Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22915 del 13/09/2019

Cassazione civile sez. I, 13/09/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 13/09/2019), n.22915

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso n. 11445/2018 proposto da:

B.I., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della

Corte di Cassazione, rappres. e difeso dall’avv. Stefano Mannironi

dal quale è rappres. e difeso, con procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.; rappresentato e

difeso ope legis, dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato

in Via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositata il

07/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/07/2019 dal Consigliere Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

che:

B.I., cittadino gambiano, impugnò il provvedimento della Commissione territoriale che negò la protezione internazionale con ricorso innanzi al Tribunale di Cagliari che, con decreto emesso il 7.3.18, lo respinse, osservando che: era da escludere la protezione sussidiaria non sussistendo il paventato concreto pericolo per la sua vita che sarebbe stato rappresentato dalla pratiche magiche della moglie del patrigno; in Gambia, a seguito dell’insediamento del nuovo Presidente, nel 2016, non emergeva alcuno scontro armato, nè violenza indiscriminata, alla luce delle COI consultabili; era da escludere anche la protezione umanitaria, sia in base alla situazione stabile del Gambia, sia perchè il ricorrente non aveva allegato la specifica situazione di vulnerabilità, affidandosi a dichiarazioni generiche, sganciate dalla singola vicenda sostanziale.

Lo I. ricorre in cassazione formulando sei motivi, illustrati con memoria. Non si è costituito il Ministero intimato.

Diritto

RITENUTO

che:

Con il primo motivo è denunziata la violazione del D.L. n. 40 del 2017, art. 6, comma 3 undecies, lett. c), art. 8, commi 1 e 5, ett. g) e degli artt. 3,24,111 e 10 Cost., in relazione all’art. 6 Cedu e all’art. 342 c.p.c., nonchè l’omesso esame di fatto decisivo, poichè la Commissione non aveva reso disponibile la copia della videoregistrazione dell’audizione del ricorrente (di cui si dubitava anche dell’esistenza) di cui peraltro non era fatta menzione nella copia del verbale consegnata allo stesso ricorrente.

In particolare, quest’ultimo si duole che il Tribunale non ne abbia disposto l’audizione, che sarebbe obbligatoria per il solo fatto della suddetta mancata trasmissione della videoregistrazione.

Con il secondo motivo è denunziata violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e) e art. 3, L. n. 39 del 1990, art. 1 e art. 115 c.p.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo, per non aver il Tribunale considerato che il ricorrente era stato destinatario di pratiche magiche, con le relative conseguenze pregiudizievoli tipiche dell’ambiente culturale in cui aveva vissuto.

Con il terzo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 2, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 13, art. 6 direttiva CEE n. 115/08, nonchè omesso esame di un fatto decisivo, in quanto il Tribunale ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta di asilo e sull’istanza di rilascio del permesso umanitario per motivi caritatevoli o di altra natura (distinto da quello di cui all’art. 5 citato).

Con il quarto motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 16, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonchè omesso esame di un fatto decisivo, per non aver il Tribunale esaminato i presupposti della protezione sussidiaria in ordine al pericolo di subire gli effetti nefasti dei riti di magia nera.

Con il quinto motivo (erroneamente indicato come sesto) è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e dell’art. 6, comma 4, della Direttiva CEE n. 115/08, nonchè omesso esame di un fatto decisivo, lamentando che: riguardo alla protezione umanitaria negata, in caso di rimpatrio, il ricorrente sarebbe esposto anche al rischio della pena capitale o comunque di gravi sanzioni penali, ciò in contraddizione con il divieto italiano di estradizione in paesi che comminino la pena capitale; il Tribunale non aveva considerato la distinta fattispecie del rilascio del permesso di soggiorno per motivi caritatevoli.

Con il sesto motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, comma 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32, nonchè omesso esame di fatto decisivo, per non aver il Tribunale riconosciuto la protezione umanitaria in considerazione dell’instabilità della situazione interna del Gambia.

Il collegio ritiene che la causa sia da rinviare alla pubblica udienza.

Al riguardo, il Tribunale ha fissato l’udienza di comparizione poichè non era pervenuto il video della registrazione dell’audizione innanzi alla Commissione territoriale, ma l’ascolto del ricorrente non è ritenuto obbligatorio. Invero, secondo consolidato orientamento di questa Corte (Cass., nn. 5973 e 2817/19) “nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. Ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale solo se risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero”.

Ora, in ordine al primo motivo si pone la questione, assai delicata, dei limiti del sindacato della Corte di Cassazione sulla valutazione del giudice di merito riguardo alla necessità, o meno, del rinnovo dell’audizione del richiedente protezione per essere la causa definibile sulla base degli atti già a disposizione.

P.Q.M.

La Corte rinvia alla pubblica udienza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2019

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