delle disposizioni della L. n. 604 del 1966, art. 6, come modificato dal comma 1 del medesimo art. 32, non includa la decorrenza del termine “dalla ricezione” di una comunicazione in forma scritta, strettamente e unicamente connessa al licenziamento.

In tal senso si è già pronunciata questa Corte con la recente sentenza n. 2420/2016, alla quale, pertanto, si ritiene di dover dare continuità.

Quanto al secondo motivo, ne è ugualmente palese l’infondatezza.

Ed invero la norma di cui al comma 1 bis dell’art. 32, la cui ratio ispiratrice si rinviene nell’opportunità di assicurare ai lavoratori e ai loro difensori un periodo di tempo per l’adeguamento alla nuova e più rigorosa disciplina, che espone il dipendente licenziato all’onere di ben due diversi termini di decadenza, dispone esclusivamente il differimento del termine di impugnazione del licenziamento al (OMISSIS), come è reso del tutto evidente dall’inciso “relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento” con portata delimitativa delle disposizioni di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6, comma 1.

Ne consegue che il rapporto di somministrazione venuto a cessazione il 31/12/2011, in quanto sorto successivamente all’entrata in vigore della L. n. 183 del 2010, è interamente soggetto al nuovo regime delle decadenze dalla stessa introdotto, dovendosi intendere differito (e decorrente dall’1/1/2012, peraltro in coincidenza con la fine “naturale” del rapporto) il solo termine per l’impugnazione.

Risulta, quindi, esente da censure la sentenza impugnata laddove la Corte territoriale, accertato che l’impugnazione è avvenuta con lettera raccomandata spedita il 17 aprile 2013, ha rilevato l’avvenuta decadenza dell’appellante dal relativo potere.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

Il ricorrente, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non è tenuto, nonostante il rigetto dell’impugnazione, al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13,comma 1 quater (cfr., fra le altre, Cass. 2 settembre 2014 n. 18523).

PQM

la Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016

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