Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22918 del 10/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 10/11/2016, (ud. 07/10/2016, dep. 10/11/2016), n.22918

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10821/2014 proposto da:

D.N.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GABI, 8,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO ESPOSITO, rappresentato e

difeso dall’avvocato RAIMONDO VADILONGA giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE NAPOLI, in persona del Sindaco l.r. pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 50-A, presso lo studio

dell’avvocato NICOLA LAURENTI, rappresentato e difeso dall’avvocato

FABIO MARIA FERRARI giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 519/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 06/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/10/2016 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;

udito l’Avvocato RAIMONDO VADILONGA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione in data 6.12.2007, il Comune di Napoli rappresentato da Romeo Gestioni s.p.a. – conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli, D.N.G. per sentire accertata l’occupazione senza titolo di costui dell’immobile sito in (OMISSIS), con condanna al rilascio e risarcimento dei danni per illegittima occupazione.

La domanda del Comune – nel contraddittorio del D.N. che vi resisteva svolgendo anche domanda riconvenzionale di accertamento del suo diritto al subentro quale nipote dell’originario assegnatario – era accolta dal Tribunale di Napoli con sentenza in data 23.06.2012-12.07.2011 con la quale veniva disposto il rilascio dell’alloggio occupato abusivamente dal D.N. con condanna di costui al pagamento di un’indennità mensile d’occupazione in favore del medesimo Comune e rigetto della domanda riconvenzionale.

Il giudice di primo grado fondava la sua decisione sul presupposto che il convenuto non aveva dimostrato di possedere i requisiti richiesti dalla legge ai fini del subentro nella locazione già facente capo al proprio avo e, più precisamente, la pregressa convivenza biennale rispetto alla data di decesso del dante causa, mentre il diritto al risarcimento del danno a favore dell’Ente locale doveva ravvisarsi “in re ipsa”.

La decisione, gravata da impugnazione del soccombente, era confermata dalla Corte di appello di Napoli la quale, con sentenza del 6 marzo 2013, rigettava il gravame, disattendo l’eccezione di litispendenza dell’appellante, con compensazione delle spese.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il D.N. svolgendo due motivi. Ha resistito il Comune di Napoli, depositando controricorso.

La decisione impugnata ha riconosciuto che, innanzitutto, non emergeva questione di litispendenza tra la domanda di rilascio e l’impugnazione innanzi al giudice amministrativo antecedentemente proposta dal D.N.G. e diretta all’annullamento dell’ordinanza comunale di rilascio.

In proposito, il Giudice d’Appello motivava la sua decisione sulla base della diversità dei “petita” tra le due domande, ossia d’annullamento dell’ordinanza sindacale di rilascio davanti al giudice amministrativo, laddove, davanti al giudice ordinario si controverteva, piuttosto, sul diritto al subentro “ex latere conductoris” dell’appellante, nonchè sul pagamento di un’ indennità per abusiva occupazione del cespite, a titolo di risarcimento del danno.

Pertanto, secondo il Giudice d’Appello, il D.N. opponendosi al provvedimento di autotutela innanzi al Tar Campania aveva, nel resistere alla domanda del Comune di Napoli, allegato il proprio diritto al subentro nella locazione nei confronti del nonno deceduto, originario assegnatario, con la conseguenza che non poteva che sorgere dal contratto di locazione allegato dall’appellante, una questione di diritto soggettivo ove, al provvedimento amministrativo di autotutela il preteso successore opponga, come nel caso di specie, il diritto al subingresso nell’assegnazione, laddove l’interesse legittimo, invocato dal ricorrente nell’impugnazione del provvedimento sindacale di rilascio, ai fini della litispendenza, atteneva ad una fase pubblicistica, al più strumentale rispetto all’eventuale procedimento di assegnazione dell’alloggio (Cass. Sez. Un. 23 febbraio 2001, n. 67)

Ciò premesso, osservava la Corte che, nella fattispecie in esame, il diritto al subentro nell’assegnazione non poteva sorgere, atteso che la normativa regionale (L.R. Campania n. 18 del 1997, artt. 2 e 14) consente il subentro “ex latere conductoris” dei nipoti dell’assegnatario a condizione, però, che la convivenza del discendente sia anteriore di due anni al decesso dell’originario assegnatario.

Nel caso di specie la Corte di merito, dopo avere escluso che la prova di tale circostanza fosse stata raggiunta, ha confermato sia la condanna al rilascio dell’immobile occupato sine titulo, sia la condanna al pagamento di un’indennità mensile rapportata al godimento, di fatto, dell’alloggio in questione da parte del D.N.G., compensando le spese.

Avverso la suddetta sentenza costui ha proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi.

Si è costituito il Comune di Napoli resistendo con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1- Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 39 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Al riguardo parte ricorrente lamenta che la Corte di Appello abbia disatteso la regola di cui all’art. 39 c.p.c., omettendo di disporre la cancellazione della causa dal ruolo sul rilievo dell’esistenza di litispendenza tra giudizio amministrativo di annullamento dell’ordinanza di rilascio e giudizio ordinario.

1.1. – Il ricorrente ripropone, con il primo motivo, la questione della litispendenza rilevando come il procedimento amministrativo d’impugnazione dell’ordinanza sindacale (n. 45/2006) contenente l’ordine di rilascio – tuttora pendente innanzi al Tar Campania, nonchè precedente temporalmente la domanda proposta dal Comune di Napoli innanzi al Giudice ordinario per il rilascio dell’alloggio occupato sine titulo determinasse una situazione di litispendenza, con la conseguenza che il Giudice del gravame avrebbe dovuto, quale Giudice successivamente adito, dichiarare con ordinanza la litispendenza e disporre la cancellazione della causa dal ruolo.

2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione della L.R. Campania n. 18 del 1997, artt. 2 e 14, per avere il Giudice del merito tenuto in non cale gli atti notori prodotti dall’appellante a fondamento della convivenza biennale con l’avo assegnatario originario dell’alloggio.

3.- Il primo motivo è manifestamente infondato, giacchè – a tacer del rilievo circa la mancata coincidenza del petitum sostanziale – il ricorrente, invocando la litispendenza del giudizio amministrativo e conseguentemente chiedendo la cancellazione dal ruolo del giudizio ordinario, pretenderebbe, in realtà, di regolare la giurisdizione sulla base del criterio della prevenzione, che è invece inidoneo a identificare il giudice che sia effettivamente provvisto di giurisdizione per la adozione del provvedimento che si domanda. Valga considerare che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte la previsione dell’art. 39 c.p.c., si riferisce alla proposizione della stessa causa davanti a giudici diversi nell’ambito della giurisdizione ordinaria, e, pertanto, non può valere ad introdurre deroghe ai criteri di riparto della giurisdizione fra giudice ordinario e giudice di diversa giurisdizione, ancorchè aditi con la medesima domanda” (cfr. per tutte, Cass. civ. SS.UU. n. 5243 del 1981).

E’ appena il caso di aggiungere, con riguardo al presente giudizio, che la decisione sul merito implica la decisione sulla giurisdizione e, quindi, se le parti non impugnano la sentenza o la impugnano ma non eccepiscono il difetto di giurisdizione, pongono in essere un comportamento incompatibile con la volontà di eccepire tale difetto e, quindi, si verifica il fenomeno della acquiescenza per incompatibilità con le conseguenti preclusioni sancite dall’art. 329 c.p.c., comma 2 e art. 324 c.p.c. (Cass. civ., Sez. Unite, 26/11/2008, n. 28162).

4.- Sul secondo motivo va detto quanto segue.

Il ricorrente lamenta una violazione di legge in relazione della L.R. Campania n. 18 del 1997, artt. 2 e 14, la quale, in effetti, individua come componente del nucleo familiare anche il discendente, purchè la stabile convivenza con l’avo duri da almeno due anni precedenti il decesso di costui (art. 14, comma 1) e sia dimostrata nelle forme di legge.

La disposizione è del tutto coerente con l’esigenza di preservare il nucleo familiare originario che costituisce, a sua volta, l’oggetto della normativa speciale sugli alloggi ERP.

A ben guardare, però, il ricorrente, nel contestare la valutazione operata dalla Corte di merito circa la convivenza biennale con il dante causa del D.N.G., ha inteso, piuttosto, censurare la ritenuta erronea valutazione del materiale probatorio offerto al Giudice del merito con riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c., giacchè il ricorrente non lamenta qui un sovvertimento dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c., ma, piuttosto, censura la decisione impugnata per non avere il Giudice del merito tenuto conto delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da lui depositate a riprova della pregressa convivenza, nonchè per averre disatteso la richiesta di prova testimoniale.

La censura nel momento in cui profila – sotto il profilo della violazione di legge – una critica sull’apprezzamento formulato dal giudice di merito in punto di prove si pone in contrasto con quella ferma giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il ricorrente, ove intenda censurare il mal governo degli artt. 115 e 116 c.p.c., è tenuto a dedurre tale censura attraverso il n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (cfr. Cass. 17 giugno 2013, n. 15107) poichè la doglianza investe la valutazione del materiale probatorio.

In ogni caso, la decisione si basa su precedenti decisioni di questa Corte in punto d’interpretazione del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 2 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa).

Infatti, la giurisprudenza di legittimità ha già precisato che in tema di prova civile la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà riveste efficacia nei rapporti con la P.A., ma non può spiegare rilievo probatorio nel giudizio, al più, costituendo un mero indizio valutabile dal giudice in relazione agli altri elementi acquisiti (cfr. Cass. 21 maggio 2014, n. 11223; Cass. 26 febbraio 2014, n. 4556): circostanza, questa, da escludere nel caso di specie, atteso che, come pacifico, la dichiarazione sostitutiva cui si riferisce il D.N. contrastava con le risultanze anagrafiche che smentivano, invece, la dedotta pregressa convivenza biennale del ricorrente con il proprio avo prima della morte di costui, come già rilevato dalla Corte d’Appello.

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della resistente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nell’importo complessivo di Euro 3.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Sentenza redatta con la collaborazione dell’assistente di studio Dott.ssa S.D..

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016

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