Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22911 del 04/11/2011

Cassazione civile sez. I, 04/11/2011, (ud. 19/07/2011, dep. 04/11/2011), n.22911

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

IMPRESA MAURIZIO DE ROSSI & C. S.A.S. (C.F. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante e socio accomandatario pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 217, presso

l’avvocato POTI’ FRANCESCA, che la rappresenta e difende, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI TORRITA TIBERINA (c.f. (OMISSIS)), in persona del

Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI S.

MARIA MAGGIORE 112, presso l’avvocato DI LAURO ALDO, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3435/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/07/2011 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato DI LAURO che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 23.10.02 pronunciando sull’opposizione proposta dal Comune di Torrita Tiberina avverso il decreto ingiuntivo con il quale l’impresa Maurizio De Rossi & C. s.a.s. gli aveva intimato il pagamento della somma di L. 249.960.831, oltre accessori, in corrispettivo dei lavori di restauro del locale castello baronale che le erano stati appaltati – preso atto dell’avvenuta estinzione del debito per sorte capitale, condannò l’ente territoriale a corrispondere all’impresa Euro 24.627,67 a titolo di interessi moratori ed Euro 413,16 a rimborso dei costi dalla stessa sostenuti per il rinnovo di polizze fideiussorie, oltre agli interessi legali su tali somme dalla data della domanda al saldo effettivo ed alle spese, anche del monitorio.

L’appello proposto dal Comune di Torrita Tiberina contro la decisione fu integralmente accolto dalla Corte d’Appello di Roma che, con sentenza del 25.7.05, rigettò la residua domanda della s.a.s. De Rossi e la condannò al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio. La Corte, a sostegno della decisione, rilevò che, secondo quanto risultava dal bando di gara e dal contratto, il Comune si era avvalso della normativa di cui al D.L. n. 55 del 1983, art. 13 secondo il quale non erano dovuti all’appaltatore gli interessi per ritardato pagamento relativi al periodo intercorso fra la proposizione della domanda di finanziamento alla Regione e l’effettiva erogazione del mutuo; che tale norma prevaleva su quella di cui alla L. n. 741 del 1981, art. 4 e che pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, la relativa clausola contrattuale non poteva reputarsi nulla, nè bisognosa di specifica approvazione ai sensi dell’art. 1341 c.c.; che, inoltre, non v’era prova che il protrarsi delle polizze fideiussorie fosse stato determinato dal ritardo con il quale il Comune aveva provveduto a collaudare le opere.

La De Rossi s.a.s ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a cinque motivi.

Il Comune di Torrita Tiberina ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo di ricorso, la s.a.s. De Rossi denuncia violazione del D.L. n. 55 del 1983, art. 13 convertito con modificazioni dalla L. n. 131 del 1983, nonchè vizio di motivazione.

Rileva che la disposizione, inserita nel bando e nel contratto, non era applicabile nel caso di specie, trattandosi di norma di carattere eccezionale, espressamente dettata per gli appalti di forniture e servizi finanziati dalla Cassa DD.PP. 2) Con il secondo motivo, denunciando violazione della L. n. 741 del 1981, art. 4 (oggi abrogato, ma in vigore alla data di stipulazione del contratto), oltre che vizio di motivazione, la ricorrente rimprovera alla Corte di merito di aver ignorato il contenuto precettivo della norma che assume violata, che sancisce la nullità di tutte le pattuizioni che prevedano particolari modalità o termini dilatori per la corresponsione degli interessi moratori.

3) Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 1341 c.c. e lamenta che la Corte territoriale abbia escluso la natura vessatoria della clausola contrattuale che escludeva la corresponsione degli interessi moratori sino alla data di erogazione del finanziamento.

4) Con il quarto motivo, denunciando violazione degli artt. 2697, 1218, 1224, 1282, 1284 c.c. e vizio di motivazione, la De Rossi s.a.s. assume che la Corte territoriale non ha dato conto, in sentenza, del processo logico-giuridico che l’ha condotta a discostarsi dalla decisione del primo giudice in ordine all’imputabilità al Comune del ritardo nello svolgimento delle operazioni di collaudo. Osserva a riguardo che spettava all’ente appaltante di provare che tale ritardo non derivava da suo fatto e colpa e che la scarna e tautologica statuizione del giudice d’appello sul punto è sorretta da motivazione inadeguata ed illogica.

5) Con il quinto motivo, la ricorrente denuncia, infine, violazione del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 38 L. n. 741 del 1981, art. 5 artt. 2697, 1218 e 1224 c.c. e lamenta che il giudice dell’appello, sul presupposto dell’insussistenza del ritardo colpevole dell’amministrazione nell’effettuazione del collaudo, abbia respinto la domanda di rimborso dei maggiori costi sostenuti per il prolungamento delle polizze fideiussorie.

6) Il primo ed il secondo motivo di censura, che sono fra loro connessi e che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati e meritano accoglimento.

6.1) Il contratto dedotto in giudizio, secondo quanto accertato nella sentenza di primo grado, coperta da giudicato sul punto, era disciplinato dal Capitolato generale delle opere pubbliche, di cui al D.P.R. n. 1063 del 1962.

6.2) La norma di cui al D.L. n. 55 del 1983, art. 13, n. 3 e 2 nel testo modificato dalla Legge di Conversione n. 131 del 1983, secondo cui il calcolo del tempo contrattuale per la decorrenza degli interessi da ritardato pagamento non tiene conto dei giorni intercorrenti tra la spedizione della domanda di somministrazione e la ricezione del relativo mandato di pagamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale, è disposizione speciale, espressamente dettata per i contratti di forniture e servizi stipulati dagli enti locali e finanziati dalla Cassa Depositi e Prestiti.

Questa Corte ha, per il vero chiarito che, poichè la L. n. 131 del 1983 è rivolta non a regolare l’appalto di servizi in particolare, bensì ad introdurre provvedimenti urgenti nel settore della finanza locale per il ripianamento dei bilanci deficitari delle province e dei comuni, l’espressione “fornitura” di beni e servizi va interpretata – secondo la sua accezione di uso generale, pur se non corretta tecnicamente – come comprensiva anche degli appalti di opere pubbliche. Tuttavia, affinchè la norma possa trovare applicazione, è pur sempre necessario che l’ente locale provveda al pagamento del corrispettivo attraverso il ricorso al mutuo della Cassa Depositi e Prestiti, e che tale circostanza sia richiamata nel bando di gara (Cass. n. 13752/05).

Deve dunque escludersi che il Comune di Torrita Tiberina potesse avvalersi della norma in esame nella stipulazione di un contratto d’appalto che, come quello dedotto in giudizio, era finanziato da mutuo regionale.

6.2) La Corte territoriale, nell’affermare la prevalenza della predetta norma speciale rispetto alla norma generale di cui alla L. n. 741 del 1981, art. 4, comma 3 che sancisce la nullità di tutti i patti che prevedano particolari modalità o termini dilatori per il pagamento degli interessi moratori spettanti all’appaltatore (dovendo tali interessi, secondo quanto previsto dal comma 1 del medesimo articolo, essere computati e corrisposti, senza la necessità di apposite riserve o domande, in occasione del pagamento, in conto o a saldo, immediatamente successivo), ha dunque omesso di considerare che i presupposti per l’applicazione della disciplina derogatoria non erano nella specie sussistenti e che, in conseguenza, la clausola negoziale che, recependo tale disciplina, sospendeva il pagamento degli interessi moratori sino alla data di effettiva erogazione del finanziamento, era affetta da nullità assoluta ed insanabile (cfr, in termini, Cass. nn. 16814/06,13125/04).

6.3) Il Comune ha dedotto nel controricorso che in ordine alla validità di tale clausola, mai contestata dall’Impresa De Rossi nei precedenti gradi del giudizio, si sarebbe formato il giudicato interno.

Sennonchè, a prescindere dal rilievo che si versa in tema di nullità rilevabile dal giudice d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio di merito, l’assunto del Comune trova smentita nella lettura della sentenza impugnata, nella quale la Corte d’Appello ha espressamente affrontato la questione, sia pur risolvendola in maniera errata. Resta assorbito l’esame del terzo motivo di censura, con il quale la ricorrente ha prospettato la nullità della medesima clausola sotto un diverso ed ulteriore profilo.

7) Anche il quarto ed il quinto motivo di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati e meritano accoglimento.

7.1) Questa Corte è ferma nel ritenere che, in tema di appalto di opere pubbliche, il pagamento degli interessi dovuti alle scadenze previste dagli art. 35 e 36 del capitolato generale approvato con il D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, non necessita di domanda alcuna da parte dell’appaltatore, essendo a carico dell’amministrazione appaltante, secondo le ordinarie regole di ripartizione dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., di dimostrare l’eventuale non imputabilità del ritardo (Cass. nn. 12451/08, 16814/06, 10692/05).

Il giudice dell’appello non si è attenuto a tale principio, laddove – nell’esaminare i motivi di gravame con il quale il Comune lamentava che il giudice di primo grado gli avesse imputato il ritardato pagamento del debito per sorte capitale, avvenuto solo in corso di causa, dopo l’effettuazione del collaudo – ha affermato che non “v’è prova alcuna della pretesa tardiva predisposizione degli atti relativi al collaudo”, in tal modo facendo ricadere sull’impresa appaltatrice l’onere di provare l’imputabilità di tale ritardo al fatto del committente.

7.2) L’erroneità di tale affermazione non appare superata dal successivo rilievo secondo cui il collaudo venne effettuato “allorchè l’ente locale fu posto in grado di valutare l’effettivo completamento delle opere appaltate, sempre in seguito al ritardo nell’erogazione del finanziamento ed a seguito dell’omessa separazione dell’ultimo stato di avanzamento dei lavori dal saldo finale”, attraverso il quale la Corte territoriale sembrerebbe aver accertato, in concreto, l’insussistenza di un ritardo colposo del Comune nell’adempimento. L’accertamento si fonda, infatti, su circostanze prive di collegamento rispetto alla questione dibattuta, non essendo dato comprendere perchè il ritardo nell’erogazione del finanziamento e l’omessa separazione contabile dell’ultimo stato di avanzamento dei lavori dal saldo finale avrebbero impedito al Comune di valutare l’effettivo completamento delle opere appaltate e di procedere all’effettuazione delle operazioni di collaudo. Ricorre pertanto, sul punto, il denunciato vizio di motivazione.

L’accoglimento dei motivi comporta la cassazione della sentenza impugnata e la rimessione della causa, per un nuovo esame, alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte: accoglie il primo, il secondo, il quarto ed il quinto motivo di ricorso e dichiara assorbito il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, per un nuovo esame, alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2011

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