Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22911 del 10/11/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. III, 10/11/2016, (ud. 26/09/2016, dep. 10/11/2016), n.22911

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19664/2014 proposto da:

FLAP SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore sig.

F.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso

lo studio dell’avvocato MARIO GIUSEPPE RIDOLA, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati ALBERTO FIGONE, SILVIO GABRELLI,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.A., C.E., C.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 772/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 12/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2016 Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato RIDOLA MARIO G. per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- B.A., C.E. e C.V., quali eredi legittimi di C.A., proposero appello avverso la sentenza del Tribunale di Massa Carrara – sez. dist. di Pontremoli, che aveva rigettato la domanda avanzata dai medesimi nei confronti della FLAP S.r.l. e di Bi.Ot., per la dichiarazione di inefficacia dell’atto di compravendita a rogito del notaio V.M. di (OMISSIS), avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo trasferito dal Bi., debitore delle parti attrici, alla società convenuta FLAP S.r.l..

2.- La Corte di appello di Genova, con la sentenza qui impugnata, pubblicata il 12 giugno 2013, ha accolto il gravame ed ha dichiarato inefficace ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’atto su indicato. Ha condannato gli appellati al pagamento delle spese processuali in favore degli appellanti.

3.- Avverso la sentenza, la FLAP S.r.l. propone ricorso, affidato ad un motivo, articolato in due censure, illustrate da memoria.

Gli intimati non si difendono.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 e 2901 c.c., nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.

La ricorrente assume l’errore della Corte di merito nella valutazione della prova presuntiva in merito alla scientia damni della società terza acquirente. Contesta quindi fatti posti a base del giudizio, sostenendo:

– che non si sarebbe trattato di vendita diretta ma di vendita conclusa con la mediazione di un intermediario immobiliare, quindi di una fattispecie che, in sè considerata, escluderebbe la possibilità di conoscenza del pregiudizio da parte del terzo;

– che il notaio sarebbe stato contattato direttamente dall’agenzia immobiliare, come dal professionista dichiarato in sede di deposizione testimoniale;

– che vi è la fattura rilasciata dall’agenzia all’acquirente a dimostrazione del pagamento della provvigione per l’intermediazione immobiliare;

– che non sarebbe rilevante che questo pagamento sia stato fatto in data anteriore alla conclusione dell’affare nè che sulla fattura mancasse l’indicazione dell’affare;

che non vi sarebbero dati da cui desumere che la FLAP si fosse rivolta alla stessa agenzia anche per altri affari (come ritenuto dal giudice di merito);

che la successiva locazione dello stesso immobile al convenuto sarebbe espressione della normale attività sociale della FLAP in ambito immobiliare.

La ricorrente soggiunge che il giudice di secondo grado avrebbe finito per invertire l’onere della prova e per rendere motivazione contraddittoria.

2.- Il ricorso è inammissibile poichè lamenta vizi di motivazione ed evoca surrettiziamente violazioni di legge, al solo fine di sollecitare un nuovo esame dei fatti e delle prove.

Non essendo in contestazione nè la preesistenza del credito all’atto dispositivo nè l’eventus damni, non può che essere qui ribadito che in tema di azione revocatoria ordinaria, allorchè l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, l’unica condizione per l’esercizio della stessa è che il debitore fosse a conoscenza del pregiudizio delle ragioni del creditore e, trattandosi di atto a titolo oneroso, che di esso fosse consapevole il terzo, la cui posizione – per quanto riguarda i presupposti soggettivi dell’azione – è sostanzialmente analoga a quella del debitore; la prova del predetto atteggiamento soggettivo può essere fornita tramite presunzioni il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato (Cass. n. 17327/11, n. 27546/14 ed altre).

2.1.- Nel caso di specie, peraltro, va tenuto conto della modifica apportata al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 10, lett. b), convertito nella L. n. 134 del 2012, che consente esclusivamente la denuncia di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Ai sensi dell’art. 54, comma 3, del medesimo Decreto, questa disposizione si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della Legge di Conversione del predetto decreto (pubblicata sulla G.U. n. 187 dell’il agosto 2012): quindi si applica alla sentenza impugnata, che è stata pubblicata il 12 giugno 2013.

Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, la norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, “introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extrate-stuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.” (Cass. S.U. n. 8053/14).

2.2.- Tutti i fatti storici indicati come rilevanti dalla ricorrente, sopra sintetizzati, sono stati esaminati dal giudice e sono stati reputati, per un verso, privi di sufficiente riscontro probatorio (in particolare, l’attività di intermediazione svolta dall’agenzia immobiliare, che il giudice ha perciò ritenuto non dimostrata) e, per altro verso, significativi della scientia damni del debitore e della società acquirente (in particolare, il prezzo di vendita dell’immobile, di poco superiore a quello pagato per l’acquisto; il momento della vendita, di poco successiva alla pronuncia di sentenza penale contenente provvisionale esecutiva; l’unicità del cespite nel patrimonio del debitore).

La ricorrente vorrebbe, in sostanza, che fossero riesaminati i fatti e le prove che dovrebbero dimostrare, da un lato, l’esistenza di quell’intermediazione immobiliare che invece in punto di fatto è stata decisamente esclusa dalla Corte di merito; e, per contro, che fossero diversamente apprezzati gli stessi fatti che la Corte di merito ha posto a fondamento della prova presuntiva, con motivazione incensurabile ai sensi del riformato art. 5 dell’art. 360 c.p.c. e con decisione rispettosa delle norme sulla prova presuntiva, poichè si tratta di più elementi, gravi, precisi e concordanti.

In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese poichè gli intimati non si sono difesi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA