Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2291 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/01/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 30/01/2020), n.2291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso iscritto al n. 33677/2018 R.G. proposto da:

P.C., G.F., V.M., PR.LI.,

PA.CL.GI., M.E., p.a., MO.DA.,

O.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9,

presso lo studio dell’avvocato CARLO RIENZI, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GINO GIULIANO;

– ricorrenti –

contro

REPUBBLICA ITALIANA e PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

(OMISSIS), entrambe in persona del Presidente del Consiglio dei

Ministri pro tempore, MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), MINISTERO

DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI (OMISSIS), MINISTERO

DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS), MINISTERO DELL’ISTRUZIONE

DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (OMISSIS), in persona dei

rispettivi Ministri pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 6453/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/10/2017;

avverso la sentenza n. 6453 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata

il 12/10/2017;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 16/01/2020 dal Presidente Relatore Dott. DE STEFANO Franco.

Fatto

CONSIDERATO

che:

G.F., M.E., Mo.Da., O.P., Pa.Cl. G., P.C., p.a., Pr.Li. e V.M. ricorrono, affidandosi ad almeno due articolati motivi, per la cassazione della sentenza n. 6453 del 12/10/2017 con cui la Corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile la loro domanda di revocazione per errore di fatto avverso la precedente sentenza n. 2043 del 30/03/2015, con la quale era stata rigettata la domanda, dispiegata da loro e da altri numerosi medici nei confronti della Repubblica Italiana e della Presidenza del Consiglio dei Ministri (oltre che di alcuni Ministeri, cioè quelli dell’Istruzione Università e Ricerca, della Salute e del Lavoro e Politiche Sociali), per sentirli condannare al pagamento dell’equa retribuzione o al risarcimento del danno da ritardato adeguamento a direttiva comunitaria per i periodi in cui quelli avevano frequentato corsi di specializzazione successivi alla laurea in medicina e chirurgia;

in particolare, la sentenza n. 2043/15, che pure aveva accolto la domanda di altri medici, aveva – tra l’altro – dichiarato inammissibile:

– al p. 3.5, la revocazione di G., Mo., O., Pa., P., p. e Pr.: ritenendo avere quella investito questioni, già risolte nella sentenza revocanda, sull’an del loro diritto, relativo a corsi di specializzazione iniziata prima del 1983; con la specificazione che le loro domande (tranne che per il p.) sarebbero state comunque respinte alla luce dei principi di diritto affermati in altri passaggi della sentenza revocanda;

– al p. 3.6, la revocazione di G., M. e V. e Pa.: ritenendo avere quella investito la questione in diritto, già risolta nella sentenza revocanda, della non spettanza del risarcimento per la frequenza di quei corsi diversi da quelli inseriti in un elenco ivi indicato;

con l’odierno ricorso, pure riferendo di avere impugnato la sentenza n. 2043 del 2015 della Corte d’appello di Roma con ricorso per cassazione, indicato come iscritto al n. 10471/16 r.g., i dottori G., M., Mo., O., Pa., P., p., Pr. e V. in primis ricordano che l’originario ricorso per revocazione (definito con la sentenza oggi gravata) era fondato sull’addotto – e, per la verità, riconosciuta proprio in quanto tale – disallineamento, dovuto a vizio dello strumento informatico impiegato, delle righe degli elenchi tra nominativi dei medici e descrizione delle relative specializzazioni; e formulano due motivi:

– un primo, riferito ai dottori G., Mo., O., Pa., P., p. e Pr.: per un profilo comune a tutti costoro, perchè il riconoscimento del corso effettivamente frequentato, in luogo di quello posto a base dell’originario rigetto nella sentenza del 2015, avrebbe dovuto condurre, nella fase rescissoria, al riconoscimento anche del diritto vantato, poichè nelle more la Corte di Giustizia dell’Unione Europea lo aveva affermato anche in caso di inizio della frequenza dei corsi prima del 1983; per un profilo relativo ai soli p. e Mo., perchè non erano stati considerati anche corsi di specializzazione ulteriori, per i quali la domanda doveva essere accolta;

– un secondo, riferito ai dottori G., M. e V. e Pa.: per i primi due, per la contraddittorietà tra il riconoscimento della frequenza di corsi in Igiene e medicina preventiva e la dichiarata inammissibilità della loro domanda; per il terzo, per contraddittorietà tra riconoscimento di frequenza di altro corso di specializzazione – e comunque fondatezza della domanda anche in caso di inizio dei corsi prima del 1983 – e dichiarata inammissibilità della revocazione; per l’ultimo, per ragioni analoghe e per la spettanza del diritto pure per corsi non inseriti nell’elenco elaborato dalla corte d’appello nella sua sentenza del 2015;

gli intimati notificano controricorso, con cui invocano il rigetto dell’impugnazione;

è formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, con cui si è ipotizzata la manifesta infondatezza del ricorso, sia pure all’esito della correzione della declaratoria di inammissibilità della revocazione, non integrando alcuno dei vizi in sede rescindente denunciati un errore revocatorio, benchè, quanto ad almeno alcuni dei profili di doglianza, previa correzione della motivazione della gravata sentenza su inammissibilità della revocazione per intangibilità, in questa sede, delle conclusioni in punto di diritto – e, quanto al primo dei profili di doglianza, per conseguente non decisività dell’errore revocatorio – oppure in caso di contraddittorietà tra motivazione e dispositivo o di omissioni di pronuncia;

entrambe le parti depositano memoria ai sensi del medesimo art. 380-bis c.p.c., comma 2, u.p.;

ad un esame ancora più attento della controversia, non possono definirsi sussistenti le condizioni per la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 375 c.p.c. per tutti i profili di doglianza, diversificati tra i ricorrenti, nè potendo definirsi separatamente gli uni dagli altri;

va così applicato l’art. 380-bis c.p.c., u.c., come modificato dalla norma sopra richiamata.

P.Q.M.

rimette la causa alla terza sezione civile.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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