Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22916 del 10/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 10/11/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 10/11/2016), n.22916

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 835/2014 proposto da:

T.C., (OMISSIS), T.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GUGLIELMO SALICETO, 4, presso

lo studio dell’avvocato BARBARA RIZZO, che li rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ANGELO CLARIZIA, FRANCESCO MERCOGLIANO

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

CONSULTA 50, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO MANCINI, che lo

rappresenta e difende giuste procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2180/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito l’Avvocato BARBARA RIZZO;

udito l’Avvocato ANTONIO MANCINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto di citazione notificato il 23 settembre 2008 G.G. conveniva davanti al Tribunale di Roma T.C. e T.F. esponendo di avere con loro stipulato un contratto di locazione verbale nel (OMISSIS) riguardante un appartamento di sua proprietà in (OMISSIS), di cui concedeva alle T. una camera e un bagno oltre a uso comune di cucina e accessori tenendo per sè un’altra camera, il tutto per Euro 700 al mese oltre alla metà delle spese accessorie. Sosteneva poi di non avere stipulato contratto scritto perchè le T. non avevano accolto le sue relative numerose richieste e che le T. gli avevano poi inviato richiesta scritta di uso esclusivo di tutto l’appartamento e dal (OMISSIS) avevano cessato di pagare il canone. Pertanto ne chiedeva la condanna al rilascio e al pagamento dei canoni, la condanna al risarcimento dei danni da mancato godimento, per Euro 700 mensili da (OMISSIS) fino al rilascio, e la condanna a pagare Euro 1511,91 come quota degli oneri accessori.

Si costituivano le convenute, resistendo: affermando di detenere l’appartamento per contratto locatizio verbale chiedevano di riconoscere l’esistenza del contratto L. n. 431 del 1998, ex art. 13, comma 5 e di condannare l’attore al risarcimento del danno per non aver loro garantito il pacifico uso dell’appartamento. Mutato il rito, il G., nella memoria integrativa, chiedeva in subordine la risoluzione del contratto per inadempimento delle conduttrici. Con sentenza dell’11 febbraio 2011 il Tribunale dichiarava nullo il contratto e occupanti senza titolo le convenute, che condannava a pagare a controparte Euro 14.700 oltre accessori per indennità di occupazione e Euro 1511,91 per oneri accessori.

A seguito di appello principale principale delle T. e di appello incidentale del G., la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 16 aprile – 16 maggio 2013, accoglieva l’appello principale limitatamente al dies a quo dell’indennità d’occupazione – che nella misura di Euro 700 mensili il primo giudice aveva fatto decorrere dal gennaio 2007 anzichè, come chiesto dall’attore, dal (OMISSIS) – e accoglieva l’appello incidentale – perchè il primo giudice aveva condannato all’indennità di occupazione fino alla proposizione della domanda, anzichè, come chiesto dall’attore, fino al rilascio -, conseguentemente condannando le T. a risarcire controparte per l’occupazione nella misura di Euro 31.850; confermava la sentenza nel resto.

2. Hanno presentato ricorso T.C. e T.F. sulla base di quattro motivi, tra cui G.G. si è difeso con controricorso.

Il controricorrente ha depositato pure memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è infondato.

3.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione della L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 5, norma che consente al conduttore la formalizzazione della locazione orale se è stato il locatore a pretendere un rapporto di locazione di fatto. Nel caso di specie, secondo le ricorrenti, dalle risultanze istruttorie risulterebbe che così avrebbe preteso il G., ma il giudice d’appello non avrebbe tenuto conto di quanto da tali risultanze, illustrate nel motivo, sarebbe inequivocabilmente emerso.

Come allora appalesa, appunto, l’effettivo contenuto del motivo, la doglianza è di natura fattuale, in quanto, sulla base di una valutazione alternativa degli esiti probatori, persegue dal giudice di legittimità una revisione dell’accertamento di merito. Ciò rende inammissibile la censura, assorbendo logicamente la conseguenza di tale accertamento in termini di eventuale applicabilità della norma invocata nella rubrica.

3.2 Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.: il giudice d’appello non avrebbe valutato correttamente le risultanze istruttorie e/o le ammissioni di controparte, e perciò sarebbe incorso in violazione dell’art. 115 c.p.c.. Anche se non si ritenesse applicabile L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 5, non sussisterebbe danno ingiusto da risarcire: sarebbe stato il locatore a immettere le conduttrici nel godimento dell’immobile, dovendosi escludere quindi occupazione abusiva. Ma anche qualora vi fosse occupazione sine titulo, controparte non avrebbe patito danno perchè dalle risultanze istruttorie individuabili nelle testimonianze di M.S. e di R.J. emergerebbe che le ricorrenti avrebbero corrisposto regolarmente il canone pattuito: sarebbe quindi incorsa la corte territoriale nella violazione dell’art. 115 c.p.c., laddove afferma che le dichiarazioni dei testi sui canoni dal gennaio 2008 in poi non sono “univoche e conducenti”; e non inciderebbe il fatto che i testimoni non abbiano saputo determinare l’ammontare del denaro mensilmente versato dalle ricorrenti alla controparte. Viene altresì invocato come prova il documento 5 allegato alla comparsa di risposta, che sarebbe stato redatto dalla madre di G.G..

La sintesi appena tracciata del contenuto del motivo ne dimostra una conformazione del tutto analoga a quella del motivo precedente: anche in questo, infatti, si contesta direttamente l’accertamento fattuale operato dai giudici di merito, proponendo una valutazione alternativa dei risultati delle prove, ora non sull’asserto della stipulazione scritta “impedita” dal locatore, bensì sulla prospettazione di assenza di occupazione senza titolo e regolare pagamento dei canoni. E’ dunque inammissibile pure questa doglianza.

3.3 Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost. e art. 426 c.p.c.. Sarebbe ingiusta la quantificazione del danno operata dalla corte territoriale in accoglimento dell’appello incidentale, poichè il petitum si cristallizza alla proposizione della domanda, non potendo riguardare i fatti accaduti dopo, pena lesione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.. Dopo la scadenza del termine per le memorie ex art. 426 c.p.c., sarebbe stato precluso proporre domande nuove, come, invece, irritualmente avrebbe fatto il G., onde la sua “domanda incidentale subordinata” sarebbe stata inammissibile. La corte territoriale avrebbe dovuto quindi rigettare l’appello incidentale e quantificare il – comunque non dovuto – danno solo per il periodo dal gennaio 2008 al 30 settembre 2008, data di notifica della domanda.

Non dovuto sarebbe altresì il risarcimento dei danni per oneri accessori, perchè dalle risultanze istruttorie sarebbe emerso che le ricorrenti non dovevano pagarli (testimonianza di R.J.); lo stesso G. avrebbe dichiarato che gli “oneri condominiali” erano inclusi nel canone.

La prima parte del motivo, relativa alla determinazione del petitum, dimostra la sua infondatezza già nello stesso ricorso, laddove questo espone che fin dall’atto introduttivo del giudizio Giuseppe G. aveva proposto domanda di condanna di controparte al risarcimento del danno per mancato godimento dell’immobile dal (OMISSIS) “fino all’effettiva restituzione dell’immobile” stesso. Non è dato comprendere da che possa dedursi l’asserita illegittimità della commisurazione del quantum del petitum al collocamento temporale di un evento che, quando viene proposta la domanda, ancora non si è verificato ma costituisce il petitum di una domanda correlata e contestualmente proposta: in alcun modo, invero, inficia il diritto di difesa la proposizione della domanda risarcitoria che quantifica il danno da mancato godimento fino al rilascio dell’immobile, rilascio che contemporaneamente viene chiesto per occupazione senza titolo. Nè, parimenti, vista la concreta evoluzione processuale, incide alcunchè la proposizione da parte del G. nella memoria integrativa per il mutamento del rito della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento di controparte: tale domanda infatti non è stata mai esaminata in quanto era subordinata all’accertamento positivo della validità del contratto locatizio, contratto che invece, come si è visto, è stato dichiarato nullo.

Nella parte finale, poi, il motivo ritorna ad argomentare su un piano inammissibilmente fattuale, in ordine al contenuto di un preteso accordo tra le parti per cui gli oneri condominiali non avrebbero dovuto essere pagati o comunque sarebbero stati inglobati nel canone stabilito dal contratto locatizio, che però è risultato nullo.

Sotto ogni profilo, dunque, il motivo non dimostra consistenza.

3.4 Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione art. 1575 c.c. e art. 1585 c.c., comma 1: la corretta applicazione della L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 5, doveva comportare la corretta applicazione di tali disposizioni, perchè “pienamente provata” sarebbe la violazione di controparte dell’obbligo di garantire al conduttore il pacifico godimento dell’immobile e dell’obbligo di garanzia dalle molestie. Vengono richiamate le testimonianze di R.J. e del padre di controparte, Gr.Gi., nonchè le risultanze dell’interrogatorio formale di G.G..

Il motivo, a tacer d’altro, si fonda sulla asserita validità del contratto locatizio, validità che è stata invece esclusa dichiarandosi nullo il contratto, per cui, come già rilevava il giudice d’appello (motivazione, pagina 7), ogni questione sull’inadempimento dell’obbligo del locatore a garantire il godimento dell’immobile da parte del conduttore viene da ciò assorbita. Anche questo motivo, pertanto, non può essere accolto.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna – solidale, per il comune interesse processuale – delle ricorrenti alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Sussistono D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna solidalmente le ricorrenti a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 5200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016

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