Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2291 del 31/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/01/2011, (ud. 17/12/2010, dep. 31/01/2011), n.2291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24385/2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

LIBRA KATANA PETROLI SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

sul ricorso 28084/2006 proposto da:

LIBRA KATANA PETROLI SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

MONTELLO 30 presso lo studio dell’avvocato DI GANGI FRANCESCO,

rappresentato e difeso dagli avvocati PARLATO ANDREA, PELLEGRINO

LUCIANO, giusta delega in calce;

– controricorrente e ricorrente incid. –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 21/2005 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO,

depositata il 08/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/12/2010 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA CONCETTA SAMBITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI FABRIZIO, che ha

chiesto l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato GAMBARDELLA CARLA per delega Avv.

PELLEGRINO LUCIANO, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’infondatezza

dell’eccezione, l’accoglimento del ricorso principale, il rigetto

dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata l’8.7.2005, la Commissione Tributaria Regionale di Palermo in riforma della decisione della Commissione Tributaria di primo grado, ha accolto il ricorso proposto dalla Libra Katana Petroli S.r.l. in liquidazione avverso l’avviso di accertamento relativo all’IRPEG-ILOR per l’anno 1991.

Avverso tale sentenza, che riteneva indimostrati i fatti costitutivi del credito, ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, cui resiste, con controricorso, la Libra Katana Petroli S.r.l., che ha proposto ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Disposta, preliminarmente, la riunione dei ricorsi sensi dell’art. 335 c.p.c., avverso la medesima sentenza, va, quindi, esaminata l’eccezione con cui la Società Libra Katana Petroli sostiene l’inammissibilità del ricorso avversario:

a) per la mancata indicazione dell’organo-parte ricorrente in violazione dell’art. 125 c.p.c. e art. 366 c.p.c., n. 1, dato che dall’intestazione del ricorso “non si individua in modo netto la persona del ricorrente” nè “l’ufficio territoriale di appartenenza” e dato che l’Agenzia delle Entrate è “strutturata in articolazioni di singoli Uffici con competenza territoriale limitata”, sicchè non si comprende “quale sia l’Ufficio della stessa legittimato all’esercizio dell’azione giudiziaria”;

b) per difetto della procura speciale, ex art. 365 c.p.c. e art. 366 c.p.c., n. 5, avendo l’Avvocatura Generale dello Stato proposto il ricorso, in assenza di mandato speciale dell’Agenzia delle Entrate, ed avendo il D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 72, previsto la facoltà e non l’obbligo, per le Agenzie, di rivolgersi all’Avvocatura dello Stato.

L’eccezione è infondata sotto entrambi i profili.

Va, infatti, rilevato, sotto il primo, che la legge attribuisce la personalità giuridica all’Agenzia delle Entrate e non anche ai singoli uffici periferici in cui essa si articola (cfr. D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 61, comma 1, ed il Regolamento di amministrazione) e, dall’altra, che il ricorso è intestato all’Agenzia delle Entrate “in persona del Direttore Centrale pro tempore”, e, cioè, proprio all’organo che è dotato della rappresentanza legale dell’Agenzia stessa (D.Lgs. n. 300 del 1999, artt. 67 e 68 ed art. 6 dello Statuto dell’Agenzia delle entrate approvato con deliberazione del Comitato direttivo del 13.12.2000, n. 6, pubblicato in G.U. 20.2.2001 n. 42), restando, così, univocamente identificato sia il soggetto che l’organo ricorrente.

Tale conclusione non è smentita dal fatto che gli Uffici periferici dell’Agenzia sono abilitati a stare in giudizio, in quanto le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. SU n. 3116 del 2006 e n. 22641 del 2007) hanno riconosciuto tale legittimazione in via concorrente e alternativa rispetto a quella del Direttore presso la sede centrale, in ossequio, tra l’altro, al principio di effettività della tutela giurisdizionale – che, proprio al contrario di quanto postulato dalla controricorrente – impone di ridurre al massimo le ipotesi d’inammissibilità.

In ordine all’asserita carenza dello “jus postulandi” dell’Avvocatura generale dello Stato, va ribadito l’indirizzo giurisprudenziale (Cass. SS.UU. 23020/05, Cass. n. 11227/2007, n. 3427/2010), che muovendo dal carattere facoltativo e non obbligatorio del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato – per effetto del richiamo al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43, contenuto nel D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 72 – ha affermato che quando l’Agenzia si avvalga dell’Avvocatura dello Stato, come nel caso in esame, non è necessario il rilascio di una specifica riferita al singolo giudizio, essendo applicabile (anche a tale ipotesi la disposizione dell’art. 1, comma 2 del R.D. cit., secondo cui gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato.

Col primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., artt. 112 e 132 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e art. 62, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, sostiene che l’affermazione secondo “non risulta che l’amministrazione abbia dimostrato i fatti costitutivi della pretesa vantata con l’avviso impugnato” non può ritenersi idonea a soddisfare il requisito della motivazione della sentenza.

Il motivo è fondato.

Ed, infatti, dopo aver genericamente premesso il principio secondo il quale i provvedimenti di accertamento tributario non sono assistiti dalla presunzione di legittimità, i giudici d’appello hanno concluso per l’infondatezza della pretesa dell’Ufficio, adducendo a ragione la formula di stile sopra testualmente riportata, che, come sottolineato dalla ricorrente, si presta, tanto è generica, ad esser riferita a qualsiasi controversia. Così facendo, la Commissione regionale si è sottratta al dovere di indicare gli elementi da cui ha tratto il suo convincimento, ed omettendo, persino, di enunciare quali fossero i fatti addotti dall’Amministrazione a sostegno della pretesa impositiva, ha precluso, del tutto, il controllo della correttezza del percorso argomentativo.

L’assoluta laconicità della motivazione si traduce, dunque, nella carenza della motivazione, che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ricorre, appunto, allorchè la sentenza manca delle argomentazioni atte a palesare le ragioni della decisione, e che determina la nullità della sentenza, deducibile ex art. 360 c.p.c., n. 4 (Cass. SU n. 9321/2001) incidendo sul modello descritto dalle norme di cui all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1, che costituiscono attuazione del principio costituzionale di cui all’art. 111 Cost., in virtù del quale tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati (Cass. n. 13990/2003, n. 12114/2004).

L’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame del secondo, col quale l’Agenzia lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 e dell’art. 2697 c.c., e segg. e artt. 2727 e 2729 c.c., nonchè insufficiente ed illogica motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sostenendo che gli elementi di fatto evidenziati dai giudici di primo grado – conto cassa in rosso, senza plausibili giustificazioni, contabilizzazione dei ricavi inferiore al costo del venduto, vendita di merci ad un prezzo inferiore a quello di acquisto, presentazione dell’istanza per sanare le irregolarità formali ex lege n. 85 del 1995 – fanno presumere, secondo criteri di ragionevolezza, la mancata annotazione dei ricavi, e giustificano il ricorso al metodo induttivo, con conseguente onere di dimostrare il contrario a carico della Società, che non lo aveva assolto.

La cassazione della sentenza comporta l’assorbimento, anche, del ricorso incidentale condizionato, potendo la Società, riproporre in sede di rinvio le domande e le eccezioni non accolte o non esaminate dal giudice d’appello, compresa l’omessa pronuncia sull’eccezione di giudicato esterno, che secondo la ricostruzione della Società, si sarebbe formato in pendenza del giudizio di merito, a seguito della mancata impugnazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Palermo n. 177/23/2001, in materia di IVA, relativa agli anni 1991, 1992 e 1993.

La sentenza va, dunque, cassata, ed, essendo necessaria una nuova valutazione del merito va disposto il rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in altra composizione che provvederà anche a regolamentare le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo e quello incidentale, cassa e rinvia anche per le spese alla CTR della Sicilia.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2011

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