Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22914 del 04/11/2011

Cassazione civile sez. I, 04/11/2011, (ud. 20/07/2011, dep. 04/11/2011), n.22914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.M. (c.f. (OMISSIS)), C.G. (C.F.

(OMISSIS)), nella qualità di eredi di C.A.,

titolare dell’omonima impresa individuale e di GIULIANI IMMA,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso

l’avvocato LUPONIO ENNIO, che li rappresenta e difende, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI RIETI (C.F. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DONIZETTI 20, presso

l’avvocato SPAGNOLI PAOLA, rappresentato e difeso dall’avvocato

TRINCHI ALBERTO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3415/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/07/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato MARIA CERBARA, con delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato ALBERTO TRINCHI che ha

chiesto l’inammissibilità o il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 4 novembre 1993 – il Tribunale di Rieti ha respinto l’opposizione proposta dal Comune di Rieti avverso due decreti ingiuntivi con cui l’impresa di cui titolare C.A., aggiudicataria di lavori cimiteriali, gli aveva intimato il pagamento delle somme di L. 87.800.000 e di L. 20.715.412, a titolo di corrispettivo dei lavori eseguiti e revisione prezzi. Disposta la riunione con altro giudizio promosso dal C. nei confronti del Comune di Rieti per ottenerne la condanna per inadempimento relativo al medesimo contratto d’appalto e conseguente condanna al pagamento della somma di L. 744.636.848 secondo le ragioni espresse nelle riserve, ha parzialmente accolto la domanda ivi proposta ed ha condannato il Comune a pagare agli eredi dell’attore – C. M., C.G. e G.M. – la somma di L. 52.545.013 oltre interessi, per interessi moratori relativi a pagamenti tardivi, esecuzione di specifici manufatti – riserva 14 – deposito cauzionale non restituito – riserve 8 e 4 bis – interessi e rivalutazione. Ha dichiarato intempestive tutte le altre riserve.

L’impugnazione proposta dall’amministrazione comunale è stata respinta con sentenza del 9 luglio 1998 dalla Corte d’appello di Roma, che ha invece accolto l’appello incidentale degli appellati elevando all’importo di L. 201.055.899 la somma ancora dovuta dalla stazione appaltante che ha dichiarato tempestive le riserve relative alle sospensioni cui si riferivano i danni chiesti e liquidati.

Impugnata innanzi a questa Corte di Cassazione dal Comune di Rieti, la decisione è stata cassata con sentenza n. 13589/2000, per quel che ancora rileva in relazione ai motivi del ricorso principale del Comune di Rieti riguardanti l’accoglimento della domanda di risarcimento dell’appaltatore conseguente alla sospensione dei lavori disposta il 28 novembre 1985 – riserva n. 1, e disposta il 30 settembre 1986 – riserva n. 9.

Il giudice del rinvio doveva attenersi al principio di diritto secondo cui occorreva accertare la legittimità delle sospensioni cui si riferivano le riserve stesse e le maggiori collegate pretese avanzate, e quindi individuare in quale momento ne fosse emersa la potenzialità dannosa. In caso d’illegittimità originaria, la riserva deve essere apposta nel verbale di sospensione, se invece insorge successivamente per fatti sopravvenuti, l’onere dell’iscrizione della riserva diventa attuale allorchè l’appaltatore è in grado, secondo ordinaria diligenza, d’apprezzarne l’incidenza negativa e l’idoneità dannosa. In stretta consecuzione, il giudice di rinvio era tenuto a verificare se l’impresa avesse esplicato la riserva nei termini e con le modalità di legge, e, in caso positivo, se fosse la sospensione rientrasse nella previsione del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 30 e, ove fosse risultata illegittima, se e in quale misura fosse stata raggiunta la prova del pregiudizio reclamato dall’appaltatore.

La Corte d’appello di Roma, definendo il giudizio ritualmente riassunto, con sentenza n. 3415/2005 depositata il 21 luglio 2004 ha accolto l’eccezione del Comune ed ha condannato C.M. e C.G., eredi anche della madre G.M. intanto deceduta, a restituire al Comune di Rieti la somma di Euro 202.024,62.

La questione dibattuta in sede di rinvio ha riguardato le riserve relative alle sospensioni dei lavori cui si riferivano le riserve n. 1 e n. 9.

I soccombenti hanno infine proposto ricorso per cassazione in base a tre motivi, ulteriormente illustrati con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui ha resistito l’intimato con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Devesi rigettare in linea preliminare l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, sollevata dal controricorrente sulla base della rilevata carenza d’interesse degli odierni ricorrenti, i quali non avrebbero impugnato distinte ed autonome rationes decidendi vale a dire, quella con cui si è affermata l’intempestività della riserva relativa alla sospensione del 28.11.85 perchè non iscritta nel registri di contabilità il 16 aprile 1986, e quella relativa alla riserva 30.9.86, dichiarata intempestiva perchè non iscritta al termine della sospensione medesima, il 28.5.1987-.

I motivi, che di seguito si riferiranno, investono la decisione impugnata in relazione al suo complessivo argomentare, riferito ad entrambe le riserve. E tanto è sufficiente ad escludere la fondatezza dell’eccezione.

Col 1^ motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 393 e 394 c.p.c. e vizio di motivazione in ordine ai principi di diritto affermati nella sentenza della cassazione.

La Corte Suprema ha subordinato il giudizio circa l’intervenuta decadenza dalle riserve all’indagine della legittimità delle sospensioni, che la Corte del merito avrebbe invece omesso, dando ingresso direttamente alla verifica della legittimità delle riserve e dell’eccezione di decadenza formulata dal Comune. Il dedotto vizio risiederebbe dunque nell’aver il giudice del rinvio proceduto all’esame del merito delle riserve, anzichè della legittimità delle sospensioni cui esse si riferivano. Sulla medesima questione la motivazione sarebbe stata peraltro omessa.

Il resistente replica per l’inammissibilità della censura, rilevandola in plurimi profili. Il motivo è inammissibile.

La doglianza ivi rappresentata risulta articolata con estrema genericità, senza affatto specificare in quale passaggio dell’articolato tessuto argomentativo che ne sorregge la conclusione, il giudice del rinvio abbia violato il principio di diritto, nel cui tracciato era vincolato a condurre la sua indagine. Prodromica ai rilievi circa la tempestività delle riserve, scrutinate in relazione ai tempi della rispettiva iscrizione, risulta la declaratoria della loro illegittimità originaria, che la Corte del merito ha accertato in linea preliminare, prestando ossequio a quanto statuito nella sentenza di rinvio. Il motivo, rimasto in sostanza a livello di mera enunciazione, non scalfisce la linearità e correttezza giuridica di tale iter argomentativo che, assolutamente conforme alle linee fissate nel principio di diritto, ha verificato il momento in cui quella illegittimità, adeguatamente scrutinata, indi ritenuta originaria e in questi termini qualificata, venne percepita dall’appaltatore in relazione alla sua potenzialità dannosa.

Col 2^ motivo i ricorrenti deducono il vizio d’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’esame delle riserve in discussione. Sarebbe stato omesso l’esame sulla cronologia della vicenda, in particolare sul fatto che i lavori furono sospesi il 31.10.84, giorno stesso della consegna, e nuovamente il 28.11.85, quando l’attività di cantiere era stata da poco aperta. Nessun elemento consentirebbe d’affermare che la potenzialità dannosa di tale ultima sospensione potesse essere colta immediatamente.

L’iscrizione del 2.6.86 fu coeva alla ripresa dei lavori, momento in cui se ne colse l’illegittimità, che la Corte d’appello avrebbe dovuto accertare in relazione alla possibilità concreta della valutazione di nuovi oneri. Parimenti, in ordine alla riserva n. 9, la condizione di buona fede del C. non gli consentì di percepire immediatamente il carattere pregiudizievole della sospensione disposta il 30 settembre 1986 per l’approvazione della perizia di variante, che si rivelò tale solo successivamente, seguendone l’iscrizione nel registro di contabilità alla chiusura dei lavori.

Il 3 motivo denuncia violazione del R.D. n. 350 del 1895, artt. 16, 53, 54 e 89. La censura si riferisce all’asserita errata individuazione dei tempi d’iscrizione delle riserve di cui si discute, e dell’esplicazione tempestiva avvenuta il 22 luglio 1986.

La Corte distrettuale avrebbe erroneamente ritenuto che la riserva n. 1 dovesse essere iscritta nel registro di contabilità il 16 aprile 1986 riferendosi a riserva estranea al dibattito processuale.

Il resistente deduce inammissibilità o infondatezza di entrambi i motivi.

Le censure riferite, congiuntamente esaminabili data la stretta connessione logica, devono essere dichiarate inammissibili.

La Corte distrettuale, illustrando il suo percorso argomentativo con motivazione adeguata e puntuale, ha sostenuto l’intempestività della riserva n. 1, relativa alla sospensione dei lavori disposta il 28.11.1985 per redigere la perizia di variante e suppletiva, alla stregua dei termini concreti della vicenda. Rilevato che i lavori furono ripresi il 2.6.1986 e la riserva venne apposta in questa data con la menzione le reiterate sospensioni durate complessivamente 427 gg. avevano causato notevoli danni, ha ritenuto che la riserva fosse illegittima già alla data della sospensione, sì che dovesse essere iscritta nello stesso verbale, poichè si trattò di una seconda sospensione durata nove mesi, durante i quali il C. si era attivato per ottenere gli elaborati relativi agli accertamenti geologici dal Comune, che effettivamente gli furono messi a disposizione nell’aprile del 1985. La sospensione si manifestava complessa e di non breve durata, carattere questo prevedibile da parte di un imprenditore civile. Significativo indizio era rappresentato dal fatto che nella riserva del 2.6.86 entrambe le sospensioni furono imputate alla stessa causa e la circostanza, seppur vi sia inesattezza nell’imputazione dal punto di vista tecnico, evidenzia la consapevolezza dell’errore del progetto del Comune e del fatto che aveva accomunato entrambe le sospensioni. Ad ogni modo, la riserva non fu esplicata nel registro di contabilità nel termine di 15 gg. sancito dal R.D. n. 350 del 1895, art. 54. Pur avendo a disposizione il registro il 16 aprile 1986, il C., infatti, annotò la riserva l’8 luglio 2006 e la esplicò il 22.7.86.

I ricorrenti ripercorrono i termini della vicenda ed assumono a smentita la tempestività dell’iscrizione eseguita il 2 giugno 1986, alla data di ripresa dei lavori, indi reiterata l’8 luglio per poi essere esplicata il 22 luglio dello stesso anno, proponendo lettura personale delle circostanze riferite, e confutando in sostanza l’apprezzamento nel merito dei dati che ad avviso del giudice del rinvio avrebbero invece dimostrato l’illegittimità originaria della sospensione e la consapevolezza di tale carattere da parte dell’appaltatore. La valutazione circa tale stato soggettivo di consapevolezza era demandata in via esclusiva al giudice del merito e la conseguente decisione conclusiva, dal momento che risulta sorretta da motivazione adeguata ed immune da errori di diritto, non può essere sindacata in questa sede. Parimenti è a dirsi in ordine alla sospensione cui si riferiva la riserva n. 9.

La sospensione venne disposta il 30.9.8 6 e si protrasse sino al 28.5.87, data questa in cui il Comune rescisse il contratto d’appalto. La riserva venne iscritta il 12.10.87, ad avviso del giudice del rinvio tardivamente, in quanto, essendo stata la sospensione disposta poichè era in corso l’approvazione della perizia di variante, appariva palesemente collegata alle precedenti.

In ragione di tale nesso, il suo carattere illegittimo era immediatamente percepibile. Ad ogni buon conto, l’appaltatore non la iscrisse neppure il 5.12.86, seppur a tale data avesse avuto a disposizione il registro di contabilità.

Il motivo si fonda sulla contestazione circa tale stato soggettivo ed invoca una condizione di buona fede dell’appaltatore, cui si contrappose l’atteggiamento illegittimo della stazione appaltante che condizionò la ripresa dei lavori alla rinuncia alle riserve. Si tratta all’evidenza di una ricostruzione dei fatti alternativa a quella rappresentata nella decisione impugnata, la cui fondatezza non può essere scrutinata in questa sede ove non trovano ingresso valutazioni che attengono al merito. La decisione in parte qua è adeguatamente motivata e non è perciò censurabile.

Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere rigettato con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso principale e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio liquidandole in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2011

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