Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22912 del 13/08/2021

Cassazione civile sez. I, 13/08/2021, (ud. 06/05/2021, dep. 13/08/2021), n.22912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MELONI Marina – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. SERRAO Eugenia – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24374/2020 proposto da:

O.L.C., rappresentato e difeso dall’avv. Caterina Bozzoli del

foro di Padova;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno; Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona – Sezione

di Padova, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domiciliano per legge;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5071/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 18/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

6/05/2021 dal consigliere Dott. EUGENIA SERRAO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte d’Appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza emessa in data 25/06/2017 dal Tribunale di Venezia, che aveva rigettato l’opposizione avverso il provvedimento della Commissione Territoriale che aveva negato la protezione internazionale richiesta dalla cittadina della Nigeria.

2. Il giudice di appello ha ritenuto contraddittoria e non credibile la vicenda narrata in quanto il racconto dell’appellante presso la Commissione Territoriale e davanti al tribunale evidenziava molte contraddizioni e profili di inverosimiglianze. In particolare l’istante, cittadina nigeriana, era espatriata da Benin City per sottrarsi alle violenze e alle minacce di un gruppo di persone considerato analogo a Boko Haram; quel gruppo, all’inizio del 2014, voleva che sposasse il capo del gruppo, anche se più vecchio e a causa del suo rifiuto avevano tentato di ucciderla mentre sua sorella più piccola era stata violentata in sua presenza e suo padre ferito; era stata picchiata e messa a bordo di un fuoristrada, dal quale era saltata fuori fuggendo nel bosco; aveva ricevuto denaro dalla madre e si era recata in Libia per poi giungere in Italia.

I giudici di merito hanno ritenuto inverosimile che la richiedente fosse riuscita a fuggire mentre era trasportata a bordo di un fuoristrada e nel bosco, né era comprensibile il tentativo di ucciderla e al contempo il fatto che fosse stata lasciata vivere e rapita. La richiedente non è stata in grado di connotare descrivere i componenti del gruppo, in forza del principio della vicinanza della prova.

3. La richiedente ha proposto ricorso affidato ad un solo motivo, chiedendo di essere rimessa in termini in ragione dell’impossibilità, a causa della situazione pandemica, di presentarsi tempestivamente presso lo studio legale per la firma della procura speciale.

L’intimato Ministero dell’Interno si è costituito ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

4. Va preliminarmente scrutinata la questione, rilevabile d’ufficio, relativa alla tempestività del ricorso per cassazione.

4.1. La sentenza impugnata risulta pubblicata il 18/11/2019; il ricorso notificato telematicamente in data 11/09/2020 (cfr. documentazione informatica relativa alla notifica a mezzo PEC prodotta dal ricorrente in allegato al ricorso) risulta tardivo, poiché “nelle controversie in materia di protezione internazionale celebrate ratione temporis secondo il rito sommario introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, il ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello deve essere proposto nel termine di sei mesi dalla pubblicazione della decisione, come previsto in via generale dall’art. 327 c.p.c., comma 1, non essendovi disposizioni particolari che riguardino l’impugnazione delle pronunce di gravame all’esito di un procedimento sommario, e non trovando applicazione il disposto dell’art. 702 quater c.p.c., che attiene alla proposizione dell’appello contro le ordinanze di primo grado” (Cass. 14821/2020).

4.2. Il ricorso risulta per tale profilo, pur tenuto conto della sospensione dei termini processuali dal 9 marzo all’11 maggio 2020 disposta dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dal D.L. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla L. 5 giugno 2020 n. 40, inammissibile.

4.3. La richiesta di rimessione in termini per la sua proposizione, in cui è addotta a causa maggiore la difficoltà d’incontro con il difensore per la firma della procura causata dalla situazione pandemica, è palesemente inaccoglibile, atteso che l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 153 c.p.c., comma 2, come novellato dalla L. n. 69 del 2009, opera anche con riguardo al termine per proporre impugnazione e richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà che presenti i caratteri dell’assolutezza e non della mera difficoltà (Cass. n. 27726/20); dimostrazione qui del tutto mancante.

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese, in assenza di difese delle parti intimate.

6. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13 comma 1-quater (Sez. U, 4315/2020).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 6 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2021

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