Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22917 del 21/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/10/2020, (ud. 06/03/2020, dep. 21/10/2020), n.22917

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DI NAPOLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13860/2014 R.G. proposto da:

I.T., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Gaffuri Gianfranco,

Albertini Francesco V., Pafundi Gabriele, con domicilio eletto

presso quest’ultimo in Roma viale Giulio Cesare n. 14, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 126/49/13, depositata in data 28 novembre 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 marzo 2020

dal Consigliere Fuochi Tinarelli Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

I.T. impugnava l’avviso di accertamento per l’anno 2005 per Irpef e Irap, emesso dall’Agenzia delle entrate in base agli studi di settore previa instaurazione del contraddittorio, con il quale veniva determinato un maggior reddito d’impresa di Euro 235.943,00.

Il contribuente contestava, in particolare, la concreta riferibilità del cluster 15 dello studio di settore TG5OU applicato dall’Ufficio.

L’impugnazione, accolta dalla CTP di Milano, era rigettata dal giudice d’appello.

I.T. propone ricorso per cassazione con quattro motivi, poi illustrato con memoria. L’Agenzia delle entrate deposita mero atto di costituzione ai fini della partecipazione alla discussione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 56, D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38,39 e 42, D.L. n. 331 del 1993, art. 62-bis, conv. nella L. n. 427 del 1993, L. n. 146 del 1998, art. 10 per aver la CTR ritenuto corretta la collocazione dell’attività d’impresa nel cluster 15 nella misura del 100% senza considerare le contestazioni del contribuente, essendo onere dell’Ufficio dimostrare l’applicabilità dello standard prescelto.

1.1. Il secondo motivo denuncia, sulla medesima questione, omesso esame circa un fatto decisivo identificato nelle circostanze di fatto riferite alla non riconducibilità integrale dell’attività del contribuente al cluster 15.

1.2. Il terzo motivo denuncia, in via subordinata, violazione dell’art. 112 c.p.c. sulle medesime questioni.

1.3. Il quarto motivo denuncia nuovamente violazione e falsa applicazione del gli artt. 54 e 56 D.P.R. n. 633 del 1972, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, 39 e 42, D.L. n. 331 del 1993, art. 62-bis, conv. nella L. n. 427 del 1993, L. n. 146 del 1998, art. 10 per aver ritenuto sufficiente il mero scostamento dai dati elaborati con lo studio di settore, in assenza di un adeguamento degli stessi alla realtà imprenditoriale del contribuente.

2. I primi tre motivi, da esaminare unitariamente per connessione logica, sono infondati.

2.1. Giova premettere che, come ripetutamente affermato da questa Corte, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati, quali meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività, ma nasce solo in esito al contraddittorio con il contribuente, la cui attivazione è obbligatoria pena la nullità dell’accertamento.

In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte (v. Sez. U n. 26635 del 2009, seguita da Cass. 12558 del 2010, Cass. n. 12428 del 2012, Cass. n. 23070 del 2012; Cass. n. 17787 del 2016; Cass. 9806 e 17289 del 2017; Cass. n. 18907 del 2018; Cass. n. 379 del 2019).

2.2. Orbene, premesso che, nella vicenda in giudizio, il contraddittorio è stato espletato, anche con una pluralità di incontri, il contribuente non contesta nè lo studio di settore applicato, nè il cluster (n. 15) di riferimento, ma solamente che quest’ultimo non sia applicabile nella sua pienezza in relazione ai caratteri di svolgimento dell’attività.

Non si pone, dunque, un profilo di dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto, il cui onere incombe all’Amministrazione, ma di prova della specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo cui l’accertamento si riferisce, che fa carico sul contribuente.

Come emerge dallo stesso avviso, per la limitata parte riprodotta in ricorso, l’Ufficio aveva dato atto che “il contribuente non ha rappresentato criticità in merito al fatto che la stessa è correttamente descritta nel cluster individuato”, risolvendosi dunque le successive contestazioni avanzate in sede contenziosa non su un tale aspetto ma, più concretamente, sulla sussistenza delle condizioni riferite alla specifica realtà dell’attività d’impresa.

Nessun rilievo, del resto, è stato sollevato in ordine alla stessa esistenza e consistenza delle ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, neppure essendo stato riprodotto, nella sua integralità, l’avviso di accertamento.

2.3. La CTR, peraltro, nel valutare nel merito l’accertamento, ha specificamente apprezzato tutti gli elementi posti a giustificazione della ripresa e, dunque, la stessa correttezza dello studio di settore applicato e del cluster, sottolineando la non congruità dei ricavi dichiarati per l’intera vita dell’impresa, la non coerenza dei principali indicatori economici per una pluralità di anni, la bassa redditività dell’impresa, con condotta antieconomica, l’entità delle spese di lavoro dipendente, del volume dei servizi acquistati, delle spese per acquisti di servizi, dei costi per l’acquisto di materie prime, per concludere con l’affermazione che “l’importanza dei rilievi emersi a carico del contribuente… è assorbente delle altre questioni sollevate dalle parti”, la quale, in termini inequivoci, integra un accertamento di fatto sulla correttezza del cluster applicato.

2.4. Non sussiste, dunque, la lamentata violazione di legge, nè omessa pronuncia; per contro, le doglianze finiscono con l’attingere l’adeguatezza e sufficienza della motivazione, in sè inammissibile.

3. Il quarto motivo è infondato ed ai limiti dell’inammissibile.

Come rilevato, la ripresa non si è fondata sul mero scostamento tra ricavi dichiarati e quelli risultanti dagli studi di settore ma su una pluralità articolata di elementi (antieconomicità pluriennale della gestione dell’impresa; sproporzione manifesta tra spese, volume dei servizi, manodopera e utili; non congruità per l’intera vita dell’impresa; incoerenza degli indicatori economici), la cui rilevanza e pregnanza è stata apprezzata dalla CTR in termini di assoluta prevalenza rispetto a quelli addotti a prova contraria dal contribuente, da ciò derivando l’inattendibilità delle dichiarazioni da questi presentate.

Pure tale censura, dunque, nel contestare la valenza dei singoli elementi apprezzati dalla CTR, mira, in realtà, ad una rivalutazione degli elementi probatori e documentali acquisiti in giudizio in vista di una rivisitazione dell’accertamento di fatto compiuto dai giudici di merito, non consentita nel giudizio di legittimità.

4. Il ricorso va pertanto rigettato. Nulla per le spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 6 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2020

 

 

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