Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22923 del 04/11/2011

Cassazione civile sez. I, 04/11/2011, (ud. 11/10/2011, dep. 04/11/2011), n.22923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

con motivazione semplificata sul ricorso iscritto al n. 23533 del

Ruolo Generale degli affari civili dell’anno 2009, proposto da:

D.S., elettivamente domiciliato in Roma, alla Via

Barberini n. 86, presso l’avv. Ilaria Scatena e rappresentato e

difeso dagli avv.ti Defilippi Claudio del foro di Milano per procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del ministro, ex lege

domiciliato in Roma alla Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. 39/09 nel procedimento n. 86/08 del ruolo della

volontaria giurisdizione della Corte di appello di Potenza del 21

novembre 2008 – 26 febbraio 2009.

Udita, all’udienza dell’11 ottobre 2011, la relazione del cons. dr.

Forte Fabrizio e sentito il P.M. dott. VELARDI Maurizio che conclude

per il rigetto del ricorso.

Fatto

IL FATTO

D.S. ha chiesto, con ricorso del 26 settembre 2008, alla Corte d’appello di Potenza di condannare il Ministero della giustizia a corrispondere l’equa riparazione per i danni subiti a causa della irragionevole durata del processo penale seguito a indagini dei Carabinieri di Mandria, iniziate a novembre 2002 e durate fino all’ordinanza di custodia cautelare in carcere del GIP di Taranto del 22 ottobre 2003, per la quale egli era stato tratto in arresto, per essere liberato il 29 ottobre 2003, disponendosi il 26 febbraio 2004 l’archiviazione del procedimento. Il 9 luglio 2004, il D. chiedeva la riparazione per ingiusta detenzione con domanda parzialmente accolta dalla Corte d’appello di Lecce con provvedimento del 3 gennaio 2006, contro il quale era proposto da lui ricorso per cassazione, rigettato da sentenza della Suprema Corte del 24 gennaio – 3 marzo 2008.

Con il decreto di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Potenza ha dichiarato inammissibile la domanda, perchè proposta oltre il termine della L. n. 89 del 24 marzo 2001, art. 4.

Esclusa la pretesa considerazione unitaria della fase del processo penale, nella quale il D. aveva sofferto la carcerazione, con quella successiva del procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione, in analogia a quanto all’epoca affermato dalla Corte suprema per il processo di cognizione e quello di esecuzione (si cita sul punto Cass. 30.11.2006 n. 25529), la Corte territoriale ha comunque dichiarato inammissibile la domanda.

Infatti per il decreto di archiviazione del febbraio 2004 relativo al processo penale, il ricorso incorreva nella decadenza di cui sopra, avendone il D. avuto conoscenza con la domanda di riparazione per l’ingiusta detenzione (luglio 2004), domandando l’equa riparazione solo nel settembre 2008.

Altrettanto si è detto per il distinto procedimento di riparazione per ingiusta detenzione terminato con la sentenza della Cassazione del 24 gennaio 2008 che ha respinto il ricorso, in quanto la domanda del 26 settembre 2008 è anche essa tardiva, essendo venuto meno il diritto di proporre il ricorso per decadenza il 24 luglio 2008, perchè il termine semestrale della L. n. 89 del 2001 decorre dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile che, ai sensi dell’art. 648 c.p.p., comma 2, è quella in cui fu pronunciata l’ordinanza o sentenza della Cassazione che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso.

Con la pronuncia di inammissibilità le spese del giudizio di merito erano poste a carico dell’attore.

Il ricorso:

– Per la cassazione di tale decreto, il D. ha proposto ricorso di due motivi: 1) violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in rapporto alla L. 14 marzo 2001, n. 89, art. 2, e art. 6, p.1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in ordine alla determinazione della durata ragionevole del processo presupposto e alla liquidazione dell’indennizzo, avendo la Corte di Cassazione rilevato la unicità della pretesa ogni volta in cui con la condanna penale vi sia anche quella di risarcimento del danno, il tempo per ottenere il quale deve computarsi con quello del processo penale (Cass, n. 4476 del 2007). In quanto il giudizio di riparazione per ingiusta detenzione è legato inscindibilmente a quello penale, vanno computati insieme i due processi e solo dalla conclusione del secondo decorre il termine di decadenza.

2) violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e della L. n. 89 del 2001, art. 4 per avere erroneamente individuato il termine da cui decorre il tempo di decadenza di cui alla legge sull’equa riparazione nella pronuncia della suprema corte, invece che nella comunicazione all’interessato di detta decisione, necessaria a dar luogo al termine per decadere sulla base della giurisprudenza sopranazionale e successivo al 24 gennaio 2008. Il Ministero della giustizia non si difende con controricorso ma con memoria per essere invitato a partecipare all’udienza di discussione, cui l’Avvocatura erariale non ha presenziato.

2. La decisione.

2.1. Il primo motivo di ricorso è infondato, essendosi enunciato da questa Corte il principio per il quale sussiste piena autonomia tra processo di cognizione e quello di esecuzione, le cui durate non possono sommarsi per il computo di quella complessiva del processo presupposto, con l’effetto ulteriore che dalla conclusione di ciascuno di detti giudizi decorre il termine semestrale della L. n. 89 del 2001, art. 4 (cfr. in tal senso S.U. 14 febbraio 2009 nn. 27348 e 27365 e Cass. 19 luglio 2010 m. 16828 e 14 gennaio 2011 n. 820). Tale principio è applicabile anche ai procedimenti collegati quali sono il giudizio penale a base della ingiusta detenzione sofferta dall’imputato e quello fondato sulla pretesa di quest’ultimo di essere indennizzato per la misura restrittiva della sua libertà (sull’autonomia dei giudizi collegati anche ai fini del termine semestrale della L. n. 89 del 2001, art. 4 cfr. Cass. 7 luglio 2006 n. 15603).

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perchè, pur affermando in astratto un principio applicabile nella fattispecie, cioè che di nessuna decadenza può iniziare il decorso senza la consapevolezza per il soggetto che vi incorre dell’esistenza del diritto non esercitato entro il termine di legge, la sentenza o ordinanza penale della Cassazione che ha rigettato o dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione è irrevocabile ai fini del decorso del termine semestrale di decadenza dal momento della lettura del suo dispositivo dal presidente che costituisce anche comunicazione all’interessato della pronuncia.

Il ricorso è privo di autosufficienza non giustificando le ragioni per le quali nella fattispecie non è utilizzabile per la irrevocabilità della pronuncia la data del 24 gennaio 2008, senza precisare la data in cui al D. sarebbe stata comunicata la pronuncia nè chiarire le ragioni per cui nella concreta fattispecie, ai sensi dell’art. 615 c.p.p., la stessa non fu “pubblicata in udienza subito dopo la deliberazione mediante lettura del dispositivo fatta dal presidente e da un consigliere da lui delegato”. La piena coincidenza della pubblicazione della sentenza con lettura del dispositivo che comporta la conoscenza dalle parti del giudizio, rende anche il secondo motivo di ricorso infondato e da rigettare;

nulla deve disporsi sulle spese non avendo partecipato all’udienza pubblica il Ministero che non depositato controricorso di replica al ricorso del D..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2011, nella camera di consiglio della 1^ sezione civile della Corte suprema di Cassazione.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2011

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